L'avarizia, forse il peggiore dei vizi capitali. Di certo uno dei meno simpatici. Anche se l'Arpagone de L'avaro di Molière ogni tanto rischia di apparire pure “simpatico” data la sua somiglianza con Paperon de' Paperoni. In ogni caso, prima di andare a finire nell'Inferno dantesco – settimo canto, quarto cerchio – l'Arpagone sino all'1 gennaio 2014 ci farà divertire di sé e del suo tremendo peccato capitale, sentina di innumerevoli altri mali, al Teatro Leonardo da Vinci di Milano.
Una rappresentazione che sta già lasciando il segno, la nuova produzione di Quelli di Grock, perfetta per celebrare i quarant'anni dei Grockiani. Ed è un'interpretazione, a dir poco, spettacolare quella fornita da Pietro De Pascalis nei panni del vecchio tirchio molièriano (“Avere o non avere. Questo il problema...”, argutamente chiosa Pietro il Grande).
«Tutta la vicenda ruota attorno al suo bisogno di accumulare, alla paura di essere derubato, alle sue ridicole e insopportabili economie ma soprattutto all’aridità di cuore di Arpagone che non ama niente e nessuno a parte la sua cassettina piena di denaro. Sospettoso, iracondo ed egoista, Arpagone non esita a preferire il suo denaro ai figli e persino nel finale egli non si redime, continuando ad anteporre i beni materiali agli affetti familiari», questa, in succinto, la trama. Le vicende della ben nota commedia del geniale Jean-Baptiste Poquelin si intrecciano peraltro con quelle di un altro, meno conosciuto, suo testo, vale a dire L'improvvisazione di Versailles, costruendo nella commistione/sovrapposizione un'affascinante opera, in cui si ripercorre in tutto il suo esilarante amaro L'avaro per il tramite di una compagnia teatrale nel farsi del suo lavoro e delle proprie relazioni. Quindi è sviscerato, senza triti intellettualismi bensì con finezza, anche il tema del teatro nel teatro, il tutto senza appesantire, per l'appunto, di una virgola lo svolgimento della storia. Anzi, le occasioni di divertimento s'accrescono a dismisura. «È tutto un gioco, svelato fin dall'inizio. Una compagnia di attori che piomba in teatro dal nulla, quasi per caso. Un gioco vorticoso, divertente, che man mano diventa sempre più serio mescolandosi con la realtà, al punto da confondere le sgarberie dell'avaro con quelle del primo attore», il commento di Clara Terranova-Mariana.
Uno spettacolo teatrale di prezioso virtuosismo, ma mai fine a sé stesso, ogni sua scelta essendo perfettamente funzionale, ogni suo atto essendo capace di inchiodare alla poltrona gli spettatori, alcuni dei quali direttamente coinvolti, come la figura del Re, prima mantellato, incoronato, scettrato e intronato, poi lasciato nella platea, in mezzo agli altri spettatori, comica e pur ieratica presenza/assenza o parvenza.
Un omaggio alla Commedia dell'Arte particolarmente riuscito, pur avendo introdotto, come detto, la variabile del metateatro. Una reinterpretazione del capolavoro di Molière di superba efficacia, in cui si conserva, come non mai, il gusto di ridere, stigmatizzandoli, sui vizi che rendono dura la vita all'umanità.
Alberto Figliolia
L’avaro, Teatro Leonardo da Vinci, via Ampère 1-ang. piazza Leonardo da Vinci, Milano. Traduzione e adattamento: Valeria Cavalli. Con Pietro De Pascalis, Jacopo Fracasso, Cristina Liparoto, Roberta Rovelli, Sabrina Marforio, Andrea Robbiano, Simone Severgnini, Clara Terranova. Costumi: Anna Bertolotti. Musiche composte da Gipo Gurrado ed eseguite da Nema Problema Orkestar. Scene: Claudio Intropido. Assistente scene: Maria Chiara Vitali. Luci: Claudio Intropido. Regia: Valeria Cavalli e Claudio Intropido. Sino all'1 gennaio 2014. Informazioni e prenotazioni: tel. 02 26681166, dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19; e-mail biglietteria@teatroleonardo.it ; sito Internet www.teatroleonardo.it. Date e orari: dal martedì al sabato ore 20,45; domenica ore 16; lunedì riposo. Prezzi: dai 10 ai 22 euro.