18 Ottobre 2013
Al di là del comprensibile disagio nel dover ospitare la tomba di un criminale nazista, più che probabile meta futura di nostalgici pellegrinaggi, il clamore attorno alla morte di Erich Priebke è la cartina tornasole di un paese ancora immaturo. Se l'Italia, a partire dalle sue istituzioni statali, fosse certa di aver metabolizzato l'esperienza del ventennio e dell'alleanza nazifascista, non avrebbe avuto paura di affrontare a testa alta le pubbliche esequie del cattivo maestro tedesco. La banalità del male di cui egli fu attore spietato, peraltro ben oltre il rispetto degli ordini gerarchici, non può e non deve dare spazio ad incertezze nella condanna storica ed etica. Evidentemente però il paese non è ancora vaccinato per il morbo di quella malvagità e, forse, ma spero vivamente di sbagliarmi, neppure ha del tutto chiaro che quella fu davvero una malattia infettiva dell'animo. Una malattia che potrebbe ancora covare nello stadio di latenza e i sintomi in tal senso, purtroppo, non mancano.
Marco Lombardi |