La poetessa cubana Reina María Rodríguez ha vinto il Premio Nazionale di Letteratura 2013, il riconoscimento letterario più importante che viene assegnato nell'Isola. La giuria, presieduta dal noto scrittore Leonardo Padura Fuentes (tradotto anche in Italia e pubblicato da Marcos y Marcos, il suo libro più noto è L'uomo che amava i cani), ha scelto Reina María Rodríguez, preferendola ad altri 17 candidati, con questa motivazione: «autrice di un'opera fondamentale che si è guadagnata uno spazio importante nel panorama della poesia cubana contemporanea, per l'alta qualità estetica, etica e concettuale».
Reina María Rodríguez (L'Avana, 1952), in passato, ha vinto altri premi importanti: “Distinción por la Cultura Nacional” (1998), “Orden de Artes y Letras de Francia” con il grado di Caballero (1999) e la “Medalla Alejo Carpentier” (2002). La poetessa riceverà il premio nel corso di una cerimonia prevista il 16 febbraio del 2014 nella Fortezza di San Carlo della Cabaña, all'interno del programma per la XXIII Fiera Internazionale del Libro.
Ho tradotto in questi giorni qualche sua opera per farla conoscere anche in Italia (in calce “a veces”, cui seguiranno a breve altre poesie, ndr). (Gordiano Lupi)
a veces
a veces él y ella jugaban al escondite en torno
los parvos de heno y los setos de ciruela podados
porque él entendía mucho de caballos y simientes
y olía a fruta desde el belfo a los cascos,
cuando sentado frente a ella con su abundante pelo amarillo
que estaba siempre tan revuelto como la melaza
y el agua de canela del tronco de aquel árbol de sus ojos
-de la supervivencia- eran los ojos que invadía la muerte
la sazón de la muerte con su espuma rojiza
(no hay palabra alguna para sacrificar la muerte
la muerte nunca está del lado de quien muere,
no señala su secreto en el acto de matar).
y ella entonces aportaba sus ojos que invadían la muerte
por encima de la sombra que entraba en el cieno.
yo tenía dieciséis años y lo veía venir
-lo abracé, como pude.
(debes olvidar toda argumentación, toda filosofía del desamparo)
me doblaba y mordía la punta de los dedos
tiznada de sagradas cenizas
bajo el calor de un sol meridiano
mi letra, su sílaba, simboliza el silencio después de la obsesión
-ella piensa en la divinidad.
no hacemos trampas.
el tiempo asesino le arrebata mi cuerpo y también
la abundancia del campo de la imaginación
donde todo fue amenazado
mientras la cosecha terminó de grabarse sobre el fango.
Reina María Rodríguez
a volte
a volte lui e lei giocavano a nascondino intorno
ai mucchi di fieno e alle siepi di prugne potate
perché lui s’intendeva molto di cavalli e sementi
e profumava di frutta dalle labbra ai piedi,
quando seduto di fronte a lei con la sua folta capigliatura bionda
sempre così in disordine come la melassa
e l’acqua di cannella del tronco di quell’albero dei suoi occhi
- della sopravvivenza - erano gli occhi che pervadeva la morte
il sapore della morte con la sua schiuma rossiccia
(non esiste nessuna parola per sacrificare la morte
la morte non sta mai dalla parte di chi muore,
non rivela il suo segreto nell’atto di uccidere).
e lei allora contribuiva con i suoi occhi che pervadevano la morte
sopra l’ombra che entrava nella melma.
io avevo diciassette anni e lo vedevo arrivare
- lo abbracciai, come potei.
(devi dimenticare ogni argomentazione, ogni filosofia dell’abbandono)
mi piegavo e mordevo la punta delle dita
annerita di sacre ceneri
sotto il calore d’un sole meridiano
la mia parola, la sua sillaba, simboleggiano il silenzio dopo l’ossessione
- lei pensa alla divinità.
non tendiamo inganni.
il tempo assassino rapisce il mio corpo e anche
l’abbondanza del campo dell’immaginazione
dove tutto è stato minacciato
mentre il raccolto ha finito di registrarsi sul fango.
Traduzione di Gordiano Lupi