L'embrione di dibattito sul futuro del Senato della Repubblica concepito in queste ore grazie alle dichiarazioni del Presidente Pietro Grasso – era ora! – continua a far l'economia della legalità costituzionale e quindi della democrazia e della cosiddetta rappresentatività. Dà molto da pensare leggere i richiami all'ordine della neo-nominata vice-segretaria del PD Serracchiani che intima di tacere a Grasso perché eletto nelle liste del Partito democratico.
A parte, con un ulteriore conferma della peculiarità italiana, settimana prossima ci troveremo di fronte a una proposta di legge costituzionale proposta dal Consiglio dei Ministri, composto come si sa di tutto un po', e non davanti all'iniziativa di una parte politica che ha vinto le elezioni con una chiara piattaforma riformatrice relativa all'impianto costituzionale – se dovessimo stare al programma elettorale del PD del 2013 si rintraccerebbe l'evocazione di un senato federale bloccato dalle diatribe interne al centrodestra – quanto proposta è una riforma tanto quanto è una riforma quella relativa alle province, cioè l'aggirare furbescamente un problema con delle chiacchiere ben pronunciate.
La proposta annunciata più volte dal Presidente Renzi parte da un presupposto caro all'antipolitica, il Senato costa troppo, e si sviluppa facendo l'occhiolino a un modello più da Repubblica democratica tedesca piuttosto che un modello dove possano essere rappresentante in modo equo le regioni italiane, con magari cinque eletti per regione.
Siccome nei giorni scorsi è stata anche ventilata la possibilità di arrivare a prevedere una sorta di 'premierato forte' che conceda al capo del governo, che oggi si badi bene non è un 'premier', la possibilità di sostituire ministri a proprio piacimento, non si capisce perché questo benedetto Consiglio dei Ministri non prepari una riforma strutturale del Titolo III della Costituzione prevedendo un'evoluzione verso una Repubblica federale, in una prospettiva federalista europea, nonché l'elezione diretta del capo dello Stato che sia anche capo del governo legittimato direttamente dal voto popolare in modo slegato dall'elezione dei parlamentari.
Solo con questo tipo di riforme chiare si può tentare di recuperare un minimo di rispetto della legalità costituzionale dando finalmente al Senato la possibilità di una vera rappresentanza regionale e ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti.
Capisco che le elezioni ormai siano solo uno spreco di danaro pubblico, ma con riforme radicali potrebbero esser soldi investiti bene.
Marco Perduca
(dal blog @Perdukistan, 30 marzo 2014)