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Francesco Racchetti. Situazione e prospettive al Carcere di Sondrio 
Relazione del Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà personale ai sensi dell’art. 8 del regolamento
18 Aprile 2014
 

Ritenendolo utile servizio di informazione, pubblichiamo il testo integrale del documento, presentato e illustrato da Francesco Racchetti (foto) al Consiglio comunale di Sondrio il 28 marzo 2014

 

 

1. Il contesto nazionale

Il momento che si sta vivendo, in relazione alla condizione carceraria, sembra essere di radicale trasformazione. L'impulso impresso dalla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani con la sentenza “Torreggiani”, che ha dato altresì al nostro Paese un anno di tempo (scadrà il 28 maggio) per attuare interventi capaci di modificare una situazione “strutturale” tale da determinare “trattamenti inumani e degradanti” che la Corte ha equiparato a tortura ravvisandovi violazione sistematica dell'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, ha prodotto interventi normativi che stanno cominciando a modificare la quotidianità ed il clima dei nostri istituti penitenziari, in particolare quelli a “media sicurezza” che sono la maggioranza.

Alcuni recenti provvedimenti legislativi: decreto-legge n. 78 del 2013, convertito nella legge n. 94 del 2013 e decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 146 convertito nella legge n. 10/2014 hanno sortito un certo effetto deflattivo. I detenuti presenti al 28 febbraio di quest'anno risultano essere 60.828 a fronte dei 65.906 di un anno prima, con una diminuzione di 5.078 unità.1 Questa sembra essere in gran parte dovuta all'aumento della detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata (art. 54 Ordinamento Penitenziario), che viene innalzata da 45 a 75 giorni per ogni semestre,2 con effetto retroattivo a partire dal 1° gennaio 2010.

Altri interventi sono in corso e allo studio, a partire dalla revisione della legislazione sulle droghe, imposta dalla recente sentenza della Consulta che ha dichiarato l'incostituzionalità della cosiddetta Fini–Giovanardi, nonché a varie prese di posizione che si stanno moltiplicando da parte dei tribunali di Sorveglianza in relazione alla tutela dei diritti dei detenuti ed in particolare allo spazio disponibile (che non può essere inferiore a 3mq) ed al tempo di permanenza nelle celle.

Oltre a ciò, un'autonoma e forte azione propulsiva è stata impressa direttamente dal Ministero della Giustizia, che ha istituito un'apposita Commissione presieduta da Mauro Palma.3 La Relazione prodotta in data 25 novembre 2013 traccia un insieme assai articolato di linee da attuarsi alcune a breve, altre a medio termine e, nel complesso, capaci di ridisegnare – come richiesto dalla Europea dei Diritti Umani la fisionomia delle nostre prigioni e, soprattutto, di riportare l'esecuzione della pena nell'alveo della legalità, rendendola rispondente al dettato costituzionale ed alle norme dell'Ordinamento Penitenziario.4

Da parte sua il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), sia a livello centrale sia nelle sue articolazioni territoriali (Provveditorati Regionali) si è energicamente attivato per dar corso effettivo e concreta attuazione a quanto già disposto negli anni scorsi con apposite ed importanti circolari che erano tuttavia fino ad ora rimaste pressoché inapplicate. Ci si riferisce, in particolare, alla Circolare 28 maggio 2012: Realizzazione circuito regionale ex art. 155 d.p.r. 30 giugno 2000 n. 230: linee programmatiche, che invita le Direzioni dei singoli Istituti ed in particolare quelli a media sicurezza ad attuare misure che realizzino un differente modello organizzativo basato sul cosiddetto regime delle “celle aperte”, in cui “progressivamente andranno ad essere aumentati e ampliati gli spazi utilizzabili dai detenuti e il tempo di permanenza, garantiti i diritti fondamentali, incentivate le iniziative trattamentali e i rapporti con la comunità esterna”.

Indicazioni ribadite e rafforzate dalla successiva Circolare 29 gennaio 2013che sottolinea come “le ricorrenti pronunce della Corte di Strasburgo di condanna dell’Italia per trattamento inumano e/o degradante”rendano ineludibile il “potenziamento delle attività trattamentali da realizzarsi anche attraverso la ricerca di ogni forma di collaborazione con le altre istituzioni dello Stato, con gli enti locali, con la società esterna in tutte le sue costruttive iniziative.”

