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Lidia Menapace. Pioggia e Sessantotto
01 Febbraio 2014
 

Mi è capitato di dire, mentre le piogge continuavano a scendere anche in montagna e i boschi cominciavano a franare: “Adesso piove, poi viene il Sessantotto” e di essere perciò guardata come una via di testa. Non sono cinica, né -ancora- via di testa: ma mi sono resa conto che quella frase è ora priva di senso e la spiego. Nell'autunno/inverno del 1967 piovve molto anche in montagna, dove solitamente le piogge autunnali e invernali diventano neve. Il terreno imbevuto d'acqua e non rassodato dal gelo cominciava a franare con spavento dei contadini di montagna che non ricordavano niente di simile: quando gela il terreno diventa duro e l'apparato radicale delle conifere lo trattiene e consolida.

Nella prima metà degli anni Sessanta i/le sociologi/e si davano un gran da fare, per definire i giovani (sempre e solo maschi ovviamente) ed ebbe grande risonanza e consenso la dizione di “generazione silenziosa” e “delle tre M, macchina moglie mestiere”. Ma appena la pioggia cominciò a diventare inondazione e le frane una rovina, la generazione silenziosa prese clamorosamente la parola, per denunciare la colpevole ignoranza della classe dirigente e l'ipocrisia della sociologia serva. Fu un vero terremoto politico: giovani e ragazze di ogni dove levarono dal fango preziosissimi codici e li consegnarono ai laboratori di restauro, lo stesso fecero con molte opere d'arte e occuparono le città colpite mettendosi a disposizione della popolazione in difficoltà, aiutarono a ripulire le case, a trasportare infermi/e anziani/e handicappati/e ecc. ecc.; già che c'erano cominciarono a chiedersi ad altissima voce perché a scuola non si impara a leggere la realtà, quella meteo e quella sociale, insomma di lì a qualche mese ebbe inizio il Sessantotto di casa: collegandosi con i movimenti studenteschi di Francia Germania Spagna Canada e Usa fecero ben presto il famoso famigerato Sessantotto.

Che cosa sta muovendosi ora? le donne in Europa stanno avviando il movimento “Yo decido” per riconfermare l'autodeterminazione minacciata; già hanno messo all'ordine del giorno dell'agenda politica il Femminicidio e approvato la Convenzione di Istambul “No more”. Ma perché Letta può andare in visita ufficiale in Messico e nessuno -a parte l'Udi- gli ricorda o raccomanda di portare la notizia che ciò che capitò in Messico a Ciudad Juarez è stato deplorato unanimemente dal parlamento italiano?: vorremmo qualche risposta; nella nostra politica internazionale non ci sono solo i tiratori scelti sotto accusa in India, ci pare.

Si sta facendo un gran parlare dei giovani (sempre solo maschi) disoccupati e oramai inoccupati e forse inoccupabili (questa è la parabola che gli studi sociologici assegnano al “fenomeno”): orbene, sarebbe giusto spiegare che si tratta di un percorso comprensibile e non di un fenomeno naturale o di smemoratezza; inoltre sarebbe molto utile e in ogni caso doveroso dire se in proporzione la cosa riguarda più le ragazze o i ragazzi: non si può affrontare nessun fatto sociale senza determinarne le caratteristiche di classe e di genere, si sa da tempo.

Ma non ci viene detto nemmeno se nelle elezioni l'astensione è proporzionalmente maggiore tra gli elettori o le elettrici, eppure il voto viene raccolto diviso per genere, si tratta di dati che bisogna CANCELLARE per non dirli, perché dai risultati sono immediatamente disponibili. La disoccupazione fino alla inoccupabilità delle giovani donne è in proporzione maggiore o minore di quella dei loro coetanei maschi? non sarebbe una novità: in genere prima del Sessantotto le donne che erano licenziate non diventavano disoccupate, bensì “casalinghe”: questa categoria sociale sta ridiventando significativa e sostenuta da politiche del lavoro indirizzate prevalentemente ai maschi. Fa il paio con la caduta dei sindacati da agenti contrattuali a corporazioni con arbitrato obbligatorio. Per non parlare delle cooperative, per carità di Emilia un tempo rossa.

 

Lidia Menapace



 
 
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