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Lidia Menapace. Differenza tra i generi, varietà nel genere
Elisabetta Andreoli, collage
Elisabetta Andreoli, collage 
01 Marzo 2014
 

Torno su questo punto che mi pare capitale. I generi hanno una base di riferimento biologico/naturalistica (il sesso), ma sono soprattutto costruzioni storiche, antichissime e quindi molto radicate. Il sesso ha basi biologico/naturalistiche più tipicamente significative. Nella specie umana, una delle specie animali, vertebrata e mammifera, la differenza sessuale è visibile e per lo più netta, ma non assoluta, vi sono anche varianti. Invece il genere è stato fissato nel tempo sulla base di differenti funzioni e compiti: la differenziazione sessuale nella specie umana è ordinata soprattutto, se non esclusivamente, alla riproduzione. Invece il genere è ordinato soprattutto alla relazione e al piacere, anche sublimato nella cucina arte cultura ecc. ecc. Benché storica la differenza di genere è fortissima e stabilita soprattutto nella sfera del potere sociale economico politico e culturale, fondato sull'ineguaglianza, quando non esplicitamente sulla schiavitù sottomissione inferiorità. Modificare un assetto così antico consolidato e sul quale sono state costruite storicamente tutte le umane società è molto difficile e richiede sforzi tenacia organizzazione e teoria.

La prima cosa che mi pare importante è costruire una cultura alternativa a quella fondata appunto sulla gerarchia tra i generi, sul laederismo, sull'esclusione marginalità inferiorità ecc. ecc. Tra i generi esiste una differenza in ordine alla riproduzione, ma non si può tollerare una gerarchia di valore potere importanza. Quasi tutta la politica, che è -tra le specie viventi- una caratteristica della specie umana, è perciò da mutare, rivoluzionare ecc. con l'impegno personale e diretto, cioè con quel sistema che viene chiamato democrazia rappresentativa.

Subito perciò è giusto fare sì che i due generi siano rappresentati senza un eccessivo divario quantitativo: oggi le donne sono su tutto il pianeta la maggioranza della popolazione e in nessun paese del pianeta hanno una rappresentanza adeguata. Perciò strumenti anche rozzi di riequilibrio della rappresentanza vanno sempre salutati con favore e criticati per migliorarli.

In questo momento ci viene detto da qualche uomo, di lasciare che sia lui, esperto e benintenzionato, a scegliere le donne, meglio di quanto avviene a caso oggi. Secondo me non è giusto, né utile.

Mi spiego con un famoso esempio storico: nella teoria politica marxista si è venuta formando l'opinione che invece di fare rappresentanti eletti soprattutto gli operai e le operaie contro lo sfruttamento del lavoro, dato che si tratta per lo più di persone di livello scolastico e culturale modesto, sia meglio che degli intellettuali, di solito piccolo/borghesi, detti “organici alla classe” la rappresentino. L'esperimento si è concluso con molti bravi intellettuali che hanno occupato tutti i posti le cariche le cattedre e costruito una cultura nella quale gli intellettuali stessi hanno collocato il loro potere, organizzando in verità la propria rappresentanza a nome e per conto, per delega della classe operaia.

Non vorrei proprio che parimenti si presentassero patriarchi gentili, che occupino tutti i posti lasciandoci a bocca asciutta.

Dunque nei generi ci sono molte varietà di soggetti, donne schiave, donne sfruttate che accettano lo sfruttamento ecc. ecc. fino a donne che si ribellano e lottano, che producono da sé una cultura organizzazione espressioni ecc. ecc. autonome; come ci sono uomini che sono magari patriarchi assassini, come quelli che praticano il femminicidio, patriarchi violenti come quelli che praticano stupri e percosse e maltrattamenti, patriarchi corretti come quelli che non picchiano né umiliano, infine patriarchi gentili come quelli che occupano i posti che non gli toccherebbero, però pensando benevolmente a noi: grazie no, non siamo d'accordo. Ci piacciono i patriarchi non violenti e gentili, ma patriarchi restano e non sono nostri delegati.

 

Lidia Menapace


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