Daraya, provincia di Damasco, 2 novembre 2013 – Cos’è un assedio?
Significato dal dizionario Treccani: «Insieme di operazioni militari (accerchiamento, attacco diretto con armi idonee e materiale di artiglieria, ecc.), che vengono svolte intorno a una piazzaforte per determinarne la resa».
In pratica: isolamento di una città o di un villaggio, imprigionamento di tutta la popolazione – bambini, donne, uomini, anziani – impedimento di entrare e/o uscire dalla zona accerchiata, blocco del riferimento di viveri, medicinali, aiuti di ogni genere.
Traduzione nelle città siriane: denutrizione, mancanza di cure, fame, progressivo indebolimento del corpo, dimagrimento, debilitazione, lenta agonia.
Condanna a morte collettiva. Esecuzione silenziosa, senza armi, senza spargimento di sangue.
Continuiamo a raccontarvi le storie degli ultimi, quelli che il mondo non vuole vedere, di cui nessuno si vuole occupare. Oggi salutiamo Mahmoud Arrifay, un uomo ferito mortalmente circa sei mesi fa, che necessitava di cure specifiche, ma a cui non è stato possibile offrire alcun tipo di assistenza. «Attribuiamo la sua morte non tanto alle ferite riportate, ma alle conseguenze dell’assedio, che hanno impedito di nutrirlo e curarlo adeguatamente».
Mahmoud è stata condannato a morire di una morte lenta, dolorosa. Il suo corpo esanime racconta la sua atroce sofferenza. Il suo, purtroppo, non è un caso isolato. L’assedio sta uccidendo neonati che non ricevono latte e civili di ogni età debilitati, stremati. Migliaia di persone nella periferia meridionale di Damasco, come a Homs e in altre città, stanno lottando contro un genocidio di massa che si consuma nel silenzio, senza armi, senza clamore.
«L’assedio è un crimine contro l’umanità, ci uccide più delle armi chimiche perché nessuno si sporca le mani», denunciano i civili siriani.
Che tipo di umanità accetta tutto questo orrore?
Mahmoud se ne è andato in silenzio, ma la sua morte è il grido di disperazione di un intero popolo, di chiunque abbia ancora un cuore, una coscienza.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 2 novembre 2013)