Senza forme è il titolo del prezioso libriccino realizzato da Barbarah Guglielmana con la Casa Editrice Gattili. Questi piccoli libri d’arte, che mi ricordano molto quelli realizzati dalla Casa Editrice Pulcinoelefante di Alberto Casiraghi, sono nati due anni fa da un’idea di un giovane milanese, Antonio Pellegrino, quando decise di trasformare in oggetto una sua riscrittura della canzone di Giorgio Gaber “Non arrossire”, dedicata al suo cane. Ogni libro è composto da un testo di poesia o di prosa e due fotografie: una in miniatura sulla copertina, l’altra nell’ultima pagina, a chiudere il percorso di testo e immagine, in modo talvolta imprevisto, niente affatto didascalico. La tiratura è di 18 copie numerate, ognuna protetta da una busta di plastica trasparente. L’autore è responsabile sia del testo che dell’immagine che poi vengono assemblati da Antonio e cuciti dalla madre.
Il libretto di Barbarah è uscito nel 2013, il primo giorno di primavera ed è poi stato ristampato una prima volta il 17 luglio, una seconda il primo giorno d'autunno e la terza il 4 dicembre. È stata programmata una quarta data (immagino rispettata), il 2 gennaio (data del compleanno della nonna, alla quale era molto affezionata e della quale ha un vivissimo ricordo). In copertina c’è la foto di un murales del Muro di Berlino, all’interno invece è stata posizionata la foto ad un quadro dipinto da Serena Marra, e rappresenta l’autrice di profilo che guarda la città di Napoli. La poesia “Collo di donna…” è stata composta ad Amalfi ed è dedicata alla sua maestra di teatro Naira Gonzales che a detta di Barbarah “è semplicemente fantastica nel metterti tutto l'essere in movimento”.
Collo di donna che emergi dal mare, e porti coralli di capelli
[e occhi di fondale
E pelle levigata dalle maree in un viso lieve, che ha visto balene
[e squali ballare
E pesci azzurri nelle notti più buie e sole, di uomini
Profumi di incensi dispersi in acque di fiabe dimenticate
E di fiori mai visti in superficie
Porti una collana di perle nere, di fiume
E rosa e bianche di oceano
A dimenticare conchiglie vuote e rotte
Su cui hai camminato, scivolando.
Insegnami il tuo canto struggente alla vita di terra.
La tematica legata al mondo femminile è sempre stata a me particolarmente cara, in quanto ritengo che noi donne, nonostante il progresso e le varie conquiste in termini di diritti, viviamo ancora “tempi bui”. La poesia di Barbarah contenuta in questo prezioso libriccino mi arriva come un canto limpido e vitale alla donna, che dagli abissi del mare vuole a tutti i costi riemergere e portare con sé non solo l’oscurità dei fondali, ma anche la bellezza dei coralli. Nell’immaginario collettivo la donna e l’acqua possiedono un legame molto stretto. L’acqua è fonte di vita, è generazione e nascita, è purificazione. Le sue correnti spesso sono invisibili in superficie, prigioniere di un sommerso che sfugge, così come spesso sono nascoste ai nostri occhi le storie di tante donne che in silenzio vivono situazioni complicate e a volte dolorose. L’acqua è “senza forma” e senza argini si disperde. Scorre sempre verso il basso e trascina con sé tutto ciò che trova. La donna di cui parla Barbarah vince le correnti e le maree, ritorna alla terra con un bagaglio di “pesci azzurri”, “profumi di incensi”, “fiori mai visti” e “una collana di perle nere, di fiume/ E rosa e bianche di oceano”, per far scordare “conchiglie vuote e rotte”. L’importante è risorgere a vita nuova, senza mai dimenticare il passato, senza lasciarsi sopraffare dalle esperienze negative. I ricordi sono tutti preziosi, anche quelli che ci lasciano l’amaro in bocca, perché forgiano la nostra personalità e ci insegnano ad affrontare meglio il futuro. Dalla donna raccontata da Barbarah dobbiamo saper raccogliere “il suo canto struggente” che però è inno alla vita e speranza per un nuovo mattino.
Paola Mara De Maestri
(da Bottega letteraria n. 64, ne 'l Gazetin, gennaio 2014
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