Ad Alda Merini
Nel grembo della tua casa sulle acque,
fra i tarocchi dei tuoi santi e dei folli,
fra le cartoline di figlie antiche,
il silenzio, Alda, era croce snodata.
Nella mente vele di spine e fiori,
l'Italia dei Cinquanta e del boom, pane
caldo e pure raffermo e il bianco e nero
di poesie urlate a mezza voce
per non offendere, ma per piagare.
Visioni, elettroshock e anche Terre Sante,
i dadi di Dio per dimenticare
e un volare nudo, crudele, prospero.
Eri ovunque, Alda, e in nessun luogo, altrove,
Euridice dopo Orfeo, più forte
del morso della serpe: tu, gentile
piccola ape furibonda, il telefono
tracciato di rosso e numeri al muro
come preghiere ai fantasmi d'amore.
Ora sei vento e nube, parole oltre
le zolle, la tua morte come il miele...
Alberto Figliolia