 

2. Un nuovo modello di regime detentivo

Come si evince in particolare da quest'ultima circolare, la trasformazione in corso – che si potrebbe ben definire rivoluzionaria se non tendesse “semplicemente” all'attuazione delle leggi vigenti – implica un multiforme processo di apertura. All'interno apertura delle celle per almeno otto ore al giorno (contro le due/quattro del sistema precedente) e nei confronti della società esterna, chiamata ad intervenire direttamente con apporto di idee, stimoli, risorse, persone.

Non si tratta di innovazioni da poco: prassi, abitudini, mentalità fortemente radicate e consolidate vengono drasticamente e repentinamente sovvertite. Attraversiamo una fase delicata, che va affrontata con consapevolezza ed equilibrio, uniti a capacità progettuale. Si richiede, in particolare, un affinamento delle capacità di relazione e di comunicazione: occorre coinvolgere maggiormente ed in maniera più propositiva il personale di polizia penitenziaria e tutti gli operatori del carcere, ai quali si chiede un profondo cambiamento nei comportamenti e, prima ancora, nella cultura. A tal fine ci si propone di richiedere al più presto ed in maniera formale5 un momento di incontro e di colloquio con gli agenti. Lo si vorrebbe condurre congiuntamente con l'avvocato Lorena Mentasti, Vice Presidente e responsabile per il carcere delle Camere Penali e con la Presidente del Centro Servizi Volontariato Lavops, allo scopo di presentare i progetti in corso, ascoltare i pareri ed i suggerimenti di coloro che nel carcere vivono e lavorano, raccoglierne richieste e rivendicazioni. Ciò appare tanto più necessario in quanto, come verrà illustrato nel punto successivo, si sta operando per attuare, presso la Casa Circondariale di Sondrio, una rilevante serie di innovazioni atte a trasformarne drasticamente la fisionomia, introdurre nuovi contenuti, modificare ritmi e relazioni della vita quotidiana. È chiaro che tutto ciò potrà venire realizzato solo con il convinto accordo e l'effettiva partecipazione di tutte la persone a vario titolo coinvolte.

 

3. Il quadro della realtà locale

 

3.1. Dati statistici

Rispetto ad un anno fa, il numero delle presenze appare dimezzato: il 10 marzo erano infatti 24, contro i 47 del 18 febbraio 2013.6 Per la prima volta da tempo immemorabile siamo al di sotto della capienza regolamentare di 27 posti. Questo consente, tra l'altro, di effettuare lavori di manutenzione e di adeguamento di alcune celle, che vengono svolti dagli stessi detenuti con materiali in parte forniti dalle Organizzazioni di volontariato.

Di questi 24, solo 2 risultano in attesa di primo giudizio, 17 scontano una condanna definitiva, 1 è in attesa di appello, 1 ha presentato ricorso in Cassazione e 3 sono in situazione mista (scontano una condanna definitiva, ma hanno anche altre pendenze). Ciò configura una situazione relativamente stabile, in conseguenza della quale si possono progettare interventi formativi e studiare percorsi di reinserimento basandosi su tempi certi.

Gli stranieri sono 7. L'età media è sotto i 40 anni. Consistente è la percentuale di tossicodipendenti ed alcooldipendenti. Altissima, in generale, è la percentuale delle persone che già al momento della carcerazione appartenevano ad aree di forte disagio.

Emerge con forza, da parte dei reclusi, la richiesta di un potenziamento delle attività lavorative e di corsi di formazione professionale. In effetti le possibilità di lavoro all’interno dell’Istituto appaiono, al momento, piuttosto limitate: cucina, pulizia delle aree comuni e degli uffici, distribuzione del vitto, mof (manutenzione ordinaria del fabbricato), imbianchino-magazziniere, “spesino”. La funzione di bibliotecario viene svolta a titolo di volontariato. Assai poco per soddisfare le esigenze di un minimo di guadagno (che per molti sarebbe indispensabile) ma anche per colmare le lunghe ore di ozio forzato con un’attività utile e fornita di senso.

Occorre anche considerare che, per la stragrande maggioranza dei detenuti, le prospettive di reinserimento una volta scontata la pena appaiono assai incerte. È assai forte il timore – per altro fondato – dell’esclusione e dell’emarginazione che potrebbero facilmente portare alla recidiva instaurando un drammatico circolo vizioso.

