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Roberto Marelli. La Riva, il Borgo e la Baia del Re
25 Marzo 2014
 

Per raccontare Roberto Marelli ci vorrebbe ben più di un articolo. Attore, giornalista e autore prolifico quant'altri mai, e di che qualità! Del resto più che farsi raccontare – e per l'appunto ce ne sarebbe da dire... – lui ama raccontare. Roberto è uno che può parer schivo, ma quando si tratta di parlare della sua Milano non si tira certo indietro. L'ultima fatica dell'Ambrogino d'Oro 1989 è dedicata alla sua amata città: La Riva, il Borgo e la Baia del Re. La gente dei Navigli ricorda... (Graphot Editrice, pp. 303, euro 22, prima edizione dicembre 2013). Un viaggio della e nella memoria, sul filo della nostalgia, ma mai in maniera banale.

Cinque grandi capitoli con una felice congerie di sottocapitoli, un po' com'era il reticolo delle acque milanesi, fra Navigli, rogge, Darsena, canali. Una meravigliosa verde ragnatela i cui liquidi fili solcavano strade e vie intersecandosi e creando angoli di struggente bellezza e d'invincibile socialità, operosità e umanità.

Vero è che di quel passato qualcosa perdura sempre, ma non è più la stessa cosa. Tuttavia l'anima della città serba in sé, come in uno scrigno, gli antichi tesori... immagini, ricordi, quartieri, mestieri... «Questa è la storia di una Milano scomparsa, molti dei personaggi qui raccontati non ci sono più, mitici artisti e gente comune, che nei luoghi, nei locali, nelle strade, ha vissuto, lavorato, sofferto, ma che era capace di distrarsi, di ritrovarsi nelle osterie dopo dieci ore di lavoro per evadere dalla quotidianità. […] Dedico questa storia ai naviglieri, ai garzoncini ottantenni, al ricordo degli abitanti di questi luoghi straordinari, all'antica acqua dei navigli che non scorre più, ma che grazie ai poeti ancora ci fa emozionare. E anche ai protagonisti di questa storia, “voci d'acqua”, come li chiamava il poeta Armando Brocchieri, che riesco a sentire vivi, e parlanti, tra i luoghi affollati che i tempi hanno tanto cambiato», così scrive nella presentazione il Marelli. Ma a noi piace pensare che il genius loci non sia scomparso, che non si sia del tutto perduto.

Emerge il ritratto di una Milano dotata di bonomia e provvista di una lingua sapida e la voglia di fare (e far bene), molto al di là di ogni vuoto slogan della contemporaneità. Poesie e foto memorabili: la Darsena, quando si chiamava ancora Laghetto ed era un porto industrioso e movimentato, con le chiatte in eterna partenza e arrivo; quella Darsena che si spera definitivamente di recuperare alla sua perduta dignità, in un rigurgito civile – Senza frecass, cargaa de sabbia e gera,/ lì tra una sponda e l'altra, indifferent,/ el vegg barcon quand cala giò la sera,/ quacc quacc in sul navili insognorent,/ de l'ultim pont el sbusa la scighera (tr., “Silenzioso, carico di sabbia e ghiaia,/ lì tra una sponda e l'altra, indifferente,/ il vecchio barcone quando scende la sera,/ quieto sul naviglio sonnolento,/ dall'ultimo ponte sbuca dalla nebbia”), by Luigi Carcano detto el Luisin tassista. Ah com'era magica quella nebbiolina che distorceva o dilatava teneramente i confini, delineando ombre e disegnando echi, mistica ovatta! E com'era lieve, seppur animata, la città: che magnifico ossimoro la nostra Milano!

E il ponte dello Scodellino di viale Gorizia, il vicolo dei Lavandai e le lavandaie al lavoro in Alzaia Naviglio Grande (anche se, indubbiamente, l'invenzione della lavatrice non è da buttare...), le gare di nuoto alla Riva, el Barchett de Boffalora, un battello adatto al trasporto dei passeggeri, da Boffalora a Milano, attestato sin dal 1780 (il suo ultimo viaggio avvenne il 13 giugno 1913).

