Cominciamo dalla fine. Quando il lettore giunge al termine di questo romanzo di John E. Williams (Ediz. Fazi 2012), la percezione di aver conosciuto davvero fino in fondo la vita del personaggio principale – Stoner – è netta e commovente. Un’intera esistenza scorre attraverso le 332 pagine del libro, facendoci incontrare quest’uomo dalla vita comune, una vita che sa prendere una svolta decisiva forse una sola volta nell’intero suo dipanarsi, quando troviamo il giovane studente Stoner fermamente deciso a proseguire gli studi, anziché tornare nella fattoria dei genitori, destinato ad assisterli nei lavori agricoli.
Una fermezza convinta quanto silenziosa, non urlata, un semplice affermare coi fatti ciò che egli sente sia giusto per sé. Quella capacità di far prevalere con chiarezza la propria volontà non sarà una costante nella personalità di Stoner, anzi… Ogni passo importante della sua vita sarà spesso vissuto da lui passivamente, quasi come un succedersi di ineluttabili avvenimenti. Così avverrà nella sua vita sentimentale, assai poco fortunata, così nel rapporto con la figlia. E, salvo in una fondamentale e memorabile occasione, pure nel campo lavorativo, nell’insegnamento. Premesso tutto ciò, appare strano potersi appassionare a una lettura ove le gesta del protagonista siano spesso tanto metodiche e a volte quasi innervosiscano.
Eppure a Stoner ci si affeziona, a quest’uomo apparentemente semplice, provato da una vita spesso troppo severa con lui; si finisce per comprendere quel suo ideale di onestà intellettuale che fa valere prima di tutto con se stesso, perfino quando va a scapito di pulsioni e desideri per loro stessa natura impossibili da domare, almeno per la maggior parte degli esseri umani.
Per il lettore è probabilmente un ritrovarsi in ciò che è più comune nella vita reale, un succedersi di giorni e di anni e di esistenza, con qualche picco di felicità e il resto a svolgersi nella quotidianità di un tutto che passa in un attimo e ci fa ritrovare come Stoner, al termine del libro, in quel passaggio fatale che con naturalezza, come tutto il resto, accade.
In fondo, la bravura di John Williams sta proprio nel far percepire in apparenza al lettore il suo personaggio e la vita che conduce come degna di poca nota, qualunque, ma al contempo, complice una scrittura asciutta e perfetta, insinuare un secondo livello: la percezione di trovarsi di fronte ad una sorta di candore, di bontà d’animo, quelli sì eccezionali. Atteggiamenti che portano Stoner a non saper neppure concepire col pensiero le piccole e grandi meschinità di certe persone che lo circondano, le loro frustrazioni, le vere e proprie cattiverie… prime fra tutte quelle di sua moglie e del professor Lomax, eterno antagonista di Bill Stoner. Williams sa proporre al lettore questi altri personaggi nella loro completezza, senza peraltro rivelarci tutto di loro, bensì preferendo lasciar proprio nei “non detti”, nei sottintesi, molti indizi per intuire che anch’essi sono esseri umani complessi, descritti con l’indulgenza del narratore che sa che, pure di loro, ci sarebbe molto da raccontare, molta vita, forse qualche umana attenuante al loro agire. Tutte sfumature che, c’è da scommetterci, Stoner aveva saputo cogliere.
Scritto nel 1965, Stoner è stato accolto in queste ultime riedizioni come un capolavoro e Williams rivalutato come uno dei più grandi autori del XX secolo: un’acclamazione del tutto meritata, quanto tardiva. L’occasione, per chi ama la letteratura, di accostarsi a pagine memorabili.
Annagloria Del Piano
Altri romanzi di quest’autore, editi in Italia: Augustus. Il romanzo dell’imperatore (Ediz. LIT - Libri in Tasca, 2011, pp. 382); Butcher’s Crossing (Ediz. Fazi,2013, pp. 359).