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Maria Paola Forlani. L’Ossessione Nordica 
Böcklin, Klimt, Munch e la pittura italiana
Munch,
Munch, 'La vanità' 
26 Febbraio 2014
 

Sulla prospettiva del tempo, e tenendo conto della qualità degli esiti, l’Impressionismo sembra dominare in modo esclusivo un intero ciclo storico e venire successivamente contestato proprio dai proseliti più ortodossi che ne esigono la formulazione canonica. Nella realtà, un altro corso artistico ad esso si appaia senza estrarne in relazione dialettica, ma evolvendo bensì parallelo e scavalcando quindi cronologicamente per seminare i suoi germi fin negli orti del XX secolo: è il Simbolismo, che tuttavia raggiungerà la sua stagione più rigogliosa negli anni ottanta e novanta.

Il termine Simbolismo è assai vago e serve del resto a designare un movimento dai contorni fluidi, una pluralità di tendenze eterogenee; esso caratterizza soprattutto una comune accezione dell’arte e della vita. Il Simbolismo contrappone l’idea alla realtà, la fantasia alla scienza, il rifugio nel sogno alla volgarità esistenziale. L’artista simbolista assume infatti un atteggiamento di netta opposizione sia nei riguardi del realismo sia dell’Impressionismo; escludendo qualsiasi interferenza scientistica – quando anche gli impressionisti allo scientismo erano stati attratti, almeno a livello teorico, nelle elaborazione della loro ottica – egli pretende di agire con l’esclusivo intento di «rivestire l’Idea con una forma sensibile». Le parole sono del poeta Moréas che sul Figaro del 18 settembre 1886 pubblicava appunto il manifesto del Simbolismo. Il Simbolismo affonda dunque le proprie radici nel terreno romantico, assegnando valore preminente all’interpretazione soggettiva, coinvolgendo la letteratura, la poesia, le arti figurative e condizionando anche il costume. Se compiutamente si afferma negli ultimi decenni del secolo, disponendo di una preistoria che tocca tempi e geografie diverse. Già sul finire del Settecento veniva adombrato dal filosofo Franz von Baader che, in una visione misticheggiante, tentava di cogliere le occulte relazioni intercorrenti fra la natura e la divinità; e mentre il poeta Novalis scriveva che «il vero oggetto della poesia d’arte sarà la poesia della natura, nella quale le esteriorità del discorso poetico diventano formule particolari di situazioni simili, segni simbolici di poesia nei fenomeni». Dall’Inghilterra la voce simbolista giungeva con Words-wort e con Coleridge – e dall’America con Edgar Allan Poe. Per non dire del grande Baudelaire che vedeva l’uomo passare «à travers de foréts de symboles».

A Rovigo, Palazzo Roverella ha voluto occuparsi su questo itinerario di un’altra area geografica, l’arte nordica (scandinava, baltica, scozzese e tedesca più in generale), con una mostra dal titolo “L’Ossessione nordica. Böcklin, Klimt, Munch e la pittura italiana”, aperta fino al 22 giugno 2014, a cura di Giandomenico Romanelli (catalogo Marsilio).

Il prologo è dunque vasto e composito così nelle lettere come nel pensiero filosofico e nella poesia, per cui il Simbolismo come momento storico definito si pone al culmine di una somma di esperienze che, per vie linguistiche diverse, tendono a dar divisa formale a un atteggiamento comune. Lo stesso avviene nelle arti figurative, il cui ricorso al simbolismo è palese in William Blake come Füssli e sotteso ai preraffaelliti a cui gli artisti del nord fecero riferimento, costantemente, per le loro poetiche. Per la rassegna rodigina, sono state selezionate un gruppo di opere fondamentali nel tracciato della scelta ‘nordica’ delle prime Biennali, proprio quelle che, suggestionate da alcuni riconosciuti capiscuola- su tutti spicca Arnold Boecklin (1827-1901). L’artista di origine svizzera, operò dapprima nel mondo tedesco, dalla cui cultura ricevette l’impulso verso un titanismo eroicizzante alimentato da una costellazione simbolica, e finì quindi per stabilirsi in Italia. Egli trapassa dall’esaltazione di una natura primitiva nella quale l’uomo s’immerge in un anelito di comunione panica, vedi in mostra Rovina sul mare 1880. Il percorso espositivo è suddiviso in diverse sezioni: Centauri, Tritoni, Sirene dalle Alpi alla Laguna; Dal Simbolo alla Natura: Gente del Nord; La Poesia del Silenzio; il Paesaggio dell’Anima: Neve e Fiordi, il Tempio e le Stagioni; le Maschere e i Volti; Venere senza Pelliccia; virtuosismi in nero. La mostra prende il via dal racconto delle prime Biennali e dalla loro evoluzione: da vetrine dell’arte storica e pompier al trionfo del Simbolismo con successiva forte attenzione alle Seccessioni di Monaco, Vienna; Darmstadt e alle conseguenze sui vari filoni dell’arte italiana, specie nei territori ‘di frontiera’ come il Trentino, il Friuli e l’area triestina, impegnati anche politicamente in una sorta di mediazione culturale di singolare originalità. La mostra presta, inizialmente, un’attenzione particolare al momento ‘svizzero’ della cultura tedesca – oltre, al già citato Boecklin, rimbalzano le sinuose forme di Hodler per passare ai grandi viennesi e tedeschi – Klimt, Klinger e von Stuck – impegnati tra evocazioni mitologiche e dense interpretazioni simboliche dei miti non meno che della vita e dell’anima della Belle époque mitteleuropea. Il Paesaggio, nelle sue valenze interiori e in tutte le sue sinfoniche coloriture è presente nella inquieta e silenziosa natura nordica, così propria e inconfondibile in tanta arte scandinava, fatta di distese innevate e fiordi e spiagge in cui la luce dipinge i più suggestivi paesaggi spirituali. Poi uno sguardo agli interni domestici: a spazi avviluppati, a universi raffinati e composti, a proiezioni di sentimenti per proseguire con il capitolo Maschere e ritratti in cui la figura umana, concepita tra tradizione accademica e indagine interiore, si fa carico dei nuovi strumenti di conoscenza e descrizione della psiche nelle molteplici e contraddittorie valenze. Nella sezione Venere senza Pelliccia risalta l’attenzione particolare, non più unicamente accademica o da atelier, riservata al corpo femminile in nudi di provocante sensualità. E per concludere la sezione Virtuosismi in nero, in cui le peculiarità dell’incisione e la ricchezza degli inchiostri trova sorprendenti e virtuosistiche applicazioni in cicli narrativi di straordinaria suggestione, magari partendo dalla tradizione cinquecentesca e approdando a soluzioni cariche di pathos e mistero.

 

Maria Paola Forlani



Foto allegate

Hodler,
Böcklin,
Larsson,
Sartorio,
Von Stuck,
Hammershøi,
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