Il genio sofferente e sofferto di Giacomo Leopardi. Chi nel corso della propria vita non si è talora immedesimato con il poeta recanatese? L'universalità del dolore della condizione umana e, nonostante tutto, la speranza affidata alla parola poetica e, oltre il pessimismo, il riscatto esistenziale sempre possibile.
Chi era Leopardi? Chi era quel pallido e gracile ragazzino? Chi era quell'uomo deforme di corpo e alato di spirito? Per capire Giacomo basta visitarne la Biblioteca dell'avita dimora Leopardi: là se ne trova lo spirito, là esso aleggia. Da quel luogo si esce profondamente commossi.
Va in scena sino al 26 gennaio al Teatro “Leonardo da Vinci” Fuori misura (il Leopardi come non ve l'ha mai raccontato nessuno), Andrea Robbiano e di Valeria Cavalli che ne è anche co-regista, insieme con Claudio Intropido, il quale ha collaborato al testo. Il cast è completato da Pietro De Pascalis, assistente alla regia e voce fuori campo e Gipo Gurrado, deus ex machina delle musiche, mentre la Professoressa Simonetta Muzio ha offerto la propria collaborazione didattica. Ed è proprio un docente, il Professor Roversi, a doversi sulla scena misurare con una classe, che invero sarà rappresentata dalla comunità di spettatori in teatro. Il giovane professore – 110 con lode in Lettere e Filosofia – è costretto a lavorare in un call center quando, finalmente, riesce a ottenere l'incarico di una supplenza, e proprio nella scuola media che da ragazzo aveva frequentato. Colei che gli lascia la cattedra gli affida anche un compito: spiegare “vita e opere di Giacomo Leopardi”. Ed ecco la classe-pubblico... «una magica e coinvolgente “lezione” nella quale si mescoleranno poesie, riflessioni personali, interazioni con la platea, momenti di grande ironia e divertimento. spettacolo che partendo dalla dolorosa vicenda umana e dallo stupefacente estro poetico di Leopardi coniuga in sé tutte le sfumature dell’animo umano».
Vale la pena di scorrere per intero la nota di Valeria Cavalli:
«L'idea di Fuori Misura è nata in un pomeriggio invernale. Davanti a me camminava un gruppetto di ragazzi che si lamentava a gran voce di una professoressa di italiano che il giorno dopo avrebbe interrogato su una poesia a scelta di Giacomo Leopardi. “La ginestra no, è troppo lunga, Il passero solitario è troppo triste”. La ragazzina bionda sceglie A Silvia perché anche lei si chiama così e due di loro sono indecisi: L'infinito o La sera del dì di festa? Non lo saprò mai perché si sono messi a correre per non perdere l'autobus. E così, sull'onda di quelle parole e presa dai ricordi di gioventù, ho cominciato a ripensare ai giorni di scuola, ai banchi, agli sguardi assonnati di noi studenti e a quelli indagatori dei prof, ai muri verdolini che hanno ascoltato teoremi, sintassi, formule, versioni in latino, interrogazioni di storia e anche tante poesie lette e recitate a memoria come fossero la lista della spesa. Ho ricordato le ore passate a studiare, a tradurre, a parafrasare poesie scomponendole faticosamente al punto che spesso il senso vero e profondo si perdeva nell'utilità didattica. Ho ritrovato quelle parole, quei versi che sono rimasti impigliati nella memoria e che ancora oggi mi commuovono e mi rapiscono.
Senza fare troppa fatica li collego immediatamente a lui, a Giacomo Leopardi, un poeta strabiliante, innamorato della vita, del sapere, che ebbe un'esistenza tribolata, non accettato dai suoi contemporanei. Ripensandolo ora che sono adulta, trovo nei suoi scritti la bellezza, l'intelligenza di un genio. Da studentessa ho solo il ricordo della sua visione pessimistica della vita e della noia che assaliva la classe intera al solo nominare il suo nome mentre non c'era sentimento a lui più odioso della noia... “la più sterile delle passioni umane. Com'ella è figlia della nullità, così è madre del nulla: giacché non solo è sterile per sé, ma rende tale tutto ciò a cui si mesce o avvicina”.
