Arriva freddo il vento ad impedire alla poca neve rimasta di sciogliersi. Gela i crocicchi delle strade dove il sole non accede. Anche i lampioni sembrano ballare una gelida danza di neve. Oggi è pioggia pesante, batte sui vetri a ricordare che ancora le coperte di lana sapranno di buono stanotte.
Avverto il dolore di finire nel vento che tenta di fermare l’inverno lungo. Amori e struggimenti, notti d’incontri, parole che vorrebbe salvare. Almeno, non lasciare al sole. Soffia gelido affinché una sola briciola di neve brilli e persista ancora. Con folate fredde avvizzisce le prime foglie che sbucano dalle pietre delle mura di una città silenziosa dove si può scomparire e riapparire in una finzione scenica che aspetta lo scatto che ne immortali tempo e spazio.
È necessario cancellare il termine “progressione”.
È necessario vivere solo momenti e fissarli come farfalle crocifisse.
È necessario dimenticare “domani”; gli attimi esistono per aver vita.
È necessario ricordare che quando una stagione muore, esige di guardare allo specchio la sua morte e conoscere la sua lapide.
Si percepisce “la richiesta”, in un linguaggio di silenzio frantumato come di vetri rotti, una caduta specchiata nel dolore di chi vuole ancora urlare quanto sia atroce morire soli. Noi, aridi sognatori del domani, diserteremo il funerale. L’inverno sarà solo e il vento stanco non affaticherà più la voce.
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L’inverno spaesato
gela la neve nei vicoli.
Vive come in un mantra (attonito) la sua fine
Dalla finestra colgo il dolore del vento
brilla ancora una briciola di neve
salva gli amori vissuti, parlati e sospirati
li ferma dentro i guanti
tolti per una carezza.
Patrizia Garofalo, testo e foto