Sabato 30 novembre, alle ore 18, la Libreria IBS di Ferrara ospiterà lo scrittore Diego Marani e Stefano Scansani, direttore de la Nuova Ferrara, che presenteranno, insieme al curatore Matteo Bianchi e all’editrice Chiara De Luca, I poeti del Duca. Excursus sulla poesia contemporanea a Ferrara (Edizioni Kolibris, 2013, pp. 286, euro 16), volume patrocinato da Provincia, Comune e Camera di Commercio ferraresi.
I venticinque autori, o i loro cari, che hanno affidato al curatore gli inediti per l’antologia critica sono, dall’indice alfabetico: Angelo Andreotti, Carla Baroni, Arnaldo Benatti (1941-2005), Emanuela Calura, Riccardo Corazza, Roberto Dall’Olio, Chiara De Luca, Lamberto Donegà, Giuseppe Ferrara, Claudio Gamberoni, Patrizia Garofalo, Carlo Gardenio Granata, Rita Montanari, Alessandro Moretti, Giorgio Palmieri (1947-2010), Monica Pavani, Matteo Pazzi, Roberto Pazzi, Edoardo Penoncini, Jean Robaey, Eleonora Rossi, Paola Sarcià, Filippo Secchieri (1958-2011), Gian Pietro Testa, Giovanni Tuzet. Due generazioni che hanno cantato delle loro storie tra le mura estensi, del terremoto del maggio 2012 e delle loro tensioni a evadere, ad andare oltre. Oltre a tutti i poeti ritrovati nel saggio introduttivo di Bianchi, redatto nel tentativo appassionato e coinvolto di fare il punto, e di racchiudere in un volume il primo spaccato lirico della città estense.
Dal saggio introduttivo, O deserta bellezza di Ferrara
di Matteo Bianchi
Piace a chi scrive queste righe immaginare che il dictator Gaio Giulio Cesare, il quale abbatté grazie alla fama delle sue imprese le barriere della Storia, per una sorta di contrappasso abbia subito la medesima fine che, forse, aveva pianificato per il suoi avversari politici: la doppiezza di una pratica relazionale che simula benevolenza per poi, viceversa, pugnalare alle spalle coloro cui si è finto di concedere fiducia per averne in cambio altrettanta – modus peraltro operandi di una politica malevola nonché attualissima. Quasi il tradimento fosse inevitabile in un ambiente corrotto e disumano, magari Cesare in fondo credeva, a sua volta, che alcuni di questi amici e rivali fossero sinceri con lui; perciò i miei versi in calce dedicati ai cortigiani che ho selezionato e raccolto nel suddetto volume. Venticinque voci per diffondere tra la gente la poesia di Ferrara. Poeti di un Duca che altro non è se non l’ombra metafisica di un passato aureo, una tradizione umanista che, dai fasti dell’età estense, ha lasciato segni tangibili. I cortigiani, membri di una cerchia privilegiata attorno al potere, in senso lato, siccome eruditi alcuni si sono distinti per statuto lirico, altri, dotati di una spiccata sensibilità, per stato nativo, elettivo, di natura (cfr. Edoardo Sanguineti); di fatto prigionieri di singoli individualismi espressivi, e dunque frantumi a sé stanti. Una corte di frantumi, voci nate spaiate e non separate da un organismo unitario.
Cortigiani
«Bada, Bruto, ti dico a oltranza
che la speranza è ancora quella
che diventino amici miei,
loro là, attorno al foro,
ma temo mi toccherà, infine,
pugnalarli alle spalle.
Non fraintendermi,
non si tratta di do ut des,
mi vorrei semplicemente fidare».
M. B.
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Con piacere ed amicizia sento ancora una volta l’importanza della voce del poeta Matteo Bianchi che percorre in questa antologia le nostre voci, frantumate e isolate spesso, in un unicum solidale che da tempo Matteo sente di far interagire, relazionare e abbracciare.
Perché se la poesia di Matteo Bianchi respira spesso l’esistenzialismo, respiro come la nebbia della città estense, è altrettanto vera, autentica e passionale la sua energia poetica nella parola che sempre è ricerca di “scintille di luce”. (Patrizia Garofalo)