Caro Pippo, cari compagni e care compagne,
ho ripensato al famoso passaggio che Marx scrive nel Diciotto Brumaio: la storia si presenta sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. Mi sembra che la tragedia si sia consumata con la brutta parabola del Letta I e bis, che si è conclusa con la poco ortodossa defenestrazione del Primo Ministro. La farsa è proprio di fronte a noi, con il Renzi I, un governo che doveva osare ma che in realtà è la riproposta in stile restaurazione dello stesso schema, con il cambio di locomotiva in corsa. Mi sembra si tratti di una cordata senza sicura, nella cieca fiducia in Matteo Renzi, a cui faccio i miei auguri. La fase della farsa è necessaria per il superamento indolore di questo scenario terribile di larghe intese, che per la terza volta si presenta con il Renzi I come unicum, emerso e sommerso. Si tratta di una maggioranza lontana dalla politica degna della polis antica, che nel sottosuolo si tocca con l'opposizione e la seduce. Questa maggioranza appare come un luogo buio e scivoloso, in cui le pugnalate si celano in ogni antro. Alfano e Renzi sono le terre emerse, mentre Berlusconi lavora nel sottosuolo.
Ecco, di fronte a questo scenario io penso che ci sia una grande occasione per noi, l'occasione di fare luce sulle contraddizioni di un governo che proclama movimento, azione e cambio di passo, ma che in realtà si trova nella palude fino alle ginocchia, quella palude che avrebbe dovuto lasciarsi indietro e in cui è invece completamente immerso. Noi oggi ci troviamo in una situazione difficilissima, in un partito che ha sospeso, con la scusa di una presunta vocazione futurista, il dibattito tra le sue parti, la sana dialettica tra maggioranza e minoranza. Noi oggi siamo minoranza in esilio, in esilio tra le mura di casa nostra. Come fare a divincolarci da questo stallo che mette a dura prova i nostri delegati in direzione, i nostri parlamentari, i nostri senatori? Noi vediamo la nostra strada a sinistra, ma il partito ci consegna di fatto all'ennesimo governo non eletto e tristemente di centrodestra, in ritardo con il mondo e con la sfida progressista. Il nostro compito, allora, deve essere, come fece Socrate, quello di tenere svegli gli Ateniesi, per iniziare a costruire il terreno su cui poggerà la sinistra del futuro. Da dove partire dunque?
A mio avviso l’avvio non può che essere interno al Partito Democratico, che ancora è il nostro Partito. Le esperienze, le relazioni, le competenze, gli uomini e le donne del Partito si sedimentano intorno alla nostra visione di mondo e di paese. I risultati che abbiamo costruito insieme durante il congresso e in questi ultimi, interessanti giorni danno la cifra del nostro impegno e del contributo che stiamo portando al partito. La sinistra ancora oggi sta in piedi se ottiene il consenso dal basso, un consenso che cresce e ti rende tanto più incisivo nella realtà quanto maggiore è la sua vocazione inclusiva. Dobbiamo ripartire dai beni comuni, da Italia Bene Comune, in contrapposizione con l'ideologia del “cinismo del fare” che spinge inevitabilmente all'austerità, all'evaporazione della partecipazione, in funzione alle scelte prese da pochi. Quando le competenze sono diffuse e la realtà è complessa, abbiamo bisogno di molti occhi, gli occhi di tutti, nessuno escluso, per interpretarne le sfumature.
Ecco, questa è per me la sinistra del futuro. Tocca quindi a noi costruirla, accettando il fatto che il nostro futuro immediato è segnato dal governo Renzi sebbene, sullo sfondo di questa accettazione, sarà possibile mobilitarci per compiere l'atto che cambierà il destino della sinistra italiana. In ogni tempo ci sono possibilità che attendono di essere realizzate e tocca a noi, che abbiamo a cuore il Partito, realizzarle. Oggi, ne sono sicuro, noi riusciremo a prendere una decisione collettiva che singolarmente non avremmo mai preso, ma dalla delusione nascerà la speranza e noi ne saremo i precursori.
Matteo Oreggioni