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Quattro poesie di Reina María Rodríguez 
Traduzione di Gordiano Lupi
Disegno di Garrincha, fumettista cubano
Disegno di Garrincha, fumettista cubano 
22 Dicembre 2013
 

...qué confusión me invade cuando despierto
y sé que estás cerca
qué confusión me invade cuando despierto
y no te puedo abrazar...”

 

che confusione mi pervade quando mi sveglio

e so che sei vicino

che confusione mi pervade quando mi sveglio

e non ti posso abbracciare…”

 

 

en pleno mediodía

 

en pleno mediodía, las palomas
reacias al sol han bajado por sombra
y las parejas se abrazan tiradas en la hierba
húmeda y reseca del verano.
yo espero por ti que no eres nadie,
que no eres alguno,
bajo este mediodía cálido junto a la fuente
y comprendo la necesidad del querer
como los escalares
uno encima debajo del otro
en esta pecera sin fondo de la realidad.
(el loco de ayer ha vuelto -son recurrentes
los locos, los poetas-)
yo, con la misma ansiedad
también he vuelto a buscar mi sombra diurna
todavía puedo quedarme aquí
y no volver a otro sitio donde
una vez arriba, otra abajo,
intente derrumbarte contra la hierba
húmeda y reseca del verano.

 

 

in pieno mezzogiorno

 

in pieno mezzogiorno, le colombe
restie al sole scendono all’ombra
e le coppie si abbracciano stese sull’erba
umida e secca dell’estate.
io attendo te che non sei niente,
che non sei nessuno,
in questo mezzogiorno caldo accanto alla fonte
e comprendo la necessità d’amare
come gli scalatori
in fila uno dietro l’altro
in questa vasca senza fondo della realtà.
(il matto di ieri è tornato - sono ricorrenti
i pazzi, i poeti -)
anch’io, con la stessa ansia
sono tornato a cercare la mia ombra diurna
ma posso fermarmi qui
e non tornare in altro luogo dove
una volta sopra, un’altra sotto,
finirei per crollare contro l’erba
umida e secca dell’estate.

 

 

 

la diferencia

 

yo que he visto la diferencia,
en la sombra que aún proyectan los objetos en mis ojos
-esa pasión de reconstruir la pérdida;
el despilfarro de la sensación-
del único país que no es lejano
a donde vas. donde te quedas.
sé que en la tablilla de terracota
que data del reinado de algún rey,
con caligrafía japonesa en forma de surcos
están marcados tus días.
los días son el lugar donde vivimos
no hay otro espacio que la franja que traspasan
tus ojos al crepúsculo.
no podrás escoger otro lugar que
el sitio de los días,
su diferencia.
Y en esa rajadura entre dos mundos
renacer a una especie (más estética)
donde podamos vivir otra conciencia de los días
sin los despilfarros de cada conquista.

 

 

la differenza

 

io che ho visto la differenza,
nell’ombra che ancora lanciano gli oggetti nei miei occhi
- quella passione di ricostruire la perdita;
il dilapidarsi della sensazione -
dell’unico paese che non è lontano
a dove vai. dove ti fermi.
so che nella tavoletta di terracotta
che proviene dal reame di qualche re,
con calligrafia giapponese a forma di solchi
sono segnati i tuoi giorni.
i giorni sono il luogo dove viviamo
non c’è altro spazio se non la fascia che oltrepassano
i tuoi occhi al crepuscolo.
non potrai scegliere altro luogo che
il posto dei giorni,
la sua differenza.
E in quella fessura tra due mondi
rinascere come una specie (più estetica)
dove poter vivere un’altra coscienza dei giorni
senza le perdite di ogni conquista.

 

 

 

la elegida

 

en esta tierra de polvo verde el Taj Mahal 
es el guardián de la muerte 
el sepulcro de la bienamada fallecida de parto 
una mañana de invierno en el Agrá. 
la luminosidad de mármol atrae 
a los peregrinos que acuden en la estación de las lluvias 
cuando el resto de la tierra está seca 
y sólo queda no reflejo 
sobre las aguas (no sabemos hacia dónde movemos 
si la superficie de la realidad es líquida, 
o está sumergida; si la descifraremos de atrás hacia 
adelante, para que todavía podamos significar
y en que sentido significaremos o esperar,
sobre esta tierra de polvo verde que es la vida
a que el clima haga el primer movimiento
en aquel lugar, donde fallecida de parto
una mañana de invierno en el Agrá
hay una estatua, no la lucidez de un día;
hay una sombra, una falsificación,
que se parece a la verdad.

