Venerdì , 22 Novembre 2024
VIGNETTA della SETTIMANA
Esercente l'attività editoriale
Realizzazione ed housing
BLOG
MACROLIBRARSI.IT
RICERCA
SU TUTTO IL SITO
TellusFolio > Diario di bordo
 
Share on Facebook Share on Twitter Share on Linkedin Delicious
Luigi Manconi. Cosa arma le mani 
Mandela e quel faticoso percorso verso la rinuncia alla lotta armata e verso la nonviolenza
13 Dicembre 2013
   

Anche in riferimento all'inizio di discussione a proposito del rapporto di Mandela con la rivoluzione cubana, forse i lettori di Tf troveranno interessanti queste considerazioni di Luigi Manconi.

 

 

Nel profluvio, inevitabile e talvolta anche commovente di articoli su Nelson Mandela, quello che più mi ha colpito è stato pubblicato sabato scorso da Repubblica a firma di Bernardo Valli. È come se, sorprendentemente, nell'epoca della comunicazione onnipervasiva e parossistica, degli archivi senza fondo e degli immani giacimenti di notizie, solo la testimonianza oculare e la vitalità della memoria di un ultraottantenne fossero in grado di offrirci il senso più profondo e, come in questo caso, più antico di una vicenda umana.

L'articolo di Valli introduce, nella rappresentazione rituale di Mandela, quell'elemento storico e politico che contraddice una celebrazione devozionale e dà corpo, sangue e concretezza emotiva alla sua figura. Nel marzo del 1960, racconta Valli (risvegliando in me la traccia di un esilissimo ricordo), la polizia del governo guidato da Hendrick Verwoerd (teorico e realizzatore del regime di apartheid) attacca una manifestazione contro l'inasprimento della legge sui lasciapassare, sparando ad altezza d'uomo e causando 69 morti e 180 feriti. Per Mandela, quel massacro costituisce un punto di svolta e una rottura traumatica, che lo induce a ritenere necessario e indifferibile il ricorso alla lotta armata: «visitò clandestinamente almeno dieci paesi africani, dall'Etiopia all'Algeria, per imparare l'arte del guerriero e quindi apprendere l'uso degli esplosivi e il funzionamento di mitra e pistole». Successivamente Mandela argomenterà così quella scelta: «A determinare il tipo di azione è sempre l'oppressore; l'oppresso non può che scegliere la forza, se l'oppressore la usa contro le legittime aspirazioni popolari». Dunque, la scelta e, poi, la teorizzazione della nonviolenza – come, allo stesso tempo, metodo e contenuto, strumento e strategia – arriveranno al termine di un percorso faticoso e contraddittorio. Un percorso dove la nonviolenza si pone e si definisce in maniera inequivocabilmente differente dall'ideologia del pacifismo. E sarà quella stessa ispirazione nonviolenta a nutrire la straordinaria e pressoché unica esperienza della Commissione per la verità e la riconciliazione, una volta sconfitto il regime di apartheid (si vedano in proposito i saggi di Marcello Flores). Al di là del tratto biografico, pur così significativo, sono il senso politico e il senso etico rivelati dall'opzione per la nonviolenza, a costituire il lascito più prezioso della testimonianza di Mandela. Come già hanno mostrato gli importantissimi lavori di Pier Cesare Bori e Gianni Sofri su Mahatma Gandhi, la nonviolenza non è un assoluto né tanto meno un'astrazione morale o una metafisica. È, piuttosto, un itinerario di formazione e maturazione, che rinuncia all'utilizzo degli strumenti della sopraffazione fisica perché fatalmente destinati a fallire rispetto allo scopo, a rivelarsi impotenti, a produrre più costi che benefici (dove per costi si devono intendere sia i danni morali che quelli materiali). Ma tutto ciò parte da un presupposto che non può essere né eluso né sottovalutato: la tentazione della violenza è presente in profondità – non dico insita (questione controversa e per me oscura) – nella personalità e nella stessa antropologia dell'essere umano. Tanto più quando «l'ira per l'ingiustizia fa roca la voce» e arma le mani: talvolta quelle dei più miti. Di conseguenza, rinunciare alla violenza è esercizio arduo: e proprio perché «a determinare il tipo di azione è sempre l'oppressore; l'oppresso non può che scegliere la forza, se l'oppressore la usa contro le legittime aspirazioni popolari». È qui che contenuto politico e contenuto etico della nonviolenza si incontrano e si combinano: perché rinunciare alla violenza significa adottare un repertorio d'azione diverso, che esprime l'autonomia di chi vi ricorre e la sua capacità di operare in uno spazio non imposto dal nemico. D'altra parte, cambiare campo e sistema d'azione offre maggiore opportunità di efficacia e di successo; e contribuisce a interrompere una spirale di incrudelimento, destinata fatalmente a precipitare in una sorta di nichilismo dei mezzi. Fino a trovare lì il fondamento “tecnico” della nequizia morale della barbarie.

 

Luigi Manconi

(da il Foglio, 10/12/2013)


Articoli correlati

  Vetrina/ Gino Songini. In morte di Nelson Mandela
  Massimo Campo. L'universo della dissidenza
  Peppe Sini. Per Enzo Jannacci
  Oggi il mondo è più povero. È morto Nelson Mandela
  Gordiano Lupi. “20 Destini straordinari” di Domenico Vecchioni
  Una lacrima, Nelson...
  Johannesburg. Stretta di mano tra Barack Obama e Raúl Castro
  Tre discorsi di Nelson Mandela
  Yoani Sánchez. Mandela: imparare a perdonare
  Valter Vecellio. Una proposta a Federico Orlando
  Manconi: «Non ho votato il decreto migranti: è una norma etnica»
  Filomena Gallo. Salute in carcere: il caso Bottigliero
  Domenica/ Matteo Moca. Kafka, le serie TV e ancora Houellebecq
  Cappato, Gallo, Soldo: Cannabis, attenti al decreto che giunge in Parlamento per la conversione
  Luigi Manconi. Tortura: Presto convegno con sindacati di polizia più rappresentativi
  Luigi Manconi. Caso Azzollini: Scelta saggia quella del Senato
  La clemenza necessaria. Amnistia, indulto e riforma della giustizia
  Valter Vecellio. Sui (timidi) provvedimenti “svuotacarceri”
 
 
 
Commenti
Lascia un commentoNessun commento da leggere
 
Indietro      Home Page
STRUMENTI
Versione stampabile
Gli articoli più letti
Invia questo articolo
INTERVENTI dei LETTORI
Un'area interamente dedicata agli interventi dei lettori
SONDAGGIO
TURCHIA NELL'UNIONE EUROPEA?

 70.8%
NO
 29.2%

  vota
  presentazione
  altri sondaggi
RICERCA nel SITO



Agende e Calendari

Archeologia e Storia

Attualità e temi sociali

Bambini e adolescenti

Bioarchitettura

CD / Musica

Cospirazionismo e misteri

Cucina e alimentazione

Discipline orientali

Esoterismo

Fate, Gnomi, Elfi, Folletti

I nostri Amici Animali

Letture

Maestri spirituali

Massaggi e Trattamenti

Migliorare se stessi

Paranormale

Patologie & Malattie

PNL

Psicologia

Religione

Rimedi Naturali

Scienza

Sessualità

Spiritualità

UFO

Vacanze Alternative

TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
Sede legale: Via Fontana, 11 - 23017 MORBEGNO - Tel. +39 0342 610861 - C.F./P.IVA 01022920142 - REA SO-77208 privacy policy