È opportuno, a questo proposito, ricordare che il tasso di recidiva, che supera il 78% per i detenuti che scontano l’intera condanna (“fino all’ultimo giorno”) in carcere, scende sotto il 19% per quelli che fruiscono di pene alternative che, occorre sottolineare, non sono “la libertà” ma, appunto “pene”. Solo che svolgono la funzione di accompagnare e guidare il detenuto verso il reinserimento, che altrimenti risulta, per la grande maggioranza, presso che impossibile. Risultano poi inferiori al 5% quando in tale percorso venga realizzato un inserimento lavorativo. Come si è avuto modo di dire in occasione del recente Congresso di un'Organizzazione Sindacale, nel caso dei detenuti e degli ex-detenuti risulta particolarmente vera l'affermazione che "è il lavoro che decide il futuro", del singolo come della società nel suo complesso.

 

3.2. Progetti e interventi strutturali

In questa prospettiva ed inserendosi nel nuovo contesto nazionale e regionale, ci si è mossi seguendo e potenziando le linee tracciate nelle precedenti Relazioni, ed in particolare in quella dello scorso anno in cui si evidenziava la necessità di “elaborare un progetto complessivo capace di coinvolgere e sostenersi su una rete articolata di soggetti, rivolto a realizzare percorsi strutturati ed organici di inclusione socio-lavorativa delle persone detenute ed ex-detenute”.7

Partendo da un assai fecondo e propositivo incontro che si è tenuto lo scorso giugno presso il Provveditorato Regionale, nel corso del quale il Provveditore ha raccolto il nostro invito ad effettuare una visita alla Casa Circondariale di Sondrio (che si è poi effettuata il successivo mese di ottobre), si è studiato ed avviato un percorso che, prendendo le mosse da alcuni concreti interventi di riqualificazione degli spazi, si intende sviluppare con un arricchimento delle proposte formative (soprattutto con valenza professionalizzante) ed affiancare ad opportune iniziative all’esterno, in modo da fornire l’avvio per un progressivamente più ampio ricorso alle misure alternative, atto a creare, per quei detenuti che dimostrino di averne maturate le condizioni, reali possibilità di reinserimento sociale e lavorativo.

Si tratta di un progetto articolato ed ambizioso, di cui si sono però già compiuti i primi significativi passi. Innanzi tutto si è costituito un tavolo, su invito del Presidente dell'Amministrazione Provinciale e poi coordinato dal Vicepresidente ed Assessore alle Politiche Sociali Costantino Tornadù, che ha visto la partecipazione dell'Assessore ai Lavori Pubblici ed alle Pari Opportunità Silvana Snider, dell'Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Sondrio Loredana Porra, del Presidente dell'Unione Artigiani Gionni Gritti, di Manuela Giambelli in rappresentanza dell'Unione del Commercio, del Centro Servizio Volontariato Lavops, della Cooperativa Sociale Ippogrifo e del Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà. Qui si sono discusse linee e proposte operative giungendo, in occasione della visita del Provveditore, ad un confronto con i vertici regionali e locali dell'Amministrazione penitenziaria, con i quali è stato innanzi tutto concordato un intervento di manutenzione straordinaria del complesso edilizio della Casa Circondariale di Sondrio, volto e riqualificarne ed adeguarne gli spazi in modo da ricavare tre nuove aule/laboratori da destinare ad attività formative e produttive. Come più volte sottolineato in passato, fino ad ora la Casa Circondariale offre spazi comuni assai limitati: una palestra attrezzata, il locale biblioteca che viene utilizzato per tutte le attività, un laboratorio di informatica con 4 computer ed un angusto cortile. Ciò condiziona lo svolgimento di momenti di socialità e limita fortemente la possibilità di iniziative educative.

