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Vargas Llosa ricorda i suoi giorni a Cuba con l'ultimo romanzo di Cabrera Infante 
di Gordiano Lupi
06 Gennaio 2014
 

Vargas Llosa crede che Mapa dibujado por un espía (Mappa disegnata da una spia) sia una testimonianza cruda e atroce di cosa significa una Rivoluzione quando l'euforia e l'allegria del trionfo finiscono e lasciano il posto al potere assoluto.

 

 

Sto leggendo Mapa dibujado por un espía, forse il regalo di Natale più gradito, che un amico mi ha fatto arrivare appositamente dagli Stati Uniti. Non finirò mai di ringraziarlo, perché ho letto tutto del grande scrittore cubano, Premio Cervantes e Nobel mancato, che ci ha lasciati troppo presto per colpa di una maledetta setticemia contratta in ospedale, a Londra. Attendo di aver completato la lettura – in spagnolo – per scrivere un commento definitivo, che anticipo più che positivo. Cabrera Infante racconta il suo ultimo viaggio a Cuba in occasione del funerale di sua madre e al tempo stesso descrive il cambiamento in negativo della Rivoluzione, in procinto di diventare una dittatura. Lo scrittore parla di se stesso in terza persona, come se fosse un personaggio da fiction, ma la storia è una sorta di diario, scritta in un castigliano semplice, una tantum privo degli artifici verbali che contraddistinguono lo stile del narratore. In questo pezzo riporto l'opinione di Mario Vargas Llosa – premio Nobel e grande estimatore di Cabrera Infante, fu lui a proporlo per il Cervantes – che su El Pais ha pubblicato una forbita e colta recensione. Vargas Llosa afferma: «Mapa dibujado por un espía dovrebbe chiamarsi El mapa de la tristeza (La mappa della tristezza) per il sentimento di solitudine e di sgomento che lo caratterizza. Il libro racconta la visita di Cabrera Infante all'Avana, nel 1965, quando era incaricato culturale di Cuba in Belgio, e al tempo stesso narra la vita della capitale cubana e descrive con dovizia di particolari l'epoca successiva al trionfo rivoluzionario. Ho conosciuto Guillermo quando era ancora diplomatico a Bruxelles e faceva attenzione a non criticare la Rivoluzione Cubana, perché temeva le conseguenze. Sono stato a Cuba negli anni che lo scrittore descrive e ho parlato spesso con lui della Rivoluzione, convinto che tutti fossero contenti ed entusiasti della direzione intrapresa. Non era così, come ho capito dopo e come mi conferma questo romanzo postumo: simulavano, fingevano, perché temevano rappresaglie. Il libro narra i quattro mesi successivi alla morte della madre dell'autore, quando la sua posizione a Cuba cambiò repentinamente, nessuno lo ricevette al ministero, venne messo in disparte, privato di ogni incarico diplomatico. Nonostante questo, in precedenza, Raúl Roa si era complimentato con lui per come aveva gestito le cose a Bruxelles e gli aveva anticipato che con tutta probabilità avrebbe avuto una promozione. Perché Cabrera Infante veniva improvvisamente considerato un nemico della Rivoluzione? Il libro non contiene analisi politiche né critiche ragionate al governo rivoluzionario; al contrario, ogni volta che affronta il tema politico negli incontri tra amici, il protagonista tace e cerca di cambiare discorso, perché teme che nel gruppo ci sia qualche spia e che le cose dette possano arrivare – in un modo o nell'altro – agli orecchi dei funzionari del Ministero degli Interni. Il romanzo è permeato di questa diffusa paranoia, una sorta di sfiducia nei confronti del nuovo regime, che segna l'inizio di una via crucis psicologica che con il tempo metterà in crisi la sua vita e la sua salute, nonostante gli sforzi della moglie, l'attrice cubana Miriam Gómez, per infondergli coraggio e aiutarlo a scrivere sino alla fine. Questo romanzo postumo è una testimonianza cruda e realistica di quel che significa una Rivoluzione quando l'euforia e l'allegria del trionfo lasciano il posto al potere assoluto, a quel Saturno che prima o poi è destinato a divorare i suoi figli».

Guglielmo Cabrera Infante è il più grande scrittore cubano contemporaneo, uno dei migliori narratori ispanici di tutti i tempi. Ha lasciato un corpus narrativo di primaria grandezza, da Tre tristi tigri a La ninfa incostante (che mi onoro di aver tradotto in italiano per Sur – Minimum Fax), adesso torna stupire con un nuovo inedito portato alla luce da Miriam Gómez. Ricordiamo gli scritti di cinema, molto importanti, che sono usciti in una raccolta completa da pochi mesi. In Spagna e a Miami si sta storicizzando la sua produzione, compilando una sorta di enorme Meridiano di narrativa e saggistica. Purtroppo, in Italia non è facile trovare editori disposti a scommettere su Cabrera Infante. La letteratura non ha vita facile nel nostro paese. (Piombino, 16 dicembre 2013)


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