Parliamo con Mauro Del Barba della legge che ha fatto e tanto ancora farà discutere
Quale che sia il giudizio che si voglia dare sul suo operato, il senatore morbegnese Mauro Del Barba è stato senza dubbio tra i più attivi propulsori e protagonisti del processo che ha portato all'approvazione della cosiddetta “legge Delrio”. Con lui 'l Gazetin cerca di approfondire contenuti e finalità del provvedimento e conoscere le valutazioni politiche che il parlamentare democratico dà dei risultati fin qui ottenuti e delle nuove prospettive che si aprono.
Senatore Del Barba, possiamo dire che dopo questo intenso confronto parlamentare vi siano oggi condizioni più concrete per il superamento delle province?
Infatti, perché in verità le province possono essere eliminate solo con una modifica della costituzione, che richiede tempi lunghi. La legge appena approvata serve a gestire questa fase di transizione in attesa di una riforma organica sul tema delle autonomie locali: il titolo V della Costituzione.
In che modo viene gestita questa transizione?
Innanzitutto vi è stata la volontà di evitare che un ente di cui tutti sbandieravano la soppressione andasse a elezioni a maggio: sarebbe stata una vera presa in giro verso i cittadini, perché così facendo si sarebbe conservato tutto così com’è per altri cinque anni. Per questo motivo è stato scelto di modificare l’attuale sistema di voto per adottare una soluzione di secondo livello: il governo di questi nuovi organismi verrà affidato ai Sindaci e ai consiglieri comunali.
Per i molti avversari della riforma questa nuova modalità di elezione rappresenta un elemento parecchio negativo...
Io sono convinto che un maggior protagonismo dei Sindaci possa invece essere fondamentale in questa delicatissima fase di cambiamento e rilancio delle aree vaste, specialmente per quanto riguarda la collegialità nell’assunzione delle decisioni strategiche in questo periodo di trasformazione. I Sindaci sono eletti direttamente dai cittadini e godono della loro fiducia: il loro coinvolgimento diretto nella gestione della Provincia è il riconoscimento che il vero motore del nostro Paese è stato rappresentato in questi anni dalle amministrazioni locali, le più vicine ai cittadini, alle loro problematiche e alle loro richieste.
Io ho comunque presentato sei emendamenti che richiedevano l’elezione diretta del presidente per le tre province montane (cfr. più avanti, ndr), anche se alla luce della ratio della legge il parlamento ha ribadito l’elezione di secondo livello: difficile ottenere un trattamento differenziato per noi anche in questo.
È da illo tempore che si aspetta l'abolizione delle province e, negli anni, in molti hanno provato a fare questa e altre riforme, che però si sono sempre arenate. Davvero ci saranno i numeri, questa volta, in Parlamento?
Questa legislatura, soprattutto dalla rielezione del presidente Napolitano, ha ricevuto un compito chiaro: fare le riforme. Il Senato, le autonomie locali, la pubblica amministrazione, il lavoro, l’economia reale: saranno tutti passaggi difficili, che verranno affrontati in questi mesi. Questo sulle province era il più scontato, perché voluto da tutte le forze politiche presenti in Parlamento.
In che senso “tutte le forze in Parlamento”? Eppure ci sono state forti opposizioni!
Queste opposizioni non hanno certo riguardato la volontà di sopprimere le province, che era e rimane nei programmi di tutti i partiti, nessuno escluso e che è stata pochi giorni fa confermata all’unanimità quando il Senato ha votato la procedura d’urgenza proprio per la legge costituzionale che ne prevede la soppressione. In quell’occasione il senatore Calderoli ha spiegato come, da Ministro, lui per primo avesse provato a eliminare le province e ha riproposto il proprio disegno di legge che prevede la loro eliminazione in costituzione.
Paradossalmente la maggior parte delle opposizioni in Parlamento insistevano sul fatto che la riforma Delrio non fosse abbastanza “rivoluzionaria”, in quanto non sopprime del tutto le province; aspetto vero del resto, ma non dobbiamo dimenticarci che l’obiettivo di questa legge è quello di gestire la transizione in attesa della riforma costituzionale.
Alcune battaglie locali sono comprensibili solo in base al mero calcolo elettorale per ottenere qualche punto in più alle prossime europee oppure al solito tentativo, un po’ meschino per la verità, di solleticare le paure degli elettori, per lucrare un titolo sui giornali e un po’ di popolarità: solo così si può capire la schizofrenia di chi a Roma ha avuto una parola e qua un’altra di segno opposto oppure ha preso di mira le istituzioni pur rappresentandole a sua volta. Ho ascoltato anche ragioni contrarie assolutamente condivisibili, ogni cambiamento contiene delle incognite ed è giusto e doveroso dibatterne sempre.
Quindi il destino delle province è segnato?
Sì, per lo meno nella forma in cui le abbiamo fin qua conosciute. Ma per quanto riguarda il nostro territorio, c’è una grande conquista che non esiterei a definire storica.
Si riferisce alla specificità montana?