La ristrettezza degli spazi era quindi stata individuata come il principale ostacolo alla realizzazione di attività formative, professionalizzanti e lavorative. Grazie alla fattiva collaborazione del personale, del Direttore e dei responsabili delle varie aree dell'Istituto: Sicurezza, Educativa e, in modo particolare, Amministrativa, si è riusciti ad identificare significative e concrete possibilità di intervento e riqualificazione di spazi, suscettibili di una più efficace utilizzazione. Ciò ha consentito al personale dell'Ufficio Tecnico della Provincia di effettuare un sopralluogo, a seguito del quale è stato elaborato il Progetto di prossima esecuzione. Esso prevede un triplice intervento:

a. una parte dell'attuale locale di 175 mq a palestra verrà trasformata in laboratorio di informatica, il che consentirà di aumentarne notevolmente la dotazione strumentale (al momento condizionata dalle ridotte dimensioni del locale);

b. un'autorimessa/magazzino dalla superficie di 57 mq verrà completamente ristrutturata ricavandone due aule/laboratori per piccoli lavori artigianali;

c. il cortile interno di 110 mq che consente le uscite all'aria dei detenuti avrà una parziale copertura di 2 m di profondità, in modo da renderlo fruibile anche nei giorni di mal tempo, attuando così quanto prescritto dal Regolamento di esecuzione.8

Tale intervento, che verrà realizzato in tempi il più possibile brevi, è stato presentato in un incontro al Provveditore, che l'ha acquisito ed approvato. Il costo complessivo è stato preventivato in 80.000 euro. Di questi 30.000 verranno stanziati dall'Amministrazione Provinciale ed i restanti 50.000 dal PRAP9 della Lombardia.

È in via di formalizzazione un apposito Protocollo d'intesa (di cui è già stata definita una bozza presso che conclusiva) tra Provveditorato (in quanto rappresentante del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria), Provincia di Sondrio e Direzione della Casa Circondariale, che stabilisce ruoli e competenze.

In esso viene sottolineato che “la Provincia di Sondrio ritiene necessario condividere e sostenere ogni intervento del PRAP della Lombardia utile a favorire l’occupazione, la formazione e il trattamento finalizzato all’inclusione sociale dei detenuti, anche attraverso il sostegno economico, la messa a disposizione delle proprie strutture tecniche e l’avvio di apposite azioni di sensibilizzazione delle istituzioni pubbliche e della società civile presenti sul territorio”. dichiara inoltre che “le Parti ritengono strategica l’azione congiunta delle due Amministrazioni finalizzata ai seguenti obiettivi:

a – individuazione delle possibili e più efficaci attività di rieducazione dei detenuti finalizzate all’inclusione sociale;

b – individuazione e rimozione delle criticità strutturali della C.C. di Sondrio che al momento impediscono l’esecuzione delle suddette attività”.

 

3.3. Prospettive e linee di sviluppo

La prossima realizzazione di questi nuovi spazi, unita alla nuova organizzazione della giornata dei detenuti conseguente al regime di “celle aperte” (dalle 9 del mattino alle 19.30) avviatosi da alcune settimane, consentirà di dare concreta effettuazione ad un percorso di formazione orientato al reinserimento ed all'inclusione socio-lavorativa delle persone recluse, opportunamente scandito secondo precisi passi.

1. Attivare, nel periodo della detenzione, azioni di formazione all’interno del carcere, che siano in grado di avvicinare il detenuto al mondo del lavoro e che gli consentano di acquisire competenze ed abilità spendibili nella fase successiva alla scarcerazione.

2. Creare, all’interno del carcere, possibilità occupazionali, che consentano ai detenuti di dare un senso al tempo della pena, sviluppare autonomia e responsabilità, contribuire al mantenimento proprio e dei propri familiari, cominciare a progettare positivamente e concretamente il proprio reinserimento ed il proprio futuro.

3. Progettare – anche avvalendosi delle misure alternative – percorsi di giustizia riparativa, mediante attività di volontariato e lavori socialmente utili.

4. Accompagnare l’ex-detenuto all’inserimento lavorativo, usando eventualmente gli strumenti del tirocinio e del tutoraggio.

5. Fornire accoglienza in idonee strutture abitative alle persone sprovviste di dimora adeguata, anche al fine di consentire la fruizione delle misure alternative alla detenzione.

Per operare secondo queste linee, occorre procedere in due direzioni simmetriche e complementari. Innanzi tutto è necessario proseguire ed approfondire il confronto con i soggetti che già si sono impegnati ed hanno, con la loro collaborazione, reso possibile l'avvio del processo: Provincia, Comune, Amministrazione Penitenziaria, Associazioni di categoria, Cooperative sociali ed Organizzazioni di volontariato, estendendo però e rafforzando la rete con l'inclusione di altri attori che possono portare un ulteriore prezioso contributo di idee e di risorse: Coldiretti, Organizzazioni sindacali, Fondazioni, Cooperative agricole, Caritas ecc.

