L'anima della politica è il vil denaro?! Dal '700 (l'illuminismo) si pensava e ragionava in termini di uguaglianza, fraternità e libertà. Questi valori, già presenti nel Vangelo di Gesù e del suo successore S. Francesco, mettevano virgulti e fronde nell'umanesimo e nel rinascimento, pur tra tanti rovi e successivi roghi, per divenire coscienza di classe e romanticismo: promozione e progresso sociale, libertà individuale e ritorno alla natura.
Le guerre mondiali distruggono questi valori, ne sono l'antitesi, re-instaurando la barbarie della civiltà: disuguaglianza, razzismo e dittature e massacri e mattanze. Durante la resistenza e nel dopoguerra si riaffermano uguaglianza-democrazia, fratellanza-cooperazione, libertà; le parole sono molte, ma i fatti pochi e incerti. Anzi cresce sempre più un potere mistificante e inglobante che equipara il ricco al povero, il padrone all'operaio, l'intellettuale al manuale: tutti cristiani, la differenza tra ricco e povero o tra capitalista e operaio è solo un dettaglio.
Il potere del capitale industriale e finanziario, facce d'una stessa medaglia, assumono e impongono il potere del consumo. Siamo tutti consumatori, perciò uguali; la differenza sostanziale è tolta: si consumano le stesse cose. C'è benessere diffuso, non si sa e non si dice che è a scapito dei paesi del sottosviluppo, quelli del terzo mondo che fanno la fame. Dentro la logica del consumo, chi ne è fuori è un relitto, un perdente: forse un pazzo, o un artista. Nietzsche: “Uomini superiori fuggite il mercato”. Marx: “Si sviluppi una coscienza di classe per ottenere il possesso dello Stato strumento del potere e con la sua relativa e progressiva eliminazione si realizzi una società di uguali per dignità: a ciascuno il suo secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità”. Questi due uomini sono le colonne d'Ercole del pensiero occidentale. Non conosco chi le abbia varcate senza finire come l'Ulisse di Dante contro gli scogli della montagna del Purgatorio.
Seneca: “Il più ricco è chi ha meno bisogni”. Sotto il potere del consumo quei valori secolari sono diventati obsoleti, addirittura evanescenti. Eppure la ricchezza è cresciuta e la povertà, pure, è aumentata. I magazzini sono pieni e la gente fa la fame. Chi non capisce questa contraddizione sociale, di classe?
Oggi assistiamo alla nascita di valori sostitutivi: crescita sviluppo ricerca; ma non si precisa verso dove, non ci si pone l'antica ovvia domanda: cui prodest? Per esperienza sappiamo cosa sottintendano e a cosa mirino queste parole d'ordine del potere. Esse infatti vengono applicate al mercato di concorrenza e quindi vogliono dirci che dobbiamo correre, correre, correre di più. Più produttivi, più consumatori moltiplicando i bisogni... se vogliamo salvarci. In regime di disuguaglianza significa mangiare anche per chi non può mangiare, così da pareggiare.
In quel salvarci sta l'equivoco. Se vogliamo salvare il sistema comandato da pochi, le multinazionali, il quale sostiene il loro indiscusso potere economico-sociale, dobbiamo dunque correre, rinunciando alla nostra vita per una vita virtuale, riscattati dal fatto che i mezzi di produzione, compreso il denaro, sono di loro proprietà e di questa si fanno difensori gli Stati che oltre tutto li foraggiano. Il caso Fiat lo dimostra. E così si corre all'impazzata, come la pallina della roulette truccata che fa vincere sempre loro, i capitalisti. Esclusi da questo sadico gioco sono queli caduti nel limbo della carità, le riserve del lavoro.
Perché votare, dunque, una classe politica asservita a quegli interessi che mirando alla globalizzazione non si fanno scrupolo a causare guerre e a dilapidare il patrimonio storico e naturalistico, mettendo sempre in pericolo la salute, pur di avere il controllo mondiale e lauti profitti assicurati? Ebbene, mungendo la barba profetizzo i vecchi valori di uguaglianza fraternità libertà, inoltre metto l'uomo non più al centro, ma in compagnia o in simbiosi con l'animale, il vegetale e il minerale; mentre il dio lo faccio camminare al suo fianco nel sostenere libertà fratellanza uguaglianza. In conclusione è giusto che ci sia crescita, sviluppo e ricerca, ma nel proposito di quei vecchi valori che non mi stanco di ripetere: fraternità, uguaglianza e libertà, tre parole che sostanziate, cioè socializzate, definiscono l'umanità. Il principio dei filosofi infatti definiva l'uomo un animale sociale.
Ma la questione di fondo è sempre: “Che fare?” o “Da dove iniziare?” Indubbiamente da se stessi, facendo coincidere mezzo e fine. Raggiungo la libertà facendomi da subito più libero, e così per gli altri valori. Un passo alla volta; e poi forse verranno i salti. Per chi votare? Per il papa senza la Chiesa. Per il politico senza lo Stato. Per l'operaio senza il padrone. Date all'uomo un altoparlante ed egli si farà dittatore. – Per chi votare? Se proprio si deve, stanchi del gioco delle maggioranze bastone e carota, per una minoranza che si sappia onesta e tale sappia mantenersi coraggiosamente.
Adriano Angelini
(da 'l Gazetin, marzo 2014
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