Un altoforno che si spegne insieme alle speranze. Un altoforno che ha segnato la nostra storia. Una storia fatta di lacrime e sudore, di antenati scesi dalle montagne o sbarcati da una nave per seguire una speranza di lavoro. Una storia fatta di padri che pranzavano spalle rivolte all'altoforno per non vederlo, ma non potevano fare a meno di sentirne il rumore, mentre assaporavano l'odore acro della polvere di carbone. Una storia fatta di speranze e di parole, racconti di nonni che dispensavano sogni, narrando di famiglie allevate all'ombra del gigante d'acciaio. Un altoforno che si spegne e potrebbe non riaccendersi, segnando definitivamente la nostra storia. E i politici che parlano, vicini e lontani, chi usa il dolore degli operai per fare propaganda, chi lotta e s'infuria perché non ha risposte, chi afferma che non è un suo problema, chi propone passeggiate sulla spiaggia al posto di un altoforno. Altri invocano parole di persone che potrebbero alzare il livello d'attenzione su questa periferia toscana, confidano in un intervento del Papa, invocano il Dio televisione che tutto può, i personaggi di spicco a Mediaset, i registi, i cantanti. Avranno ragione anche loro, mi dico, ma pure questo è un segno dei tempi che cambiano e non entusiasmano. Ognuno ha la sua ricetta, molti a fin di bene, altri meno, perché parlano senza il minimo senso di responsabilità, senza capire, dando in pasto a social-network e giornali parole pesanti come macigni.
Osservo l'eutanasia di un altoforno che ha segnato la nostra storia, con un senso d'impotenza, preoccupato per il futuro, immerso nell'odore acre del salmastro frammisto alla polvere di carbone. L'odore di Piombino. L'odore della nostra terra. Non è un romanzo scritto male, neppure un film da dimenticare, purtroppo è il nostro destino, che vorremmo cambiare. Per non spegnere, insieme a un altoforno, anche il nostro futuro.
Gordiano Lupi