Si tratta infatti, ora, di stabilire concretamente quali attività, con valenza formativa e possibilmente anche produttiva (e quindi capace di generare profitto) avviare negli spazi che verranno a breve realizzati e, magari, anche sfruttare ulteriori possibilità, come quelle che si potrebbero creare potenziando ed adeguando l'attrezzatura della cucina, ora che con il nuovo regime il tempo di utilizzazione può essere maggiore. È stato infatti proposto, sia da detenuti sia da agenti, di realizzare una produzione di confetture con prodotti locali che poterebbero venire opportunamente commercializzate, il che determinerebbe anche un ritorno di immagine ed avrebbe effetto di sensibilizzazione della comunità esterna.

In vista della possibilità ed opportunità di formare alcuni detenuti in modo che acquisiscano competenze atte alla manutenzione della struttura: muratore, idraulico, elettricistac, come per altro espressamente suggerito dal Protocollo d'intesa con il PRAP (Art. 2: “anche mediante attività di formazione e l'impiego di manodopera formata in loco e appartenente alla popolazione detenuta”)appare estremamente opportuno ricorrere all'esperienza, oltre che degli artigiani, dei docenti del Centro di Formazione Professionale.

La rieducazione, il recupero ed il reinserimento (o, in alcuni casi, l'inserimento) socio-lavorativo richiedono però il coinvolgimento e la disponibilità dell'ambiente esterno, della cittadinanza, della società nel suo complesso. È qui, forse, la vera radice della così detta “emergenza carceraria”: la separatezza, la rimozione, il delegare ad un'istituzione specializzata un problema complesso e multiforme che afferisce invece all'intera organizzazione sociale. Occorre pertanto un intenso e sistematico lavoro di informazione, comunicazione e sensibilizzazione, che il Garante da parte sua si è impegnato e si impegna a svolgere con incontri pubblici e percorsi, anche articolati, nelle scuole,10 ma che richiede ora una più vasta convergenza di forze.

Un momento significativo si è avuto lo scorso anno tra marzo e giugno con il percorso di formazione per volontari articolato in otto incontri con relatori qualificati come il dott. Pasquale Nobile De Santis, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha visto l'attiva partecipazione di 34 persone, molte delle quali rappresentanti di Organizzazioni ora disponibili e desiderose di dare il proprio contributo per affrontare i problemi dei detenuti e degli ex-detenuti.

Ciò che occorre, infatti, è accompagnare il detenuto verso la libertà. È questo il fine e l'obiettivo della pena. Il percorso che inizia in carcere va sviluppato, gradualmente, all'esterno. La persona detenuta, in genere estremamente fragile, va guidata ed aiutata affinché rafforzi il proprio senso di responsabilità, acquisisca capacità di autodisciplina e divenga in grado di progettare positivamente il proprio futuro. A questo servono le misure alternative ed i permessi contemplati dall'Ordinamento Penitenziario. In particolare assume grande importanza la possibilità, prevista dall'art. 21, del lavoro all'esterno, che la legge n. 94 del 2013 opportunamente estende alle attività di volontariato.11

A questo riguardo può essere qui opportuno riportare la richiesta, più volte avanzata dal Provveditore Fabozzi, di reperire all'esterno della struttura penitenziaria un alloggio per gli agenti (in numero di 6/7) attualmente accasermati all'interno della Casa Circondariale. Ciò avrebbe il doppio vantaggio di rendere disponibili ulteriori spazi – che potrebbero, per esempio, proprio venire adibiti ad ospitare i detenuti con permesso di lavoro esterno in applicazione dell'articolo 21 – e di consentire al personale della polizia penitenziaria – ed in particolare ai più giovani e privi di relazioni familiari nella nostra città – di integrarsi più strettamente nel contesto sociale, favorendo così una migliore integrazione tra carcere e territorio, creando altresì un presidio atto ad aumentarne la sicurezza.