 

 

l’eletta

 

in questa terra di polvere verde il Taj Mahal 
è il guardiano della morte 
il sepolcro della benamata morta di parto  
una mattina d’inverno nell’Agrá. 
la luminosità del marmo attira  
i pellegrini che accorrono nella stagione delle piogge  
quando il resto della terra è secca 
e solo rimane non riflesso 
sulle acque (non sappiamo in quale direzione ci muoviamo 
se la superficie della realtà è liquida, 
o sommersa; se la decifreremo da dietro in 
avanti, perché ancora potremo intendere
e in che senso intenderemo o attenderemo,
su questa terra di polvere verde che è la vita
fino a quando il clima farà il primo movimento
in quel luogo, dove morta di parto
una mattina d’inverno nell’Agrá
c’è una statua, non la lucidità di un giorno;
c’è un’ombra, una falsificazione,
che rassomiglia alla verità.

 

 

 

la foto del invernadero

 

fue la que siempre quisimos y faltó.
el invernadero estaba junto al parque
con sus cristales húmedos bajo el sol que entraba
en la tarde, o en la mañana, a colorear sus plantas.
yo me paseaba contigo de la mano -eras
de estatura un poco más bajo que yo-
y así alcanzaba a ver, desde esa altura,
los tallos quebrados por mi madre
que componía y podaba las macetas de bunganvillas.
nunca entramos, éramos demasiado pequeños
para invadir la zona de confianza de esos seres extraños
que permanecían dentro. estábamos afuera.
saltando con nuestra energía sin razón
excluidos de la paciencia de las manos de mi madre
pero es allí donde quisiera vivir...
en el lugar inexacto de una foto que falta
para que no imites otra vez, o intente imitar el ser que soy.
el paisaje prohibido donde pondríamos el amor
con exclusividad. 
el paisaje del deseo, que no se suponía o se reproducía a cada instante 
y que permaneció oculto para nosotros
-la algarabía de ser niños no nos dejaba ver
"todos andábamos a la caza de una flora insectívora".
éramos suspicaces. ahora, acomodo en mi mente
la mente del invernadero. su llama tibia
en el centro de las imágenes haciéndonos creer que algo temblaba
o que podría no ser alcanzable.
esa incertidumbre del temblor donde cruje la madera
y la realidad se distorsiona y parte en dos lenguajes.
fue la que siempre quisimos y faltó.

9 de marzo del 95

 

 

 

la foto della serra

 

fu lei che sempre desiderammo ma ci mancò.
la serra era accanto al parco
con i suoi vetri umidi sotto il sole che entrava
nella sera, o nella mattina, a colorare le sue piante.
io passeggiavo con te per mano - eri
di statura un poco più basso di me -
e così riuscivo a vedere, da quell’altezza,
i gambi spezzati da mia madre
che componeva e potava i vasi di bunganvillea.
non entrammo mai, eravamo troppo piccoli
per invadere la zona di fiducia di quegli esseri strani
che restavano dentro. stavamo fuori.
saltando con la nostra energia senza ragione
esclusi dalla pazienza delle mani di mia madre
ma era lì che avrei voluto vivere...
nel luogo imprecisato d’una foto che manca
per non imitare un’altra volta, o tentare di imitare quel che sono.
il paesaggio proibito dove ponevamo l’amore
in maniera esclusiva. 
il paesaggio del desiderio, che non si supponeva o si riproduceva

[ogni istante

 e che restò occulto per noi
- l’indecifrabilità d’esser bambini non ci lasciava vedere
“tutti andavamo a caccia d’un fiore insettivoro”.
eravamo diffidenti. Adesso, sistemo nella mia mente
la mente della serra. la sua fiamma tiepida
nel centro delle immagini per farci credere che qualcosa tremava
o che poteva non essere raggiungibile.
quella incertezza del tremore dove scricchiola il legno
e la realtà si distorce e si divide in due linguaggi.
fu lei che sempre desiderammo ma ci mancò.

9 marzo del 95

 

 

 

Reina María Rodríguez. Poetessa cubana nata all’Avana nel 1952. Laureata in Letteratura ispanoamericana all’Università dell’Avana, è senza ombra di dubbio una delle figure più importanti della poesia cubana contemporanea. Ha lavorato come redattrice di programmi radiofonici e ha diretto la sezione di Letteratura della Associazione Hermanos Saíz. Ha pubblicato su riviste americane ed europee, la sua opera è stata tradotta in diverse lingue. Ha vinto, nel 1980 e nel 1993, il premio di poesia “Julián del Casal”, assegnato dalla Unione degli Scrittori e Artisti di Cuba (Uneac); il premio “Revista Plural” in Messico, nel 1992, e il premio “Casa de las Américas”, nel 1984 e nel 1998. Nel 1999, ha ricevuto l’“Ordine delle Arti e delle Lettere di Francia”. A dicembre del 2013 ha vinto il “Premio Letterario Nazionale di letteratura”, assegnato dall’UNEAC, il massimo riconoscimento letterario cubano. Presidente di giuria era Leonardo Padura Fuentes. Ha pubblicato: Cuando una mujer no duerme (1980), Para un cordero blanco (1984), En la arena de Padua (1991), Páramos (1993), Travelling (1995), La foto del invernadero (1998), Te daré de comer como a los pájaros… (2000). All’Avana dirige il progetto culturale “Casa de Letras” ed è editrice della rivista Azoteas.


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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