E, ancora, la veggente erbarola che viveva circondata dai gatti presso il vecchio dazio di San Cristoforo, la chiesetta di San Cristoforo, da cui partirono nel 1099 per la crociata promossa da Urbano II molti lombardi, la Canottieri Olona e la Canottieri Milano, la fabbrica di ceramiche Richard Ginori, Alda Merini, poetessa sublime e regina dei Navigli, la cui casa era al numero 47 di Ripa di Porta Ticinese, anche se lei era nata al 49, o Angelo Franzosi, il Nani, portiere dell'Inter negli anni Quaranta, un ragazzo cresciuto fra queste case a ringhiera e campi, prima di approdare ai fasti sportivi dell'Arena e di San Siro.

La Magolfa e la Barona, il Santuario di Santa Rita da Cascia. Il Naviglio Pavese, Sant'Eustorgio e il trenino Milano-Pavia, chiamato Fanfulla, el borgh di formaggiatt, ossia corso San Gottardo... Ghe n'è de forma tonda, quadra e guzza,/ ghe n'è che sa de bon, ghe n'è che spuzza,/ ghe n'è de vecc, de giovin,/ de fresch, de stagionaa,/ ghe n'è de mol, de dur,/ de sbrodolaa;/ gh'è el formagg che g'ha i oeucc,/ gh'è quel che gotta,/ col fil, che l'è ona fotta! È quasi un peccato tradurre.

Il Centro Sociale Cox 18, Cascina Campazzo, la Chiesa Rossa, la Conca Fallata, il Bitter Campari... «15/9/1867 Era trascorso un mese dall'apertura della Galleria Vittorio Emanuele II quando al primo piano, sopra i locali dell'esercizio del padre, venne alla luce Davide Campari, il primo milanese nato nel salotto di Milano. Davide raccolse l'eredità del padre Gaspare, colui che ideò la ricetta del Bitter che ha reso famoso il nome dei Campari in tutto il mondo. Dopo la morte del padre, la ditta passò al figlio che iniziò a diversificare la produzione. Dopo aver completato i suoi studi in Svizzera, Davide si trasferì in Francia per apprendere i segreti della liquoria. Al suo ritorno a Milano, lasciò la madre a dirigere il caffè mentre lui allestì il laboratorio di via Corsico, dove ebbe la geniale idea di ridurre la gradazione alcolica del Bitter, inventato dal padre, e di servirlo con il selz».

La Riva, il Borgo e la Baia del Re, un libro godibile nonché una miniera di informazioni, una galleria di storie, nomi, volti... Nino Rossi, Leda Celani, Primo Moroni, Ezio Soffientini, Armando Brocchieri, Fermo Roggiani, la Rosetta, Nonno Berto...

Chiudiamo con questi bei versi di Armando Brocchieri:

Stanott intant che scrivi, gh'è la luna,

el foeugh del stuon el me someja

e par ch'el disa: bona fortuna,

va in gir a scalda' i coeur che hinn fa de preja.

Guardi foeura, in del vicol pù nissun...

in su la Riva gh'è nanca on ombrìa,

domà i lampion – i conti a vun a vun...

e i sogn de sfros me tegnen compagnia.

(tr., “Stanotte, mentre scrivo, c'è la luna,/ il fuoco della grande stufa mi somiglia/ e sembra che dica: buona fortuna,/ va' in giro a scaldare i cuori che sono di pietra./ Guardo fuori, nel Vicolo non c'è più nessuno/ sulla Riva non c'è nemmeno un'ombra,/ soltanto i lampioni li conto a uno a uno.../ e i sogni di nascosto mi tengono compagnia”.)

 

Alberto Figliolia


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