Opera d’arte ma anche oggetto stravagante, destinato a non passare inosservato.
È il cappello, un accessorio cui la galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze ha aperto le porte per un insolita mostra che si protrarrà fino al 18 maggio prossimo, dal titolo “Il Cappello fra Arte e Stravaganza”.
Il cappello è un capo di abbigliamento destinato a coprire in modo parziale o totale la testa. Serve per proteggersi dal sole, dal freddo o dalla pioggia ma anche per uso estetico oppure per scopi magici. È costituito solitamente da una visiera o da una tesa (o falda) e dalla cupola (o corona). Molti sono i materiali adatti a costituire un cappello, quello universalmente utilizzato è il feltro.
Nell’antico Egitto il Faraone ricopriva la parrucca con un berretto rosso o una tiara bianca, invece in Mesopotamia erano diffusi i turbanti o berretti di pelliccia, così come nell’antica Palestina i sacerdoti ebrei indossavano un cappello conico bianco. Se nell’età minoica le donne cretesi idearono forme varie e bizzarre, nell’antica Grecia e nell’antica Roma invece l’uso del cappello perse ogni importanza.
Durante il Medioevo le donne impreziosivano i cappelli con nastrini intrecciati o con fiori, invece per gli uomini era previsto un grande cappuccio che ricadeva sulle spalle, sostituito nel Trecento da un berretto caratterizzato da un codino che poteva cadere a destra o a sinistra a seconda della posizione politica e sociale. Proprio il Trecento diede le origini al cappello moderno ed il Rinascimento elevò questa usanza grazie alla sontuosità dei materiali e delle forme usati.
Con l’introduzione delle parrucche il cappello assunse dimensioni sempre più mastodontiche e per tutto il Settecento si impose il tricorno con le caratteristiche tre punte. Dopo il breve periodo rivoluzionario che pretese un ritorno alla semplicità, nell’Ottocento per gli uomini si diffuse una moda sobria, mentre per le donne invece dilagò la bizzarria e la stravaganza.
Per tutto il Novecento, il grande protagonista, non solo della moda ma anche della storia del costume, è il cappello che ha significato la sua trasformazione in strumento di comunicazione con il cinema, le arti e le passerelle degli stilisti. L’esposizione fiorentina si presenta come grande evento poiché, questa, è l’unica mostra monografica dedicata al cappello, mai realizzata prima d’ora, le cui collezioni, patrimonio del museo – ascrivibili alla generosità di molti donatori – ammontano a oltre mille unità custodite solitamente nei depositi, di cui soltanto una parte è stata destinata alla mostra. Pur prevalendo esemplari di note firme di casa di moda fra cui Christian Dior, Givercy, Chanel, Yves Saint Laurent, John Rocha, Prada, Gianfranco Ferrè e celebri modisti internazionali del presente e del passato come Philip Treacy, Stephen Jones, Caroline Reboux, Claude Saint-Cyr, Paulette, è anche la prima volta che sono presenti in esposizione manufatti di modisterie italiane e fiorentine, di alcune delle quali si conosceva appena l’esistenza.
Ed ecco che il cappello diviene ‘opera d’arte’, con un armonia estetica cui contribuiscono la conformazione scultorea, la composizione cromatica e la raffinatezza ornamentale. «In questa esposizione c’è uno sterminato giacimento di idee. La vera fenomenologia del cappello che va al di là del copricapo e dello strumento d’uso, militare o religioso che possa essere per l’uomo e per il decoro come lo è stato per secoli l’universo femminile. Ed è stato il Novecento il secolo della fantasmagoria del cappello femminile, colorato e bizzarro, estroso e talvolta impossibile, a cloche o a tesa, a toque ma sempre pieno di creatività ed inventiva, insomma, il cappello può essere il manifesto, una dichiarazione di se spesso molto più dell’abito» (Cristina Accidini).
Anche per la Direttrice delle Gallerie del Costume Caterina Chiarelli che ha ideato la mostra curata da Simona Fulceri e Katia Sanchioni (catalogo Sillabe), pensa che il cappello sia soprattutto un oggetto d’arte che “ci presenta all’esterno” e spiega come non si sia presa volutamente la strada del racconto cronologico preferendo quello del colore e delle forme scultoree.
Molto interessante la sezione dei cappelli donati da Cecilia Mateucci Lavarini e assai suggestivi e preziosissimi i bozzetti realizzati dal Maestro Alberto Lattuada che fanno da contrappunto di forte impatto in alcune sale.
All’evento ha contribuito anche il Consorzio ‘Il cappello di Firenze” di cui sono esposti alcuni esemplari più caratteristici delle principali aziende toscane della manifattura del cappello, eredi dell’antica lavorazione artigianale del Cappello di Paglia di Firenze.
Maria Paola Forlani