Jon Carr tira un rimorchio
inondato da successi e fallimenti,
prigioniero della mente
[– carceriere inclemente.
Quando io vedo il candore
della brina deposta
sul ponte gettato
dalle gazze, allora sì che
la notte è inoltrata.
Tratta ogni momento
come un campionato.
Corriamo
verso un’eternità celata.
Il colore dei fiori
ahimè è svanito;
mentre senza scopo
io ho contemplato
il mio passaggio nel mondo
Da qualche parte, in questa confusione di menzogne,
qualcuno sa l’ora.
Da allora,
segui solo i cartelli.
Vai verso la ragione, dove troviamo questa rima.
Nella mia solitudine,
quando esco dal mio abituro
e guardo intorno
dovunque è lo stesso
il crepuscolo d’autunno
È sentimento di colpa quando
invece di vedere la mia mente fottuta che parla
guardo il mio playback.
Quando le menti attaccano
la tua si muove strategicamente.
È perché soffia
che erbe e alberi d’autunno
appassiscono; a ragione,
dunque, il vento di montagna
lo chiamano arashi (violento).
Oh, come amo il beato Gesù,
quello che è morto per salvarci.
Mi fa ridere come se fossi Beavis.
È la mia ragione più forte,
l’unico che rimane fisso nel corso del tempo.
Raccoglie i miei frammenti.
È presente in ogni colpo di genio.
Perdona il mio costante tradimento.
Veglia su me da quando ero un feto.
(Questa poesia è stata scritta due settimane prima della morte)
Stavolta in questo viaggio
io non ho potuto portare offerte,
ma gli dei possono prendere quanto vogliono
del broccato di foglie d’acero
del monte delle offerte.
Jonathan Branch Carr
(Gli haiku sono tratti da La Centuria Poetica, G.C. Sansoni Firenze)
Stralci pubblicati in Tellusfolio il Venerdì Santo del 2014