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Scrivere la musica: Proust
18 Febbraio 2014
   

Cosa può voler dire “scrivere la musica” o “scrivere di musica”? È possibile trasporre nel linguaggio di un testo, nella grafia delle lettere dell'alfabeto, ciò che è più personale, ciò che si cela dietro il suono delle note? Non una mera descrizione tecnica della struttura che sottosta al fluire dei suoni, ma ciò che quei suoni portano e trasmettono, ciò che, partendo dal suono, si espande fino a comprendere sentimenti, stati d'animo e inclinazioni intime. Una domanda che la musica porta sempre con sé, soprattutto in un ambito di studio estetico-percettivo che guida tanta filosofia della musica contemporanea e che si concentra su come la musica possa inserirsi nei processi mentali umani. Ma, negli articoli di questa rubrica, non ci occuperemo di questioni così complicate, ma di questioni più dirette, anche se non più semplici. Il compito di ogni articolo sarà quello di indagare come la musica si addentri nelle pagine dei libri, di come influisca più o meno direttamente sulle penne degli scrittori e di come questi riescano a trasporre nell'oceano del testo le loro considerazioni su questa arte. Il fine sarà quello di formare un piccolo affresco composto da tanti piccoli quadretti che rappresentino ognuno una differente concezione e che possano formare, alla fine, un quadro unitario che mostri il peso che la musica riveste nella letteratura.

 

Ne La ricerca del tempo perduto la musica riveste un ruolo primario. Tra le miriadi di temi trattati nel romanzo, questa è una di quello che più premono su Proust, tanto in associazione con le storie raccontate, tanto come guida dei sentimenti, unendo le due diverse strade nella storia di Swann e Odette, dove il confine tra trasporto emotivo e flusso della storia si assottiglia divenendo una soglia inesplorabile, un luogo che fa perdere i riferimenti orientativi. Innanzitutto, riferendosi al Proust scrittore, la musica riveste un ruolo principale nella sua vita. Fin da giovanissimo è assiduo frequentatore dei concerti negli ambienti musicali parigini e intrattiene rapporti di amicizia con musicisti. Ma non staremo qua a snocciolare nomi di musicisti e di opere predilette dallo scrittore, ma guarderemo più alla tonalità emotiva che riveste la musica, al delinearsi di una vera e propria fenomenologia della musica che parte dall'ascolto, da quell'estetica ricettiva, primo incunabolo di altre e, forse, più profonde meditazioni. Basti pensare alla celeberrima “sonata di Vinteuil”, la colonna sonora dell'amore tra Swann e Odette, suonata nel salotto di Madame Verdurin, il posto in cui si incontrano e dove comincia a sbocciare il loro amore. Qua si vede proprio l'essenza di questo tipo di ricezione della musica, una ricezione che non è altro che un trasporto psicologico, un viaggio guidato dalle vibrazioni dei suoni, dal crescere del flusso sonoro che porta in mondi diversi e nuovi in cui sarà proprio questa musica a condurre pensieri. Si compie un'unione tra la trama musicale e un preciso spazio dell'immaginario che lega ad un avvenimento preciso che sempre ricorrerà in presenza di quella musica. Ecco una delle linee guida della musica nell'opera di Proust (ma non solo lì ovviamente, un'associazione che è presente anche nelle nostre vite di tutti i giorni, nel legame tra canzoni e situazioni), una linea guida che qui è ulteriormente potenziata dal ruolo della memoria nell'opera e dal suo compito di riportare alla luce frammenti del passato rendendoli, nelle intermittenze del cuore, percepibili come presenti. Lo stesso Proust scrive, riguardo alle impressioni puramente musicali, che esse “sono quelle confuse, inestese, interamente originali, irriducibili a qualsiasi altro ordine di impressioni”. È chiaro quindi il contatto che lega Proust alla musica, un legame che, oltre che nelle frequentazioni della sua vita, risalta nel suo ardore quasi romantico verso di essa, nella potenza dei sentimenti che evoca in lui, una fonte di sensazioni raffinate e uniche ma anche un richiamo a ciò che è la realtà dello spirito. Un'inclinazione simile a quella della scuola tedesca dell'Ottocento, che vede nella musica totale di Wagner il compimento ultimo e più assoluto dell'anima umana, la rivelazione eterna.

Una delle poche cose certe riguardo al rapporto tra Proust e la musica è il suo grande amore per Debussy e in particolare per un'opera di Debussy, Pelléas et Mélisande, tratta dall'opera simbolista di Maurice Maeterlinck. A parte il possibile interessamento per la trama che narra di un amore proibito, esiste un rapporto meno visibile ma comunque pregnante tra Proust e la musica di Debussy. La musica di Debussy è una musica che, per quanto lui non si riconoscesse in questa etichetta, vive di forti tratti impressionisti. Così come i pittori lasciano i loro studi e vanno a dipingere en plein air, così la musica di Debussy (e in generale quella impressionista) rappresenta la natura e le sensazioni che essa trasmette, così come i contorni delle tele si ammorbidiscono perdendo il loro compito di delimitare la materia rappresentata, così nella musica i contorni si fanno sfuggenti, comunicando atmosfere immaginarie e sensazioni indefinite. Data questa concezione, che è anche quella imperante al tempo di Proust, la percezione della musica non può che definirsi in maniera peculiare. Così come Debussy vuole musicare il mare o la notte, così Proust percepisce la musica come un flusso dai contorni sfumati, ricca di una carica evocativa fusa nei suoni e nelle armonie che colgono l'ineffabile jankélévitchiano, il rigetto dell'ordine tangibile nel tentativo di raggiungere un ordine “altro”. È proprio questo ordine “altro” a costituire l'ineffabile, una sfera che sfugge alla presa dei concetti; in un mondo dove l'ordine tangibile viene rifiutato, la pars costruens è costituita proprio dalla musica, quell'ineffabile che riesce a cogliere la sfera fondante del mondo.

 

Matteo Moca


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