Straordinaria notizia, anche oggi. Fidel Castro è vivo. Dopo la morte di García Márquez i soliti maligni dicevano: il Comandante tace, non dice neppure che gli dispiace, vuoi vedere che è morto? Forse è così rincoglionito che non rammenta neppure chi sia stato il suo grande amico colombiano, aggiungevano i più perfidi da Miami. María Gabriela Chávez, figlia di Hugo Chávez riesce a fugare ogni dubbio. “Ho avuto l'onore di trascorrere tre ore con il mio amato Fidel, il più grande Comandante di tutti i tempi. Abbiamo parlato di mio padre e dei bei momenti passati insieme”, dice. Si fa pure fotografare, poi mette tutto su Instagram – ché oggi se non usi Instagram non sei nessuno, come dice sempre Yoani Sánchez mentre gira per L'Avana a caccia di fontane zampillanti – come per dire: tranquilli, il vecchio è vivo, e non ne vuol sapere di tirare il calzino. Cubadebate pubblica tutto, rapido come un grillo, il vecchio con la tuta sportiva, curvo e stanco, ma senza darlo a vedere, così il mondo è sereno, altro che Zunzuneo, abbiamo Fideleo...
Ottantasette anni ma non dimentica gli amici, magari dimentica di andare al bagno e se la fa sotto, ma gli amici no, quelli non li dimentica. Il fratellino Raúl, il nostro Speedy Gonzales, un ragazzino di 82 anni, assicura che Fidel sta bene, Miguel Díaz-Canel, parecchio più giovane e in attesa di ereditare il potere, conferma. E noi siamo tutti tranquilli, qui all'Avana, magari si fa un giro sul Malecón, si guarda il mare (ma non il male, il bene... e se non siete avaneri questa battuta non la capite, fatevela spiegare dal traduttore),(1) magari si organizza la prossima fuga da questa gabbia di matti. E io penso al mio prossimo libro che sta per uscire in Italia, una cosa che parla di lui, di un Fidel ridotto così male che mi vergogno quasi a scrivere quel che scrivo. Si fa già abbastanza male da solo, povero vecchio, e forse non ha detto parola quando è morto García Márquez perché c'aveva un groppo in gola, una specie d'uovo sodo che non riusciva a mandare giù. Era meglio quando c'era Caino,(2) deve aver pensato. Ma pure Caino è morto. Hai seppellito anche lui. Se ci riesci anche con Vargas LLosa hai fatto bingo.
Alejandro Torreguitart Ruiz
L’Avana, 29 aprile 2014
Traduzione di Gordiano Lupi
Note del traduttore:
(1) In spagnolo mare si dice mar, ma gli avaneri pronunciano mal (significato: male). Da qui la battuta: chi guarda il mare guarda verso Miami, quindi non guarda il male, guarda il bene.
(2) Caino (Cain) è il soprannome che si dava Guillermo Cabrera Infante quando scriveva di cinema. Il prossimo libro di Alejandro Torreguitart Ruiz è intitolato Caino contro Fidel. Uno scrittore tra due isole.