[...] la questione che il nome di Anterem custodisce è questa:
È ancora possibile dare vita ad una parola in grado di nominare ciò che ancora non è stato pensato? È ancora consentito al poeta di collocarsi, con la sua voce, nel luogo di nascita delle parole dove ancora le cose non ci sono e le parole sono ancora un “prima”, un “ante” rispetto alla cosa? (Flavio Ermini)
Fin dal titolo, Ambra Maria Rizzati sembra percorrere la via di questa ricerca suggerita dal poeta Flavio Ermini. Le voci ordinate a nominare il mondo che leggiamo nell’incipit della silloge indicano una modalità erratica di profonda meditazione. Un cammino di faticosa limpidezza dal quale emergono ricordi, immagini che rinascono e riverberano nuove luci ad ogni lettura in uno spazio che mentre fissa la parola-immagine va oltre, nella tremenda immensa vorticosa/ rosa dell’esistente, a voler cogliere il segreto dell’Imperdonabile/ che ti separa dalla vita. Il ritornare del proprio vissuto, la precisione degli oggetti – la scatola dei guanti… la bacinella di marsiglia…, il ripiegare il bianco di famiglia… il pavimento rosso – affiorano spesso da uno specchio che ne dilata la precisione in una atemporalità aperta a continue rivisitazioni. sulla necessità dell’esistente… avverti/ l’ombra di quei relitti gettar luce e ancora: le rispondenze del respiro in noi divino/ ritroveremo in un’ora che si lega/ con questa… Le voci che nel tempo si sono affievolite, tornano al nascere dell’alba con il suono della pioggia e verranno rinominate con i ricordi in una accoglienza che profuma di nuovo, di date da segnare, oggi, mentre la vita nello specchio di luna della porta, disegna un amore che erratico si veste di luci ed ombre e di profumi …i gradini che sanno/ il mutare del tempo nell’odore del lago… mentre il filodendro è torto di nostalgia. E tutto il creato condivide, respira, perché i versi di Ambra Rizzati respirano nella 'metafisicità' del reale vissuto dalle radici di una pianta a quanto dentro la dilania e lacera tra baratri e ironia, intesa quest’ultima nell’etimologia originaria di “depistaggio”, una sorta di “noli me legere”. Si susseguono ad esempio “Di certo/, puoi promettere solo un’agonia/… e Il solo augurio è ancora e sempre mancarti/ e peggio, se inopinata mi si svela/ la dolcezza d’un clivo/ cui l’inerme brunità, come di pube,/ lento carezza e commovente il buio.
Versi brucianti di passione e amore e fisicità sono quelli che leggiamo nella seconda parte della silloge. Con sapienza, la poetessa articola il testo in una tessitura stilistica studiata e precisa ed il registro è tale da armonizzare nella forma le distonie del cuore e il suo erratico andare. Anzi sembrerebbe quasi che lo 'strabordare' del suo animo trovi proprio nella perfezione della parola e della forma, una sorta di protezione e di conforto ad interrogativi che la chiamano insistenti ad una risposta.
Sotto lo sparato fuochi a crisantemo
Incenerati si scingono
Mentre assorta una voce nei significanti
Omette la verità che astrusi segni fingono.
E sono tutti in maiuscola i capoversi quasi a riprendere un pensiero, respirare forte… e ricominciare.
patrizia garofalo, natale 2013
Ambra Maria Rizzati, Erratica
Nota critica di Claudio Rugafiori
Albatros, Roma 2012, pp. 69