Itinerario
Lo spigolo NNE fu la via dei primi salitori alla Vetta di Ron che, guidati da Antonio Cederna, conquistarono la cima il 19 settembre 1885. Il 4 agosto 1912 Rossi, Valerio Galli e Traverso aprirono la Via dei Campanili alla Vetta di Ron, uno spettacolare tracciato lungo i torrioni del versante occidentale che, assieme alla linea sulla parete E e alla Via Cornelius per la cresta SE, conclude il gruppo delle quattro divertenti alternative alla Via Normale da S.
Lo spigolo NNE, se pur non difficile, non è un'ascensione banale, sia per l'esposizione di alcuni tratti della cresta, sia per la friabilità e la scivolosità delle rocce. È perciò bene non sottovalutarlo e assolutamente evitarlo in caso di cattivo tempo.
L'ascensione è preceduta da un lunghissimo avvicinamento che inizia da Campo con una ripidissima e bizzarra strada carrozzabile che poggia talvolta sospesa a instabili tronchi di larice. Lunga circa 3 km sale fra i boschi fino alle baite di Ron (m 2176, ore 1), alpeggio caricato da Cesare, il pastore che l'ha realizzata.
Dalla malga si prosegue per una debole traccia che, dapprima sul lato orografico dx, poi accentrandosi, attraversa in direzione N il ripiano detritico superiore della Val di Ron. Il sentiero si biforca in corrispondenza della scarpata meridionale del Dos di Scespet, la cima fra la Bocchetta di Ron e la Cima di Ron. A dx c’è la via per la Bocchetta di Ron, mentre se si andasse a sx ci si porterebbe sulla pendente pietraia a S della Vetta di Ron. Mirando direttamente la bocchetta (non perdete tempo a cercare sentieri inesistenti!) si sale per faticosissime gande fino al valico, massima depressione fra la Cima dei Motti e il Dos di Scespet, unico punto di comunicazione fra Val di Ron e Val Vicima (m 2642, ore 1:20).
Su terreno ripido e sconnesso si scende in Val Vicima (N) fino ai piedi della scarpata, laddove il fondo diviene di sassi più grandi. Si perdono circa 200 metri di quota, poi si piega a sx (O) e si risale il settore meridionale della Val Vicima puntando all'evidente Bocchetta Corti, massima depressione fra la Vetta di Ron e la Punta Corti. Il fondo è sempre molto faticoso. In un'ora o poco più ci si trova in un ripiano detritico circondati dalle bastionate rocciose delle creste SE e NE della Vetta di Ron. Se si alza lo sguardo si scorge il ripidissimo canalone per la Bocchetta Corti. Poco prima che inizino le rocce, si distingue un solco che si diparte dal canalone e con pendenze molto sostenute, raggiunge una finestra sulla cresta NNE (m 3000 ca.) a dx della Bocchetta Corti. Una netta prominenza rocciosa del filo larga un centinaio di metri separa le due depressioni. Io consiglio di salire all'intaglio di sx, evitando così la prima insidiosa anticima.
Dopo un'estenuante lotta con le gande e gli appigli marci dell'angusto colatoio, si guadagna la cresta. La scalata si fa ora divertente: passaggi inizialmente fino al III/IV- su roccia buona, poi fino al III su roccia scistosa. Dopo un primo strappetto (superfici ruvide e chiare), si sale un breve e liscio diedro, quindi si contorna a dx la successiva prominenza della cresta per ritrovarsi in un settore molto marcio della montagna. Montando il filo, o appoggiandosi ai canalini a dx dello stesso, si esce su un tratto meno ripido. Pochi metri e appare la croce della Vetta di Ron. La si raggiunge aggirando le difficoltà a sx dello spartiacque (m 3136, ore 1).
Per la discesa consiglio la semplice via Normale (versante S, ore 3 per Campo). (7 agosto 2006)