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C’è bisogno di un nuovo Illuminismo
16 Ottobre 2006
 

 

Dunque neppure il Papa ha più libertà di espressione. Non solo Salman Rushdie, non solo Theo Van Gogh, non solo i vignettisti danesi. Nuvole nere sui cieli del mondo. E viene voglia di gridare: “Intellettuali di tutto il mondo, unitevi”! Perché non si estenda l’ombra lunga dell’intimidazione e del ricatto (oltre che della violenza) nei confronti di chi ha la sola colpa di pensare con la propria testa. Ci sono voluti secoli prima che gli uomini aprissero le finestre della libertà di pensiero sopra un mondo dominato dall’oscurantismo religioso e dal dogmatismo settario. Milioni di uomini e di donne, in ogni angolo della terra, ebbero a soffrire l’oppressione di un potere assoluto che, appoggiandosi a una religione costruita e interpretata a suo uso e consumo, si arrogava non solo la direzione dei governi ma anche quella delle coscienze. Tutti sappiamo che cosa derivò da tale stato di cose. Secoli di crudeli processi e di altrettanto crudeli condanne si rovesciarono contro tanta povera gente. Per chi non si allineava si apriva una strada di sofferenze senza fine. Tornano alla mente storie di popoli, vicini e lontani, oppressi (a volte annientati) senza alcuna pietà. Gli ebrei, gli albigesi, i valdesi, gli schiavi africani, gli indiani del nord America, gli indios dell’America centrale e meridionale, gli aborigeni dell’Australia. La stessa chiesa cattolica, dimentica del martirio delle catacombe e rinnegando se stessa, si fece spesso complice degli oppressori o addirittura carnefice impietosa di tanti innocenti. Tornano alla mente figure emblematiche della lotta per libertà di pensiero: Giordano Bruno, Galileo Galilei, Pietro Giannone… L’Index librorum proibitorum, non dimentichiamolo, è stato abolito in tempi relativamente recenti. L’Inquisizione religiosa si è accanita per secoli contro povere donne (e uomini) spesso colpevoli soltanto di non possedere il pieno controllo delle loro facoltà mentali.

Va da sé che da tutto questo discendevano un’arte, una scienza, una filosofia, estremamente attente a non uscire dal tracciato del pensiero unico calato dall’alto. Soltanto poche menti illuminate o grandi artisti di cuore libero trovavano modo, in determinate circostanze, di ritagliarsi uno spazio di libertà tra quelle strettoie. La cultura umanistica e l’arte rinascimentale suonarono la carica del rinnovamento. Ma i muri del pregiudizio resistevano saldi, opponendosi al nuovo che avanzava. Ci sono voluti secoli per liberarci dalle tenebre. L’Illuminismo europeo, da Parigi a Milano a Napoli ecc., mostrò ai popoli la possibilità di un mondo nuovo, fondato sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla fraternità. Il potere religioso fu costretto a rinunciare, sia pure lentamente e a malincuore, al potere politico. Cambiò il ruolo della donna. Le libertà personali furono dichiarate irrinunciabili diritti. Fu abolita la schiavitù. La stessa cosa avvenne per l’Inquisizione, ufficialmente abolita però soltanto sul finire del secolo decimonono. Un nuovo mondo stava nascendo. Un mondo che doveva tuttavia conoscere gli orrori di due guerre mondiali, due scossoni apocalittici che sono forse serviti a far capire all’umanità il valore assoluto della libertà, della democrazia e della pace.

Ebbene, dopo tante sofferenze, quando sembrava che gli uomini avessero capito la lezione, l’umanità si trova nuovamente a fare i conti con le tenebre dell’oscurantismo. Tutti vediamo quello che succede. L’estremismo islamico, sostenuto da un fanatismo politico-religioso per noi inspiegabile, minaccia la libertà di pensiero e mette a repentaglio la pacifica convivenza tra gli uomini. L’elenco delle azioni criminose si fa sempre più lungo. Le statue dei Budda dell’Afghanistan, dichiarate patrimonio dell’umanità per valore storico e artistico, distrutte dai fanatici talebani, un regista olandese ucciso, uno scrittore condannato a morte, violenze planetarie per alcune vignette ritenute blasfeme, il Papa costretto a giustificarsi, a spiegare, a chiarire, a rettificare un discorso assolutamente legittimo e rispettoso, ecc.. Sono soltanto, ahimè, alcuni esempi. Migliaia e migliaia di altri episodi, alcuni del tutto assurdi, hanno mostrato al mondo il volto di un’intolleranza che pensavamo relegata negli angoli più bui del passato. Ripeto: gli esempi si sprecano. Il Profeta e il Corano si pongono al di sopra delle leggi statali e del diritto internazionale. Le donne devono sottostare ai dettami della tradizione. I matrimoni e i legami familiari sono determinati al di fuori e al di sopra della volontà dei protagonisti. E c’è per di più la volontà di imporre queste regole sociali in tutti i luoghi del mondo nei quali i mussulmani si trovano a vivere. Insomma, tessere il filo del dialogo in una simile situazione, non è affatto facile.

E allora? Allora dobbiamo parlare chiaro. Non possiamo accettare a nessun livello che la libertà tanto faticosamente conquistata sia limitata o messa in pericolo da chi non intende ragioni. Non si tratta di discutere di presepi o crocefissi nelle scuole e nei locali pubblici, perché tale discussione, fatta sotto il ricatto di chi vuole imporre con la violenza le sue idee, non ha alcun senso. Non si discute sotto ricatto. In Germania si è giunti al punto di non rappresentare l’Idomeneo di Mozart perché prevede alcune scene che potrebbero (ancora una volta!) scatenare la rabbia degli estremisti islamici. E pensare che si tratta di un’opera rappresentata da due secoli in ogni parte del mondo! Ma dove stiamo andando? Forse che l’Inquisizione, cacciata dalla porta, sta rientrando dalla finestra?

C’è bisogno di un nuovo Illuminismo che estenda nel mondo quelle idee di libertà e di rinnovamento tanto care a Voltaire e a Pietro Verri, a Cesare Beccaria e a Gaetano Filangieri, a Diderot e a Pietro Giannone. Un Illuminismo del terzo millennio che diffonda tra gli uomini spirito di tolleranza e di comprensione, liberandoli una volta per tutte dalle catene dell’ignoranza e dell’odio. Certo, non è facile. Ma dobbiamo impegnarci con determinazione. Non si tratta di avere torto o ragione o di dichiarare il primato della propria civiltà e l’inferiorità di quella altrui. Si tratta di costruire una società davvero aperta, tollerante, moderna, totalmente libera.

E la libertà di pensiero è la base dalla quale partire per dare a tutti la possibilità di crescere e di sviluppare pienamente se stessi. Mi piace chiudere con ciò che scriveva al riguardo il grande filosofo ed economista inglese John Stuart Mill (1806-1873) nel suo trattato La libertà: «Impedire l’espressione di un’opinione è un crimine particolare, perché significa derubare la razza umana, i posteri altrettanto che i vivi, coloro che dall’opinione dissentono ancor più di chi la condivide…»

 

Gino Songini

(da 'l Gazetin, ottobre 2006)


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