Certamente: è proprio nelle fasi di cambiamento che occorre avere l’audacia di analizzare tutte le opportunità e cogliere le occasioni che si presentano. In questo caso, coi parlamentari PD di Belluno e di Verbano-Cusio-Ossola, abbiamo condiviso con certezza che fosse il momento giusto per chiedere allo Stato un esplicito riconoscimento per le zone alpine di confine, gettando così le basi per una futura forma di autogoverno che ci assegni una maggiore autonomia. Di fatto è proprio nel momento in cui lo Stato rivede la forma delle autonomie locali che si possono riaprire questioni storiche, fin qua rivelatesi impossibili da ridiscutere, e rimettere al centro lo sviluppo delle zone di montagna confinanti con Stati esteri e Regioni a Statuto speciale, penalizzate da un organizzazione regionale che ha sempre privilegiato le città di pianura.
In cosa consiste nel concreto questa specificità montana?
La legge riconosce alle tre province di Sondrio, Belluno e Verbano-Cusio-Ossola maggiori e importanti funzioni rispetto a tutte le altre che al contrario vengono “svuotate”, ma soprattutto obbliga le Regioni a concedere “particolari forme di autonomia” secondo l’articolo 117 della Costituzione, ovvero in tutte le materie di propria competenza.
In termini pratici, cosa potrebbero fare i nostri Sindaci al governo della Provincia e il nuovo Presidente?
Partiamo dal presupposto che questo principio ci assegna un protagonismo che non abbiamo mai avuto e le basi per farci valere davvero, a tutti i livelli. C’è dunque uno spazio del tutto inedito: i nostri Sindaci potranno aprire degli spazi per mantenere, o anche rafforzare, tutte le funzioni attualmente delegate dalla Regione alla Provincia di Sondrio; potranno anche iniziare un confronto per ottenere importanti deleghe che fin qua il nostro territorio non ha mai ricevuto. Saranno i Sindaci e le forze politiche, economiche e sociali a livello locale a scegliere quali deleghe siano utili per far vivere questa specificità montana. In questo processo avremo sicuri alleati nei territori del bellunese e di Verbano-Cusio-Ossola.
Quali saranno i benefici che queste riforme apporteranno ai cittadini e alle imprese?
Imprese e cittadini sentono la politica e le istituzioni come troppo lontane: purtroppo si potrebbero portare numerosi esempi per dimostrare che hanno ragione. Semplificare e ammodernare le istituzioni, modellandole su nuovi paradigmi più vicini ai cittadini, ci porterà a rendere più efficiente la pubblica amministrazione, senza più sovrapposizioni di competenze e inutili rimpalli burocratici.
A partire dallo Stato centrale, col superamento del bicameralismo paritario, e più in generale con lo sfoltimento di tempi e sovrastrutture intermedie che non ci possiamo più permettere per il loro costo e per il rallentamento che comportano dell’economia reale, è in cantiere un grande progetto di riforme vere: questa è la rivoluzione che serve all’Italia. La cura del Parlamento, mai così giovane e rinnovato, è quella di tutelare e rafforzare anche i territori come il nostro: mi ha per questo fatto veramente piacere che si sia colta questa necessità approvando il passaggio sulla specificità montana nella legge Delrio.
Adesso, concretamente, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi per quanto riguarda il nostro ambito provinciale?
La legge disciplina tempi e modi di questo delicato passaggio: tuttavia alcuni aspetti – come la proroga delle attuali giunte e presidenti – sono stati il frutto di trattative politiche dell’ultima ora e probabilmente andranno seguiti passo passo dal Governo nella loro concreta attuazione. In ogni caso entro la fine dell’anno avremo certamente un nuovo Presidente e un nuovo Consiglio provinciale, che porteranno avanti le trattative con la Regione.
Quale potrebbe essere il nuovo assetto della nostra Provincia? È ipotizzabile richiedere un’autonomia speciale, come per Trento e Bolzano?
Credo che la strada debba essere quella di ottenere noi una maggiore autonomia, e non invece, come molti chiedono, ridurre questi territori a province ordinarie. Nel nuovo equilibrio che si disegnerà tra Stato e Regioni, a cui inevitabilmente bisognerà mettere mano visti i costi e le inefficienze generate dall’attuale assetto, è nostro preciso interesse svincolarci da ogni forma di centralismo: senza cadere nella tentazione di avanzare richieste anacronistiche e velleitarie, dobbiamo mostrarci in grado di guadagnarci da soli quegli spazi di autonomia per la gestione economica e sociale dei nostri territori.
All’appuntamento con la riforma del Titolo V noi dovremo arrivare dopo aver già marcato l’utilità di un governo a se stante per le zone di montagna, fin qua troppo spesso trascurate, quando non completamente ignorate. Nessuno ci regala niente: è un’opportunità da cogliere. Finalmente abbiamo delle buone carte in mano, ora tocca a noi giocarle bene. Ho dunque molta fiducia nella consapevolezza e nelle capacità di chi oggi si candida a Sindaco: questa è la svolta buona.
(da 'l Gazetin, aprile 2014
» ABBONAMENTO € 15,00)