Nel 1913 – anno in cui Maleviè si ritiene proponga la sua prima opera suprematista – un altro artista russo si reca a Parigi per verificare sul vivo della realtà la rivoluzione dell’arte moderna: è Vadlimir Tatlin (1885 – 1956), il prossimo fondatore del costruttivismo. Quali siano stati gli episodi dell’arte che più lo hanno colpito, li riferisce egli stesso: Cézanne, il Cubismo, Picasso. Più che trarre da essi diretti suggerimenti, Tatlin ricevette dall’indagine esperita su quelle opere il convincimento di agire in vista di un loro superamento. È l’inizio di una lunga serie di sperimentazioni mediante le quali lo spazio reale viene assunto come dato pittorico eccitato dalle strutture in legno, in gesso, in vetro, in stagno e in altri materiali destinate a «costruire» una nuova realtà oggettuale. Nasceva il Costruttivismo, il quale aveva per obiettivo anch’esso – simultaneamente all’istanza purista – la rappresentazione estetica del mondo tecnico, estranea ad ogni gravame dell’interpretazione emozionale soggettiva. Il Costruttivismo, anzi, lungi dal rappresentare la cosa, creava la cosa in sé: un oggetto avente facoltà autonoma di comunicazione, simbolo della contemporaneità, proiezione della scienza, della tecnica e della matematica.
A queste esperienze doveva accostarsi anche El Lissitzky (1890 – 1941), a cui il Mart di Rovereto, ha voluto dedicare una mostra dal titolo “El Lissitzky. L’esperienza della totalità”, a cura di Oliva Maria Rubio, aperta fino all’8 giugno 2014.
El Lissitzky, nativo di Smolensk, aveva compiuto studi di ingegneria a Darmstadt e nel 1914 era ritornato in Russia. Lavorò con i soviet del XX secolo, lavorò con i soviet dopo la Rivoluzione d’ottobre (1917), con l’avanguardia artistica europea negli anni venti e come propagandista del regime di Stalin per tutti gli anni trenta, fino alla morte. La sua opera ch’egli chiamava Proun (progetti per l’affermazione del nuovo) – è ugualmente orientata verso un astrattismo nel quale vanno componendosi nel rigore di rapporti matematici una pluralità di figure geometriche, dai circoli ai quadrati, in assoluta economia di colori.
La rivoluzione artistica dei costruttivisti e delle avanguardie russe coincide con le stagioni tormentate ed esaltanti della rivoluzione sociale. Dopo la caduta del dispotismo zarista e il breve governo di Kerenski, i bolsevichi conquistarono il potere. La Rivoluzione d’Ottobre è sostenuta dall’intelligenza artistica e culturale.
Il Costruttivismo sembra destinato anzi a proporsi quale stile della Rivoluzione stessa, identificandosi nei suoi propositi. Nel 1920 Alexej Gan scriveva un proclama in cui la speranza di una coincidenza fra Rivoluzione politica e sociale e Costruttivismo pareva inverarsi. Egli affermava fra l’altro che «l’arte è il prodotto della vita sociale» e che «il sistema di vita comunista ci pone dinanzi al problema non già di creare dei progetti astratti, ma di prendere come punto di partenza per il nostro lavoro delle questioni concrete».
El Lissitzky, fu pittore, graphic designer, tipografo, designer di mostre, architetto e fotografo. La sua vita e il suo lavoro si svolsero all’insegna del superamento di limiti e confini. Dopo il 1917, durante il primo periodo del governo comunista, trascorse lunghi periodi all’estero come ambasciatore culturale dell’Unione Sovietica. Viaggiò in continuazione tra l’Unione Sovietica e il resto dell’Europa, soggiornando soprattutto in Germania. Si dedicò alla promozione dell’arte russa in Occidente, raccogliendo informazioni sulla cultura occidentale e mettendo in contatto con Mosca tutte quelle forze che nel mondo operano nel campo della ricerca artistica.
El Lissitzky era un creativo che non poteva concepire l’arte separata dal lavoro e che riuscì a declinare la sua creatività in relazione alle diverse situazioni in cui si trovò a operare. Ciò spiega il cambiamento di stili e mezzi espressivi durante tutta la carriera. Egli inoltre riteneva che il lavoro artistico dovesse essere in rapporto con l’architettura, l’edilizia e il design. Così, il trasferimento intorno alla metà del 1919, a Vitebek da Kiev – dove tra il 1918 e il 1919 si era impegnato nel movimento nazionale russo per la rinascita della cultura ebraica, illustrando libri in yiddish.
Nel periodo europeo, una particolare importanza rivestono i contributi di Lissitzky alla metodologia di esposizioni delle opere d’arte e gli esperimenti con il mezzo fotografico. Per la Grosse Berliner Kunstausstellung, Lissitzky creò il Pronenraum (Stanza Proun), uno spazio di 3, 2x3, 6x3 metri che era l’espressione tridimensionale del concetto spaziale dei Proun. Tale spazio offriva ai visitatori un’esperienza che richiedeva la loro partecipazione attiva. Nella sala un insieme di forme geometriche astratte correva attraverso lo spazio in orizzontale, in verticale e in diagonale. Questo lavoro riflette la ricerca di ciò che le avanguardie utopistiche degli anni venti chiamano “esperienza della totalità”, un tentativo di integrare arte e vita. L’interesse di Lissitzky per la fotografia nacque nei primi anni venti, con il trasferimento in Germania e i primi contatti con il folto gruppo di artisti europei e, in particolare, con i dadaisti Kurt Schwitters e Hans Arp e alcuni membri di De Stijl. I suoi esperimenti, dapprima con i fotogrammi e poi con le esposizioni multiple sia durante lo scatto sia durante il processo di stampa, segnarono nella sua pratica artistica una svolta che in seguito lo porterà ad abbandonare la pittura.
I contributi di Lissitzky all’arte tipografica furono straordinariamente importanti. Considerato il fondatore della tipografia moderna, nel corso della sua carriera Lissitzky lavorò alla progettazione di libri e riviste e, dopo il 1919, divenne uno dei pionieri della grafica editoriale moderna.
Maria Paola Forlani