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Vincenzo Donvito. L'Italia al volante
05 Dicembre 2013
 

L'altro giorno ero fermo con la bicicletta davanti ad un semaforo rosso, aspettavo il mio turno. Traffico non particolarmente congestionato perché era domenica e, inoltre, era nella zona a traffico limitato della città in cui vivo. Un'auto grossa che veniva dalla mia destra con semaforo verde stava passando ma, quasi alla fine dell'incrocio, prima di immettersi nella corsia a me laterale, quindi impedendo il passaggio di chi era dietro di lei, si ferma, il passeggero davanti si sposta nel sedile posteriore letteralmente saltando sul corpo del conducente, un'altra automobile, impedita nel proseguire il suo passaggio col semaforo verde, gli si ferma dietro, quasi accanto e comincia a suonare il clacson; l'incrocio era piccolo per cui, una terza auto rimane col muso sul passaggio pedonale del semaforo verde. Che accade?

Ad un certo punto, quando il passeggero della prima auto è riuscito a scavalcare verso il sedile posteriore, ecco che l'autista apre lo sportello del passeggero e fa gesti di salire ad una persona sul marciapiede, ma questa persona, che si era tutt'altro che preparata nel frattempo al probabile guizzo per saltare in macchina, tentenna, non sa da che parte evitare la transenna fissa sul marciapiede che fa angolo, anche perché a questa transenna erano legate tre biciclette che strabordavano sull'incrocio stradale e sui lati della stessa transenna; alcuni attimi –lunghi come una vita...– di esitazione e finalmente il passeggero riesce ad entrare e la grossa auto lentamente lentamente prende la sua strada.

Io guardo il tutto con occhi strabuzzati e al mio passeggero di bicicletta (una bimba di sette anni sul seggiolino posteriore) spiego in diretta ciò che sta accadendo. Il semaforo intanto è diventato verde per me e rosso per loro. Dietro la grossa auto segue l'altra che ha fatto sentire il clacson per tutto il tempo e la terza auto –quella che era sul muso delle strisce del semaforo ormai rosso per lei– segue a ruota non solo incurante del semaforo che non è diventato rosso mentre transitava nell'incrocio, ma era già tale nel momento in cui ha cominciato a varcare l'incrocio; l'autista di questa auto era evidentemente assente e poco interessato all'evoluzione della situazione: con la mano destra reggeva un telefonino sul suo altrettanto destro orecchio, e conversava con qualcuno dall'altra parte del filo. In tutto questo ambaradan sono riuscito a dire all'autista della grande auto che aveva provocato il tutto –e farmi anche ascoltare– ma si rende conto che cosa ha fatto?, e mi è stato risposto che vuoi? Fatti i cazzi tuoi!”; nell'auto di questo autista dai metodi e dal linguaggio urbano c'erano anche bambini, cioè sembrava una famiglia che aveva fatto l'operazione descritta per caricare in auto un presunto nonno fermo e tentennante sul marciapiede dell'incrocio.

Ovviamente io sono partito con la mia bici nei tempi che la situazione mi offriva, giusto in tempo perché il semaforo, mentre solcavo l'incrocio, diventasse giallo, e un'auto schizzata dal semaforo non ancora verde dell'altro angolo dell'incrocio, avesse la possibilità di dirmi “Cazzo fai? Testa di cazzo!”, verso me e la bimba che era mia passeggera.

Poi ho spiegato alla mia passeggera, mentre evitavo di finire nelle numerosissime buche della strada che stavo percorrendo, perché fosse cosi' diffuso un linguaggio in cui gli attributi maschili hanno una certa predominanza e vengono enunciati con la terminologia volgare e presunta offensiva.

Qual è questa città? Nell'immaginario diffuso uno potrebbe pensare che sia Istambul in un giorno di sciopero dei mezzi pubblici o Città del Messico quando non piove da due mesi e smog misto ad altitudine fa essere un po' matto chiunque, o Calcutta in un giorno ordinario. No, è Firenze, “oltrarno” dopo il ponte alla Carraia (due ponti dopo –verso ovest– al più noto Ponte Vecchio) e il semaforo è quello dopo il ponte per prendere via dei Serragli all'angolo con borgo San Frediano, grossomodo ore 12 di domenica 1° dicembre di quest'anno.

E non è un episodio di un racconto di Vasco Pratolini.

Credo sia chiaro il messaggio che questo racconto vuole dare: auto si ferma in mezzo all'incrocio per sue esigenze specifiche bloccando tutto, altra auto che parte mentre al semaforo –dall'altra parte– c'è ancora il giallo e l'autista conversa al telefonino mentre mantiene lo stesso con la mano sull'orecchio. Loro che infrangono le regole, e tu che glielo fai notare, ti urlano di non intrometterti in affari loro apostrofandoti in modo volgare.

Questa è l'Italia del 2013 e, soprattutto, questi sono gli italiani.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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