1. Come ha detto l'ex consigliere di Vaclav Havel, Tomáš Sedláèek, ciò che accade oggi in Ucraina è «una rivoluzione maggiore sul continente europeo». Quindi riguarda tutti gli Europei. Non solamente gli Ucraini.
2. Contrariamente a quanto afferma Vladimir Putin, l'accordo russo-ucraino dello scorso dicembre costituisce un perfetto esempio di accordo condizionato. Il prezzo del gas può essere rivisto unilateralmente ogni tre mesi, i versamenti dei prestiti sospesi. Come è appena successo. Equivale ad una vera e propria messa sotto tutela dell'Ucraina da parte della Russia. La Russia interferisce quindi negli affari ucraini. Pesantemente.
«La dittatura perfetta avrebbe le apparenze della democrazia, una prigione senza muri da dove i prigionieri non si sognerebbero di evadere». (Aldous Huxley, Il Mondo Nuovo, 1932)
3. Continuare, come fa l'Unione europea, a fingere di poter trattare con la Russia come se fosse uno stato democratico è suicida. Oggi nessuno specialista della Russia degno di questo nome osa più qualificare questo regime come democratico. È venuto il tempo di definirlo chiaramente per quello che è. Un regime autoritario nelle mani delle strutture di forza (silovikicrazia), dove l'arbitrarietà del potere è istituzionalizzata.
4. L'Ucraina di oggi non è la Polonia di ieri, la Russia di Putin non è l'URSS di Gorbaciov e non c'è niente in Yanukovych che richiami da vicino o da lontano il patriottismo tragico di uno Jaruzelski.
5. Viktor Yanukovych non è un uomo libero. La sua elezione alla Presidenza della Repubblica non ha cancellato le ombre del suo passato. A Mosca, meno che altrove.
6. La divisione dell'Ucraina non è geografica. La minoranza russa rappresenta il 15% della popolazione ucraina. La divisione è politica. Da un lato un regime predatore e autocratico con i suoi fidati collaboratori e clienti, dall'altro le innumerevoli vittime di questo sistema.
7. Le decisioni prese in questi ultimi giorni a Kiev (amnistia, dimissioni del Primo ministro...) sono state finora puramente cosmetiche. Non prefigurano per niente l'inizio di una uscita dalla crisi.
8. Contrariamente a quanto affermato da Adam Michnik, storico oppositore al regime comunista polacco, secondo cui «l'Unione europea ha fatto tutto il possibile. Cosa avrebbe potuto fare di più?», l'Unione europea non ha ancora fatto niente di sostanziale.
Dopo la Croazia, la Bosnia, la Georgia,... ancora una volta è dall'altra parte dell'Atlantico (USA e Canada) che viene presa la giusta misura della gravità della situazione. Fatti salvi alcuni stati membri, Polonia e paesi baltici in testa (viva l'allargamento ad est!), l'Unione europea ha di nuovo scelto l'attendismo. Ciò non può continuare. L'Unione, come auspicano già alcuni stati membri (Croazia, Lettonia, Lituania, Paesi-Bassi e Romania), potrebbe immediatamente decidere di:
- congelare, con effetto immediato, gli averi di personalità politiche e di oligarchi di primo piano, come, tra gli altri, il Primo ministro uscente Mykola Azarov e la sua famiglia; il ministro degli Interni Vitaliy Zakharchenko; il ministro degli Affari Esteri Leonid Kozhara; il primo vice-Primo ministro Serguï Arbuzov; i fratelli Andriy e Sergiy Kluiev e le loro famiglie; l'amico di Putin e capo del movimento La scelta ucraina Viktor Medvedchuk; Rinat Akhmetov ; Dmytro Firtach; Oleksandr Yanukovych e la sua famiglia;
- proibire, con effetto immediato, a queste stesse persone di entrare o di soggiornare nel territorio dell'Unione;
- istruire in tempi brevissimi un'inchiesta sulle banche europee che hanno aperto le loro porte a personalità ucraine, che non hanno dichiarato le loro attività politiche, dirette o indirette;
- formulare, sulla base dell'esperienza di Kaliningrad, proposte che consentano di tener conto degli interessi specifici delle popolazioni russe e ucraine delle zone frontaliere dei due Paesi;
- offrire al Presidente Viktor Yanukovych, se lo desidera, l'asilo in un Paese dell'Unione europea;
- proporre all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa di istituire una Commissione d'inchiesta sui pagamenti estorti dalle forze dell'ordine nei confronti dei cittadini ucraini di Maidan;
- stabilire con il FMI una cellula di crisi incaricata di elaborare una proposta di piano di aiuti d'urgenza all'Ucraina, alternativo a quello stabilito con la Russia;
- proporre alle autorità e all'opposizione ucraine di integrare nel loro scenario di uscita dalla crisi l'organizzazione nella prossima primavera, sotto la diretta supervisione dell'OSCE e del Consiglio d'Europa, di un referendum per far decidere ai cittadini ucraini se firmare l'Accordo di Associazione con l'UE oppure l'Accordo di Unione doganale con la Russia, la Bielorussia ed il Kazakhstan, facendo così in modo che la decisione presa sia quella dell'insieme del popolo ucraino, non di una o più forze politiche.
Last but not least,
- dichiarare senza ambiguità alcuna che l'Ucraina ha, come tutti gli stati europei democratici che lo auspicano, vocazione a diventare membro dell'Unione europea.
Un sussulto dell'Unione europea è indispensabile. Per non consegnare nuovamente l'Europa a persone “ragionevoli” che, sognando una nuova Yalta, hanno già decretato che gli Ucraini hanno solo il diritto di abbandonare gli ideali dello stato di diritto, della libertà e della democrazia e di sottomettersi a un modello di una dittatura camuffata con delle "pezze" democratiche. Se oggi in Ucraina l'Europa rinuncia alla difesa dei valori che stanno a fondamento del progetto europeo, se non mostra un sussulto di dignità, si condanna a infinite e sterili lamentele di fronte all'ascesa dei sentimenti anti-europei, anche nel cuore dell'UE.
Olivier Dupuis
(da Stradeonline, 3 febbraio 2014)