Noi siamo la nostra mancanza...
il resto è cronaca che ci consuma
Domenico Brancale
Ti cadono addosso i versi di Domenico Brancale.
Il loro involucro contiene il tuo, la voce profonda della sua stessa lettura ti parla dentro, l’emozione delle stesse mani che tengono stretti i suoi fogli di carta quasi gialli vibra nella tua testa, e la tua pelle riconosce...
È il poeta della Basilicata, Domenico Brancale, ad aver aperto la rassegna POESIA ALLE CARCERI, questa domenica pomeriggio 26 gennaio, in un’intelligente iniziativa organizzata presso il gustoso ristorante Le Carceri di Pavia. In programma una domenica pomeriggio al mese dedicata alla poesia, e all’incontro del poeta con gli appassionati della parola e del messaggio sincero riposto in essa. (in allegato la locandina, ndr)
Presentato da Anna Ruchat, che insieme ad Andrea De Alberti e Emmanuela Carbè, è autrice di questa proposta, il giovane poeta viene introdotto anche attraverso la letture delle parole del poeta Michele Ranchetti: «Le sue poesie hanno il carattere di affermazioni assolute in uno spazio senza tempo, o di scritte su lapidi immaginarie. Non ci viene detto da chi e quando siano state dette, o piuttosto esclamate, scritte o piuttosto scolpite, o a chi siano rivolte. A differenza di altre poesie, non si rinviene in esse alcun destinatario. Le figure sono assenti, sia il poeta, sia il tu, che per solito sostituisce l'autore: esse, si crede, si offrono nella loro perentorietà come se fossero evidenti le loro ragioni, il loro tempo, le passioni assolute di cui si fanno veicolo».
L’incontro con l’artista è generoso, comunicativo, nudo, vibrante, e fatto soprattutto di molti minuti dei suoi stessi versi che raccolgono l’eternità della vita e delle sue vibrazioni, con scritti dalla nuova raccolta Controre (ed. Effigie) ed inediti, tenendo noi ospiti appesi ad ogni significato apparentemente stravolto e rapiti in quelle dimensioni capovolte, dall’inizio alla fine, con la stessa intensità, con la stessa emozionante serietà e passione.
Nato a Sant’Arcangelo in Lucania, vive tra Venezia e la Francia, collabora con la Galerie Bordas di Venezia, si occupa di libri grafici, e ha pubblicato Cani e Porci (Ripostes, 2001), Canti affillati (2003), L’ossario del sole (Passigli, 2007), Incerti umani (Passigli, 2013). Ha curato il libro Cristina Campo In immagini e parole (Ripostes, 2002), e tradotto Cioran, Michaux, John Giorno, Claude Royet-Journoud, Victoria Xardel, e ha collaborato con Tobias Eisermann alla traduzione in tedesco delle poesie in dialetto tursitano di Albino Pierro, il poeta al quale principalmente Brancale deve l’inizio della sua passione per la poesia.
L’argilla abita gli occhi. Ogni nervo. S’insinua nel corpo.
Mi concede le crepe. Muta di respiro.
Non sono bastati trentaquattro anni a fermarla, a credere di cancellarla
dalla memoria.
Forse dovremmo custodire solo quello che non sappiamo,
L’impossibile in cui è radicato il passo di ogni persona.
La polvere contro cui s’infrangono respiro e azione.
L’argilla sa di vuoto.
Barbarah Guglielmana