È a nostro modesto avviso assolutamente opportuna una seria educazione allo studio del fatto religioso e delle religioni nelle scuole italiane; ma essa sarà impossibile finché vigerà l'Irc, le cui caratteristiche di propaganda confessionale, di manipolazione ideologica, di mercimonio tra costruzione del consenso ed instrumentum regni sono tanto flagranti quanto inaccettabili, ed ha come ulteriore scandaloso portato l'assurdo di insegnanti operanti nella scuola pubblica ma scelti da un potere che non è quello dello stato italiano bensì di una organizzazione che intrinsecamente per le sue finalità istituzionali non riconosce il principio del rispetto della libertà di pensiero.
Vi sono oggi nelle scuole italiane docenti impegnati nell'Irc, ovvero nell'insegnamento della religione cattolica, che fanno un lavoro di grande valore, e che nel loro lavoro anticipano per molti versi ciò che andrebbe pur fatto in una prospettiva non solo interconfessionale ma interculturale in senso forte; e ad esse ed essi rendiamo omaggio. Ma l'istituto dell'Irc in quanto tale è del tutto ingiustificabile, ed incompatibile con una scuola che vuole essere casa di tutte e tutti: sono cose che una volta erano sentire comune di tanta parte della cultura democratica, sia laica che confessionale (cfr. ad esempio Carmine Fotia, Emma Mariconda -a cura di-, L'ora illegale, Il manifesto - Sinistra indipendente, Roma s. d., ma 1987; e per un inquadramento ulteriore e più ampio Enzo Marzo, Corrado Ocone -a cura di-, Manifesto laico, Laterza, Roma-Bari 1999).
Prima si procederà a una riforma dell'ordinamento scolastico che includa anche lo studio - il severo studio, lo studio vero - delle religioni e del fatto religioso, prima ci si libererà dell'Irc, e prima la scuola potrà cominciare ad essere anche scuola, e non solo macchina di riproduzione del dominio di classe e delle ideologie ad esso inerenti. L'ambito del sacro e del religioso è tanta parte dell'esperienza umana e dell'umano sapere, e tutte le grandi religioni apportano altresì tesori di civiltà e di umanità, di riconoscimento e di liberazione (ma anche - come è proprio di ogni grande tradizione storica di pensiero e di prassi - di mistificazione e oppressione, di alienazione e violenza): che quindi nella scuola di tutte e di tutti la religione sia materia di studio e ricerca, non occasione di propaganda e di indottrinamento (o peggio ancora: l'ora del passatempo e del torpore, come sovente accade); ora di impegno e di libertà, non di distrazione e di servitù.
A scuola si studi il fatto religioso, le religioni positive, l'articolazione di saperi che come scienze religiose, e come cognizione del sacro e ricognizione della sfera del sacro, possono essere denominati e variamente definiti; quanto alla fede, alla propria fede quale che essa sia, è altrove ed altrimenti che deve essere peculiarmente insegnata ed appresa; ed è nella vita intera che essa deve illuminare, ed essere testimoniata.
Severino Vardacampi
(da La nonviolenza è in cammino, n. 1442 del 08/10/2006)