L’aspetto più emozionante e più bello de La sedia della felicità di Carlo Mazzacurati, l’ultimo film di questo originale regista che ci ha lasciato solo tre mesi fa, e che ci ha sempre raccontato e descritto piccole e grandi storie, con i suoi personaggi di provincia colme d’ironia e malinconia, è la felicità, la speranza, la gioia di vivere che conducono la storia di questo bellissimo film. Film che commuove, che diverte, che appassiona e che rappresenta una specie di saluto, un commiato gioioso all’arte del cinema da lui tanto amata, al suo pubblico, ai suoi attori ed amici (tutti presenti in questo film) e a quel mondo del quotidiano e normale, che Carlo ha sempre voluto narrare.
Dice il regista presentando l’opera alla stampa:
«L’ispirazione di questo film nasce da un paesaggio umano e fisico che conosco bene, il nordest, che pur avendo una sua identità precisa credo possa raccontare bene anche il resto d’Italia. C’era il desiderio di narrare una storia in tono comico senza però perdere realismo, né verità. Volevo anche che l’umanità di questo racconto emergesse a volte attraverso le forme grottesche a volte in toni più lirici, ma la cosa che più mi stava a cuore era riuscire a tenere insieme il senso di catastrofe, in cui sembra che tutti stiano cadendo, con l’energia e la voglia che nonostante tutto si sente nell’aria».
Nel film del regista padovano viviamo corse, furti per necessità, sgambetti, richieste d’aiuto alquanto bizzarre e molti altri avvenimenti eccentrici che irrompono come fulmini sullo schermo. Il film La sedia della felicità è una commedia davvero scoppiettante, un crescendo di situazioni comiche, rappresentate da grandi attori che certo nel raffigurale e nel viverle con il loro “amico regista” debbono averli molto divertiti. Da Raul Cremona che si disegna i baffi e diviene un prestigiatore accolto nelle convention di gelatai, a Roberto Citran, collezionista, ad Antonio Albanese che fa sé e il gemello, sino a Fabrizio Bentivoglio ed Orlando esperti d’arte. La trama e, soprattutto i dialoghi, sono accorti e raffinati nella loro sagacia e mai banali. Grande prova di stile e di saggezza che Mazzacurati dimostra nella direzione degli attori che rimangono sempre dentro i loro confini di tensione emotiva e gestualità composta.
Si narra di due commercianti, Dino il tatuatore (Valerio Mastroandrea) e Bruna l’estetista (Isabella Ragonese), che lavorano l’uno di fronte all’altra. Entrambi giovani, spiantati e quasi disperati. Un giorno un Tir li fa conoscere ed il gioco è fatto e poche ore dopo iniziano una folle ricerca di uno stock di orripilanti sedie zebrate con lo schienale ad elefante. Bruna, infatti, per arrotondare e racimolare i soldi per il suo nuovo centro estetico, si reca in carcere a far le unghie a una dama dell’alta borghesia (Katia Ricciarelli) finita dietro le sbarre. Quest’ultima sul letto di morte le svela il segreto – “dentro ad una seggiola esiste un tesoro”. La coppia improvvisata, che unisce le forze per il bene comune, si ritrova quindi ben presto tra i piedi padre Weimer (Giuseppe Battiston) che incombe su di loro come una minaccia e la commedia entra nel vivo!
«Avevo da anni in un cassetto una novella regalatami da mia sorella, studiosa di letteratura russa» spiegò Mazzacurati durante l’ultimo “Torino Film Festival” dove nel novembre 2013 avvenne la preview del film. «Le chiesi se era vero che il film di Mel Brook, Il mistero delle 12 sedie, era tratto da questo racconto russo. Lei mi disse di sì, la novella nasceva da una trasmissione radiofonica di due autori sovietici (Liv e Petrov), l’avevano composta per la radio negli anni ’30 e poi l’avevano scritta e pubblicata ottenendo una fortuna talmente dilagante che il racconto divenne popolare tra i bambini quanto Pinocchio da noi».
Nel film La sedia della felicità, dove Carlo Mazzacurati ha riunito, appunto, gran parte dei “suoi” attori d’elezione, un cammeo è riservato a Gian Luca Farinelli, che attore non è bensì il direttore della Cineteca, in cui il regista padovano è stato un molto amato presidente. La scena è girata nel cimitero di Verona, dove finiscono i tre protagonisti del film alla ricerca delle loro sedie. Bruna (Isabella Ragonese) scopre che una tomba visibilmente in abbandono accoglie i resti della sua maestra. Gian Luca Farinelli, chinato, sta sistemando i fiori nella tomba accanto, sulla cui lapide si legge il nome di Italo Farinelli. “Non viene mai nessuno, per quella tomba”, spiega cortesemente Gian Luca a Bruna. “Era la mia maestra. Sa dove potrei comprare dei fiori?”, domanda lei. “Sì” – risponde lui – “proprio lì all’uscita, c’è la Baracchina”.
Al regista scomparso il 22 gennaio, il Lumiére ha dedicato una bella retrospettiva dal titolo “Fantastic Mr.Carlo”. E per l’occasione ha esposto “La sedia della felicità” che lo scenografo Giancarlo Basili ha realizzato per il set, ora nel foyer del cinema. Proprio quella, Kitschissima, con lo schienale scolpito a forma di testa d’elefante e la tappezzeria tigrata, che compare nel film. (***)
Maria Paola Forlani