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Scrivere la musica: Ernst Theodor Amadeus Hoffmann
22 Marzo 2014
 

Quando si affrontano scrittori del periodo Romantico (per quanto sia difficile questa etichetta), il rapporto con la musica è evidente e intimo, nel caso poi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann il legame è ancora più stretto in quanto Hoffmann ha intrecciato nella sua vita il mestiere di scrittore, nato tra l'altro con l'attività di critico letterario, con quello di musicista (e anche di pittore), cosa non rara negli artisti del periodo Romantico.

Nato a Konigsberg nel 1776, Hoffmann è autore oltre che di romanzi e racconti fantastici, di numerose composizioni musicali (opere, opere vocali e strumentali) e, a segnare l'importanza nella musica nella su vita, ha cambiato il suo terzo nome da Wilhelm a Amadeus in onore di Mozart, suo ispiratore. E lo stesso Mozart è uno dei protagonisti del racconto di Hoffmann “Il cavaliere Gluck”, racconto che sancisce l'ingresso dello scrittore nel mondo della scrittura fantastica e che appare, guarda caso, su una rivista di critica musicale. Christoph Willibald Gluck è stato un compositore tedesco, morto nel 1787 e che ha dato a Hoffmann lo spunto per la costruzione del breve testo. La trama del racconto è alquanto semplice ma non meno bizzarra, a preparare il terreno per la tecnica narrativa caratteristica di Hoffmann: il narratore incontra diverse volte, nella sua vita di tutti i giorni, un musicista. Tra i due si crea un rapporto di reciproca stima, rafforzato dall'amore che entrambi nutrono verso la musica e, in particolare, verso Mozart e Gluck. Una volta ascoltata insieme, ad un concerto, una composizione di Gluck, e rimanendo entrambi insoddisfatti, il narratore viene invitato dal musicista a casa sua dove il misterioso musicista suona il pezzo del concerto e canta le parti vocali mentre il narratore si accorge che le pagine dello spartito che sta girando sono pagine vuote, senza una nota e l'esecuzione è comunque perfetta. Realizzato che questo è il vero ed unico modo in cui questa opera può essere rappresentata, lo dice al suo compagno che gli rivela la sua identità: lui stesso è il cavaliere Gluck che, all'inizio del racconto, viene raccontato essere morto. Si può allora parlare di un folle che ha finito per identificarsi con il musicista da lui adorato o del “fantasma” del compositore stesso? A parte questo tema della follia di colui che si crede il cavaliere Gluck (ma che, all'interno della poetica di Hoffmann, non è possibile identificare come un impostore, mantenendo la possibilità che questo misterioso musicista sia veramente il compositore morto, in una ambiguità che sancisce il fascino del racconto), anche la musica ha un doppio canale di interesse. Innanzitutto quello più evidente, con la musica che si erge protagonista della rivelazione dell'identità del personaggio e, in secondo luogo, la concezione della musica che ha lo scrittore e che, da questo racconto (ma non solo da questo, anche le recensioni di Hoffmann sono su questo punto molto interessanti, in particolare quella sulla Quinta di Beethoven) si può estrarre. Il fatto che si può vedere, leggendo il racconto de “Il cavaliere Gluck” ma anche altre opere, numerose, che hanno come tema la musica, è l'individuazione del protagonista come affetto da una passione morbosa per la musica, una passione talmente forte da straniare, chi ne è preso, dalla vita, sia nel senso di una certa ambiguità del personaggio, sia per una certa incapacità di adeguarsi alla vita normale. Perché la musica può portare a questo? Ripescando ciò che Hoffmann scrive nella recensione alla Quinta sinfonia di Beethoven, c'è la presentazione della musica come “Assoluta”, nel senso che è l'unica arte che riesce ad essere autonoma, rappresentante di quell'emblema romantico dell'ineffabile. La musica trascende i limiti del tempo e delle categorie umane, trasportando verso realtà altrimenti impossibili da raggiungere. E basta tratteggiare, a grandi linee, l'idea che Hegel ha della musica, alla quale assegna un posto di assoluta centralità e importanza poiché le spetta il compito di rappresentare la soggettività ma, soprattutto, il sentimento. Se guardiamo per un momento ad un'altra opera di Hoffmann, uno dei suoi racconti più enigmatici, “L'automa”, la musica acquista una concezione quasi metafisica, un linguaggio segreto identificabile con quello dell'universo e che mette in comunicazione tutte le cose, in particolare le cose umane con quelle naturali. Ma la capacità di questa comprensione è stata persa dal momento che l'uomo ha assoggettato la natura, anche se continua a rimanere dentro gli esseri umani; proprio la musica, quanto più si avvicina ai suoni originari, tanto più riesce a risvegliarla: questa è la capacità seduttrice della musica.

La musica de “Il cavaliere Gluck” è allora proprio natura in questo senso, come opposizione alla società, esplicata dall'impossibilità di un legame, in un'opposizione artista-società borghese, configurato nella figura del folle, reietto della società, o del fantasma, che nella società non entra proprio.

La passione per la musica è allora un sentimento insano, innaturale e maniacale che nasconde però, nella follia che investe tanti dei protagonisti di Hoffmann, la ricerca di un rapporto irraggiungibile, ma non dimenticato, tra l'uomo e la natura.

 

Matteo Moca


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