La ragazza con l’orecchino di perla, con la Gioconda di Leonardo e L’urlo di Munch, è unanimemente riconosciuta come una delle opere d’arte più note, amate e riprodotte al mondo. Per alcune settimane, ed esattamente dall’8 febbraio al 25 maggio 2014, il capolavoro di Vermeer sarà in Italia, a Bologna, accolto con tutti gli onori del caso a Palazzo Fava, che è parte del Genus Bononiae. Sarà la star indiscussa di una raffinatissima mostra sulla Golden Age della pittura olandese, curata da Marco Goldin e da Emilie Gordenker, direttrice del Mauritshuis Museum de L’Aia dove il capolavoro di Vermeer è conservato, e dal quale provengono tutti i dipinti in esposizione a Bologna.
La Ragazza con l’orecchino di perla (1660-65 – Olio su tela, 46,5x40 cm) è uno dei quadri più straordinari e più emblematici della produzione di Vermeer, l’unico che presenti una figura su uno sfondo in ombra e indistinto, dipinta a distanza tanto ravvicinata da non consentire una ambientazione spaziale. Di fronte a questo mistero racchiuso in tanta bellezza ci si domanda che cosa colpisce di più e immediatamente dell’opera di Vermeer. Certamente, proprio il fatto di essere riuscito a dare vita a un’immagine assoluta che supera i limiti del modello, per assumere i segni di una realtà ricreata in uno spazio senza tempo, rivelata dalla luce. E infatti proprio nella luce, nell’interpretazione e nella resa dei volumi accarezzati dalla colata di “perle macinate”, l’opera di Vermeer si differenzia assolutamente dai ritratti di Rembrandt o della Gioconda di Leonardo, cui viene spesso accostata. Perché mentre Rembrandt quasi invocando una luce d’alchimia, distrugge la forma nella luce che sembra divorarla, e mentre Leonardo vela con stati d’ombra il volto di Monna Lisa nascondendo nel buio il segreto dello sguardo e del sorriso, Vermeer costruisce il suo volto con la luce, o meglio ancora con i colori di luce che vede come colori per se stessi, isolando anche le ombre colorate. Come sempre appare quell’accordo poetico tanto amato da Vermeer: la combinazione tra giallo della veste e del turbante, e l’azzurro della fascia che avvolge la fronte della ragazza, il cui viso è valorizzato dal candore del colletto, dal buio misterioso dello sfondo, dal riflesso degli occhi e della perla. Osservando il dipinto per qualche minuto, lo spettatore ha l’impressione che quel viso fosse girato dall’altra parte; poi come un magico richiamo, la ragazza col turbante si volta, di nuovo, verso l’osservatore, e guarda il suo pubblico con gli occhi che hanno lo stesso splendore della perla all’orecchio, e la stessa profondità dello sfondo infinito, da cui sembra apparire. Sembra quasi che voglia dirci qualcosa, il volto appena reclinato, la bocca socchiusa: ma forse è solo un’illusione, come è un’illusione quel viso che fra un istante, lo spettatore ha l’illusione che si possa rigirare dall’altra parte… Secondo una tesi di Malraux, che però trova scarso seguito, il soggetto sarebbe il ritratto dell’ultimogenita dell’artista. Il dipinto, forse tra i più belli di Vermeer, ha ottenuto una celebrità tale da essere chiamato la “Gioconda del Nord”. Poche volte nella storia dell’arte abbiamo incontrato uno sguardo simile. Che cosa rende questo sguardo così profondo, così coinvolgente e integrante? Non solo la resa pittorica, l’espressione stessa dello sguardo, lo scorcio del viso e quel modo di guardare di lato, anche e soprattutto il raddoppio della luce dello sguardo nella splendida perla che pende dall’orecchio… Nella luce di Vermeer tanto incorruttibile.
Quanto dolce, niente vale la testimonianza della vera qualità. L’arte è qui dunque spogliata d’ogni artificio, riportata alla sua ragione d’essere. Perché essa non è, in ultima analisi, che un tentativo dell’uomo per impadronirsi del mondo e di sé medesimo, attraverso l’immagine che ne saprà dare, al fine di raggiungere il più alto livello di valore che è capace di concepire.
La Ragazza con l’orecchino di perla evoca, dunque, bellezza e mistero e il suo volto da oltre tre secoli continua a stregare coloro che hanno la fortuna di poterla ammirare dal vero. O che magari l’hanno scoperta attraverso i romanzi e il film, di cui la bellissima ragazza dal copricapo color del cielo è diventata, forse suo malgrado, protagonista. Il suo arrivo in Italia è il frutto straordinario di una trattativa durata un paio d’anni, a partire dal momento in cui il Mauritshuis – scrigno di opere somme di Vermeer fino a Rembrandt – è stato chiuso per importanti lavori di restauro e ampliamento, che ne vedranno la riapertura il prossimo 27 giugno.
La ragazza con l’orecchino di perla non sarà sola. A Bologna sarà accompagnata da altri 36 capolavori provenienti dal Mauritshuis, come Diana e le sue Ninfe quadro di grandi dimensioni che rappresenta la prima grande opera a essere stata realizzata da Vermeer. E ancora, ben quattro Rembrandt e poi Franz Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthortst, Hobbema, Van Ruisdael, Steen, ovvero tutti i massimi protagonisti della Golden Age dell’arte olandese.
Accanto a questa mostra, viene proposto un altro evento dal titolo “Attorno a Vermeer”, un omaggio tributato da venticinque artisti italiani contemporanei, da Guccione a Sarnari, da Raciti a Forgioli, scelti da Marco Goldin per il senso della loro adesione all’intima idea specialmente del medium luminoso vermeeriano, senza distinzione tra figurativo ed astratto.
Maria Paola Forlani