Lettera al “Che”
Che, ricordi ancora quel tempo
della tua vita mortale
quando il Sole splendeva
sulla Sierra Maestra?
Allora la nostra forza
era in te, trasferita oltre l'oceano
da viaggiatori accattoni
e profeti infacondi.
E tu anche per noi andavi
per le campagne dal profumo
di avana, come dicessi:
“Lasciate che i poeti costruiscano il mondo”.
Che, ricordi ancora il navigare
del Granma, nell'aria dal profumo
di vele, nelle notti aperte
all'incanto dei cieli?
Noi andavamo tra le case e le strade
perdendo e ritrovando i tuoi occhi
sulle carte del mondo.
Non avevamo che un letto di trine
e notti chiuse in bottiglie scure.
E tu anche per noi salivi
sull'altipiano andino
incontro ai minatori defraudati
del sole, ai campesinos della Bolivia
ammutoliti dal vento.
Ma nel canalone di El Yuro
il Tempo ti raggiunse:
in una scuola smurata
qualcuno ritrasse il tuo volto
di Cristo deposto, simile (rammenti?)
a quello del cieco lebbroso di Huambo.
Uscimmo per ricordarti dalle case:
ma il Sogno chiudeva i suoi occhi
davanti alla strada senza sbocco,
come una foglia d'autunno
cadeva dall'albero della nostra vita.
Gino Songini
(da 'l Gazetin, dicembre 2013)