Non ho la presunzione di dire che Fuori Misura analizzi a fondo l'opera omnia del Leopardi, un'immensa produzione letteraria che va dalla poesia alla filosofia, non ho i titoli per dare una visione critica, profonda e sapiente. Uno spettacolo è quanto di più lontano da una conferenza, non illustra, non approfondisce, non teorizza ma al contrario trasforma un pensiero, un'idea in qualcosa di tangibile. In Leopardi c'è proprio tutto, dalla critica all'affabulazione, dalla prosa ai versi, ed egli tocca tutti i grandi temi dell'uomo a volte con tragicità altre con ironia, a volte con dolcezza altre con amarezza. Tutto è talmente grande in Leopardi che sarebbe pretenzioso voler portare in scena anche solo parte della sua produzione letteraria e riassumere l'arte è un'impresa impossibile.
Mi sono così concentrata così sulla vita a partire dalla sua nascita in un'epoca lontana da noi, in un isolato palazzo situato nella cittadina marchigiana di Recanati ma soprattutto ho sottolineato “l'allegrezza pazza” che riempiva le sue giornate, il suo desiderio di assomigliare ad Achille, l'eroe perfetto, la sua inclinazione a teatralizzare gli eventi, la sua sete di sapere e “del meraviglioso che si percepisce con l'udito e con la lettura”. Giacomo era dunque un bambino felice e talentuoso. Poi da “sano e dritto”, come lo descrive il medico di famiglia, Giacomo in qualche anno diventa “consunto e scontorto”, perché aggredito dal morbo di Pott, una forma di tubercolosi ossea, che deforma il suo scheletro e lo infragilisce giorno dopo giorno.
Di speranza, di sogno, di segrete fonti di energia, di sofferenza insopportabile è intrisa tutta la sua poetica che affascina per la sua bellezza dolorosa e che emoziona perché pervasa di un desiderio mai appagato di amore e di consolazione. A quel punto però avevo bisogno di qualcuno che sapesse raccontare tutto questo sul palcoscenico e non ho potuto fare a meno di non pensare a un insegnante, immaginandolo come il professore che tutti vorrebbero avere: un giovane supplente, pieno di passione, di vita, timido ma anche acceso, che ha coraggio, azione, che sa far sorridere ma anche commuovere. E, insieme a Claudio Intropido, regista insieme a me dello spettacolo, abbiamo deciso che Fuori Misura sarebbe stato un monologo, o meglio un dialogo con il pubblico, abbattendo così la convenzione della quarta parete teatrale e creando un rapporto empatico con gli spettatori. Il nostro protagonista, un bravissimo, eclettico, coinvolgente e straordinariamente credibile Andrea Robbiano, riesce a fondere l'immensità poetica di Giacomo Leopardi con la vita di ognuno di noi affinché, lontani da approfondimenti e parafrasi, ci si possa tutti davvero tuffare in quell'universo immaginifico che Leopardi ci trasmette attraverso le sue opere.
Fuori Misura non è quindi un saggio recitato sul palco, non è neppure una biografia, è un'appassionata e coinvolgente “lezione” sul poeta che inevitabilmente ci porta a ragionare sull'essere “fuori misura”, sulla difficoltà di essere conosciuti nel mondo solo per il nostro involucro corporeo. Giudicati, a volte offesi e avviliti, in una società che è più portata ad allontanare che ad accogliere, ad accettare ciò che è ragionevolmente “nella norma”.
Grazie quindi a Giacomo per le parole ragionevolmente irragionevoli ma soprattutto per averci regalato tanta bellezza».
Un intervento, quello di Valeria Cavalli, magistrale, esaustivo, toccante, empatico.
Alberto Figliolia
Sino al 26 gennaio. Teatro Leonardo da Vinci, Via Ampère 1, angolo piazza Leonardo da Vinci, Milano. Fuori misura (il Leopardi come non ve l'ha mai raccontato nessuno). Informazioni e prenotazioni: tel: 02 26681166 dal lunedì al sabato, dalle 15 alle 19, biglietteria@teatroleonardo.it, www.teatroleonardo.it. Date e orari: dal martedì al sabato ore 20,45; domenica ore 16. Prezzi: dai 10 ai 22 euro.