La letteratura, e soprattutto la musica italiana dell’Ottocento, hanno sempre ricevuto riconoscimenti internazionali. La pittura invece, soprattutto quella del secondo Ottocento, nonostante il florido mercato legato a un accanito collezionismo locale, ha patito riserve critiche fin oltre la metà del XX secolo. A lungo ha aleggiato l’insinuazione, quando non l’accusa manifesta, di un linguaggio provinciale, venato di indugi sentimentali, che neppure i pittori di maggior talento avrebbero saputo evitare. Il dibattito verteva anche sull’esistenza o meno di un’identità nazionale, che già in epoca risorgimentale aveva conosciuto ferventi sostenitori: proprio fra tutti Giuseppe Mazzini, che nel 1841, in esilio a Londra, aveva lanciato il profetico appello affinché la pittura italiana moderna assumesse il valore di una dichiarazione di libertà politica e fosse un valido, anzi il più esplicito mezzo di riscatto nazionale.
La questione di una pittura italiana, sovra regionale, sarebbe riaffiorata con enfasi polemica in epoca postunitaria. A Firenze, nel 1861, la prima Esposizione nazionale italiana avrebbe dovuto convalidare il progetto politico-culturale dell’Italia unificata, ma fu un insuccesso per quanto riguarda la pittura, dato che una mancata sinergia fra gli organizzatori aveva privilegiato, a seconda delle regioni, «ora il formalismo di matrice accademica, ora le novità della corrente realista, ora i generi apprezzati dalla borghesia, prevedendo inoltre la partecipazione di artisti dilettanti con risultati quasi sempre modesti». Ma era giunta l’aria nuova degli impressionisti, le cose mutarono in modo eclatante. Tuttavia, per la critica moderna del primo Novecento i nostri non erano riusciti a cogliere l’occasione di allinearsi alle innovazioni francesi.
La stroncatura più clamorosa è del 1937, quando Roberto Longhi, stabilendo un «bilancio fallimentare dell’Ottocento nostrano», augura metaforicamente la buona notte «al signor Fattori».
Negli anni più recenti l’Ottocento italiano è stato oggetto di ulteriori studi e ricerche. Nell’ambito di tale rinnovata attenzione il MAMbo e la Pinacoteca Nazionale hanno voluto presentare una selezione del prezioso patrimonio delle loro collezioni, per offrire al pubblico una proposta espositiva ricca e complessa che affianchi la fondamentale attività di conservazione di opere meno note dell’inizio della modernità del territorio bolognese. La mostra “'800\B L’Ottocento a Bologna nelle collezioni del MAMbo e della Pinacoteca Nazionale”, a cura di Emanuela Fiori e Barbara Secci, visibile nella Pinacoteca Nazionale di Bologna fino al 27 aprile 2014.
Il percorso espositivo permette la temporanea visione di 89 dipinti, dalla fine del XVIII secolo ai primi del Novecento, suddivisi in quattro sezioni tematiche: L’Accademia, la pittura di Storia, il mondo borghese, il paesaggio.
La sezione dedicata all’Accademia presenta alcune delle opere vincitrici dei premi e dei concorsi indetti sotto la direzione dell’Accademia bolognese, entrate per questo a far parte delle collezioni pubbliche della città. Dipinti che dal neoclassicismo di ispirazione romana aprono verso una pittura che si ammorbidisce nelle linee e nei toni, fino agli effetti più sfumati ed avvolgenti.
La partecipazione ai concorsi, ancora più numerosi dopo l’Unità d’Italia, vede gli artisti impegnati a interpretare con toni da melodramma episodi tratti dalla storiografia, dalle biografie delle “glorie patrie” e dalla letteratura contemporanea. Queste opere, caratterizzate da accurate ambientazioni storiche e atmosfere intrise di passioni, sono raccolte nella sezione dedicata alla pittura di Storia.
La terza sezione intitolata Il mondo borghese introduce temi emblematici di una classe in rapida ascesa sociale, soprattutto nella seconda metà del secolo: il ritratto in varie declinazioni stilistiche e la scena verista di genere.
La mostra si chiude con la pittura di paesaggio, che a Bologna si sviluppa in maniera singolare, evolvendo dalle visioni idealizzate di età romantica, ancora legate alla tradizione scenografica decorativa, all’interpretazione intimista e accogliente della natura proposta nei lavori di fine secolo.
Diversi gli artisti chiamati a rappresentare l’arte bolognese ed emiliana dell’Ottocento: Giovanni Barbieri, Luigi Bertelli, Ottavio Campedelli, Alessandro Guardassoni, Cesare Masini, Antonio Muzzi, Pelagio Pelagi, Antonio Rosaspina, Alfonso Savini. A questi si aggiungono pittori non bolognesi di nascita, ma presenti in città con opere vincitrici di concorsi accademici, o perché favoriti dal collezionismo cittadino come, tra gli altri, Francesco Hayez, Mosè Bianchi e Ignacio Leon y Escosura.
Maria Paola Forlani