Abbiamo un primo resoconto di quanto si sono detti i volenterosi riuniti intorno a un tavolo, oggi pomeriggio, per il primo giro d'orizzonte su come cambiare la Legge Finanziaria. La novità di questa iniziativa, ciò che la rende potenzialmente dirompente, è la trasparenza. Difficilmente si è visto in Parlamento un dialogo così aperto e trasversale che non sia subito trasceso nell'inciucio e scaduto in chiacchiericcio da corridoio.
Stavolta è tutto alla luce del sole. Il primo documento uscito dalla riunione di oggi dimostra che i volenterosi mirano con chiarezza al raggiungimento di precisi obiettivi di riforma. Seguiranno proposte più precise, usciranno veri e propri emendamenti. Sapremo da dove vengono e a cosa puntano. Potremo valutarli e verificarne il successo o l'insuccesso.
È tutto molto difficile, a causa dei rispettivi opportunismi, ma tentar non nuoce. Di sicuro, scendere subito in piazza sarebbe del tutto inutile, persino controproducente. Non mi pare, d'altronde, che il Governo veda questa operazione come una «ciambella di salvataggio» per la Finanziaria. È vero piuttosto il contrario.
Quanti nel centrodestra propongono di lanciarsi in un'opposizione dura e totale, in Parlamento e fuori, lo fanno sapendo che l'effetto sarebbe quello di ricompattare la maggioranza (anche al Senato) e quindi di garantire un risultato del tutto opposto al fine dichiarato di affossare del tutto la Finanziaria.
Purtroppo, l'affossamento della manovra così com'è non avverrà mai ed è onesto dirlo. Se invece, attraverso il «tavolo dei volenterosi», si riuscirà a introdurre qualche elemento di contraddizione, è possibile (anche se improbabile) che passino dei sostanziali cambiamenti da poter rivendicare. E se dovessero passare con il voto di parte dell'opposizione e parte della maggioranza, Prodi e il suo Governo si troverebbero in grave difficoltà.
Infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, anziché fiaccare, minare la determinazione allo scontro nel centrodestra, il «tavolo dei volenterosi» rappresenta una prova di maturità per il Governo, la cui tenuta è tanto più a rischio quanto più tenterà di blindare la manovra e di chiudersi a riccio.
Come ha registrato Massimo Franco, sul Corriere di oggi, il tavolo risulta piuttosto «ingombrante» per Prodi, «convinto da sempre che qualsiasi mano tesa oltre i confini dell'Unione sia un pericolo». Le adesioni crescenti di ora in ora, e i tentativi di delegittimazione dell'iniziativa Capezzone-Messa già messi in piedi, hanno avuto finora anche il merito di identificare i veri difensori di questa Finanziaria: Prodi e Rifondazione comunista.
Ma per i comunisti «il sostegno a Prodi non è un gesto di generosità». Spiega Franco, che «politicamente hanno un ruolo e un futuro solo se il centrosinistra si blinda. Qualunque fantasma di allargamento azzera il loro potere; e in parallelo ridimensiona la leadership prodiana». Ecco ciò che li tiene insieme e perché vedono con sospetto e timori crescenti il tavolo.
È chiaro che la mission dei volenterosi rimane impossible, nonostante le buone intenzioni dei promotori confermate dal primo incontro di oggi. Di fronte al rischio che un qualsiasi emendamento uscito da quel tavolo, anche il più innocuo (figuriamoci se in grado di cambiare volto alla manovra), passi con il voto di settori dell'opposizione, Prodi sarà spinto a porre la questione di fiducia. A quel punto, l'opposizione (con buone ragioni) alzerà il muro.
E allora? Tanto valeva non provarci neanche? No, per due motivi. Primo, battersi per degli obiettivi concreti, per migliorare una delle leggi più importanti dell'intera legislatura, in modo pragmatico e senza inciuci, vale sempre la pena, dal momento che opporre solo una strenua ma sterile opposizione non farebbe che aumentare le probabilità che passi così com'è. Secondo, più impegno verrà profuso, più buon senso verrà impiegato, più sostanza uscirà dal tavolo, e maggiori saranno i costi politici che quanti volessero rovesciare tutto dovranno pagare.
Lo spazio di manovra dei radicali, in tutto questo, è piuttosto ristretto. Eppure, obbligato. Siamo di fronte a una Finanziaria alla quale non sarebbe sufficiente apportare alcune correzioni. Occorre ribaltarne la logica: dalle tasse alle riforme strutturali sulla spesa.
Obiettivi ambiziosi, ma se i radicali dessero l'impressione di inserirsi nel gioco delle parti, o di mirare a risultati di facciata - oltre che perdere l'apporto dei deputati di opposizione, decretando anzitempo il fallimento del tavolo - verrebbero meno all'impegno preso con i propri elettori, perderebbero ogni credibilità rispetto alla ragione, da essi stessi dichiarata, della loro presenza parlamentare: una postazione, un fronte, dal quale rilanciare continuamente la sfida per l'«alternativa» liberale.
Sarebbe certo velleitario, oltre che ridicolo, che i radicali, o anche la Rosa nel Pugno, sbandierassero ricatti dinanzi al Governo o all'Unione, non essendo numericamente determinanti alla Camera e assenti al Senato. Tuttavia, per essere credibili nello spazio politico entro il quale si vuole agire, occorre dirsi - e dire - che se l'impianto della Finanziaria dovesse rimanere quello uscito da Palazzo Chigi, non potrebbe raccogliere il voto della piccola pattuglia radicale.
Federico Punzi
(da Notizie radicali, 11 ottobre 2006)