 

4. Attività quotidiana del Garante

Nella sua attività quotidiana, il Garante ha proseguito “intramoenia” i colloqui con i detenuti, a norma dell'art.18 O.P. ed “extramoenia” con familiari ed ex-detenuti. Assai vari sono i problemi che gli vengono sottoposti. Un compito fondamentale è quello di fare da tramite con l'esterno. Alla persona ristretta in carcere risulta infatti estremamente difficile, se non impossibile, svolgere anche le più semplici delle incombenze quotidiane, dal pagamento dell'affitto, alla riscossione della pensione, all'esecuzione di pratiche di patronato. Al Garante viene quindi richiesto di assumere il ruolo di intermediario che dialoga con i più diversi uffici. Spesso interviene anche nel facilitare i rapporti con i servizi (Ser.T, Uffici di piano) e con le Comunità di recupero: non sempre, infatti, i detenuti hanno la residenza sul nostro territorio; spesso anzi i servizi di riferimento sono distanti e la relazione non è agevole. Analogamente vi può essere un problema di comunicazione con l'avvocato ed a volte persino con i familiari.

Anche per questo è, dunque, indispensabile creare reti di relazioni agili ed efficienti. Molto ci si avvale del contributo di enti ed organizzazioni. Prezioso, in riferimento ai problemi spesso complessi e non di rado drammatici degli stranieri, è l'appoggio di Anolf (Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere), onlus assai attiva negli interventi a favore della popolazione immigrata. Indispensabile si è rivelata la disponibilità dei servizi di consulenza e patronato di CGIL e CISL. Molto feconda la collaborazione con le Cooperative, le Comunità di recupero e con diverse Organizzazioni di volontariato, come il Gruppo Vincenziano che si è assunto l'impegno di sostenere finanziariamente gli studi universitari di un detenuto che si è iscritto al primo anno della Facoltà di Agraria, ricevendo anche il supporto tecnico-scientifico del prof. Fausto Gusmeroli, uno dei responsabili della Fondazione Fojanini.

Al di là dell'affrontare i casi specifici, questa rete che si è andata formando negli anni e che viene via via rafforzandosi ed arricchendosi offre strumenti indispensabili per progettare e sostenere quei percorsi di reinserimento di cui si è ampiamente trattato e si configura quindi come un prezioso elemento per la realizzazione del nuovo modello di carcere: il carcere dei diritti e dell'inclusione a cui l'attività del Garante mira a contribuire.

 

Sondrio, 18 marzo 2014

Francesco Racchetti

Garante dei diritti delle persone private della libertà

 

 

1 Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

2 Provvedimento, per altro, a termine, previsto limitatamente ad un periodo di due anni dall'entrata in vigore della legge (21 febbraio 2014).

3 Autorevole esperto sul tema dei diritti umani, già Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei trattamenti o pene inumani o degradanti (CPT).

4 L. 354/1975 e relativo Regolamento d’esecuzione (D.P.R. 230/2000), finora in gran parte disattesi.

5 Analoga proposta è già stata più volte avanzata in passato, ma in maniera informale.

6 Si può ritenere che tale drastica riduzione sia in gran parte conseguenza del citato aumento della riduzione di pena per la liberazione anticipata che, stante la relativa brevità delle condanne che vengono scontate presso una Casa Circondariale, ha determinato la scarcerazione di un consistente numero di detenuti.

7 Cfr. Relazione marzo 2013, p. 10.

8 Art. 16 c. 4 D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.

9 Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria.

10 Con il Liceo Psico-pedagogico “Perpenti” è in atto da anni un progetto assai articolato denominato “Educazione alla legalità” che coinvolge gli alunni del corso di Scienze Umane. Attualmente si svolge con dieci classi, dalle seconde alle quarte, sviluppandosi in una serie di incontri che culmineranno con una visita al carcere ed un confronto con gli operatori e con un gruppo – a sua volta adeguatamente preparato – di detenuti. Con le classi quarte del Liceo Scientifico “Donegani” si è tenuta una settimana di approfondimento sul tema. Una serie di incontri si sono svolti con diverse classi dell'Istituto Tecnico “De Simoni” e con altre scuole, anche fuori provincia.

11 “I detenuti e gli internati di norma possono essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito, tenendo conto anche delle loro specifiche professionalità e attitudini lavorative, nell’esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, le unioni di comuni, le aziende sanitarie locali o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato”. (Art. 2)


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