Con cinque striminzite paginette, il Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in difesa della legge n. 49/2006, sedicente legge “Fini-Giovanardi”, che esattamente otto anni fa fece di tutta l’erba un fascio, unificando le tabelle degli stupefacenti e di conseguenza anche le pene previste (questo ha significato passare, per la cannabis e i suoi derivati, da una pena con minimo di due e massimo di sei anni di reclusione a una pena da sei a venti anni di reclusione); e lo fece in modo subdolo, nascondendo questo pesante aggravamento del regime proibizionista all’interno di un decreto-legge nato per finanziare le Olimpiadi Invernali di Torino del febbraio 2006.
L’11 febbraio prossimo la Consulta dovrà esprimersi sulla costituzionalità della Fini-Giovanardi.
Riteniamo, innanzitutto, il ricorso del governo politicamente incomprensibile. Enrico Letta ci risulta essere sempre esponente di punta di quel PD che otto anni fa criticò apertamente in aula sia i contenuti della “Fini-Giovanardi” sia le modalità con cui venne imposta al Paese, privando il Parlamento di un dibattito adeguato alla portata delle modifiche apportate al Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/1990). Ed Enrico Letta è stato il primo ad applaudire i recenti interventi del presidente della Repubblica che hanno pesantemente stigmatizzato una decretazione d’urgenza abnorme, che è andata ben oltre i paletti costituzionali.
Il ricorso è, inoltre, tecnicamente risibile. L’Avvocatura dello Stato imputa alla Corte di Cassazione, che ha richiesto il pronunciamento della Consulta, di non aver tenuto conto che nel giudizio di merito la pena inflitta all’imputato – accusato del trasporto di circa quattro chili di hashish – avrebbe potuto essere diminuita applicando l’attenuante del “fatto di lieve entità”. Ebbene, anche gli studenti universitari al primo anno di Legge sanno che la Cassazione non può applicare attenuanti, ma solo controllare – come puntualmente ha fatto nel nostro caso – se i giudici di merito le hanno negate legittimamente. Le carceri sono piene di migliaia di detenuti cui l’attenuante viene negata dai nostri tribunali per la detenzione di quantitativi di cannabis inferiori anche cento volte a quello che ha indotto la Cassazione ad inviare il processo alla Consulta.
Rita Bernardini e Giulio Manfredi
Fonte: www.radicali.it