Provate a digitare su Google “patacca” o “pataccata”. Ne ricaverete che, in Romagna in particolare, ha due diversi significati. Lo si usa per indicare una bella donna; oppure, se riferito a un uomo, a un cretino, uno sciocco, un buffone o sbruffone. L’equivalente di quello che in Veneto è un mona, in Toscana un bischero, in Lombardia un pirla.
Di sicuro né Domenico Petrolo (che oggi impariamo essere nientemeno che componente del Dipartimento cultura e informazione del Partito Democratico; e questo chiarisce tante cose), e il senatore, sempre del PD, Lodovico Sonego, non sono belle donne. Resta dunque l’altro significato.
Non erano sufficienti le bischerate demagogiche di Matteo Renzi (Emanuele Macaluso ha detto sul suo conto qualcosa di definitivo: non risolverà i problemi del PD, ne procurerà, piuttosto: «Ragiona per sondaggi, per puro calcolo utilitaristico. Si preoccupa di acchiappare il massimo consenso possibile, da qualunque parte provenga, ma poi se ne frega delle conseguenze sulle persone»); ecco subito dei “renzini” che provano a imitarlo.
Che cosa fa Petrolo, del Dipartimento cultura e informazione del PD? Scrive una noticina sull’Huffington Post; argomenti davvero originali, per sostenere che il NO all'amnistia è cosa di sinistra, e che piuttosto occorrono – grande! – le riforme.
«Se il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni come affermava Dostoevskij allora il grado di civiltà dell'Italia è veramente basso», riconosce Petrolo, dotta citazione (è o no del Dipartimento cultura?), accompagnata dalla “notizia” che il livello civile del nostro paese è basso (è o no del Dipartimento informazione?).
Sempre per non smentire d’essere uomo di cultura e informazione, ecco altre “notizie”: i detenuti in Italia al 31 ottobre 2012 erano 66.685 a fronte di una capienza regolamentare dei 206 penitenziari italiani di 46.795 posti; che sono indice di «un disastro che rende disumane le condizioni di vita dei detenuti e trasforma questi luoghi deputati alla riabilitazione in vere e proprie università del crimine»; infine la rivelazione: «Non ci sono dubbi: esiste da anni una questione carceri in Italia».
A questo punto, che ne ricava un esponente del Dipartimento cultura e informazione del PD come appunto Domenico Petrolo? Che non è detto «che l'unica soluzione sia aprire le porte ogni 7 anni? L'ultimo provvedimento è del 2006 ed oggi ci ritroviamo da capo a dodici. E probabilmente ci ritroveremmo cosi anche fra 7 anni».
Capito l’argomento cultural-informativo di Domenico Petrolo, del Dipartimento Cultura e informazione del PD? Certo, conviene: «Non possiamo accettare che i detenuti vivano nelle condizioni attuali». Non possiamo. Perché non possiamo? Ma perché «siamo al limite del rispetto dei diritti umani». Al limite. Ma non è un limite sufficientemente limite, per Domenico Patrolo, del Dipartimento Cultura e informazione del PD. Anzi, non è un limite per nulla. Anzi, quello che non è “accettabile” è che la politica, non riuscendo a produrre soluzioni strutturali, proceda con le solite soluzioni tampone che lanciano sempre lo stesso messaggio: il rispetto delle regole in questo Paese è un'opzione possibile ma non necessaria.
“Solite”. Ogni sette anni, sono “solite”. E il rispetto delle regole… Passa mai per la testa di Domenico Petrolo del Dipartimento cultura e informazione del PD che il primo a violare le regole, le leggi, in questo Paese è proprio lo Stato? Che al rispetto delle regole, delle leggi, ci richiama la CEDU e ci ha dato ancora solo qualche mese, per provvedere? Che rispetto delle regole, delle leggi significa uscire dalla flagranza di reato in cui siamo immersi da anni, e che il problema è l’intollerabile durata dei processi, non solo la situazione delle carceri?
Domenico Petrolo, del Dipartimento cultura e informazione del PD, si è occupato, dice, per qualche anno di sicurezza per il comune di Roma. Anche questo spiega qualcosa. Occupandosene ha visto «sul campo quanto la “Legalità” sia naturalmente un valore di sinistra. Una comunità si fonda sul rispetto delle regole che si è data e quando non c'è il rispetto di tali regole a farne le spese sarà sempre il più debole. E la famosa “Sinistra” con la S maiuscola non dovrebbe stare dalla parte dei più deboli?». La domanda sorge a questo punto spontanea: c’è, o ci fa? Valga per lui quello che disse Marco Pannella a proposito di Dario Franceschini a “Ballarò”.
Il senatore piddino Lodovico Sonego viene avanti, al pari di Walter Chiari quand’era chiamato da Carlo Campanini. Il suo pensiero lo affida al Messaggero Veneto: «amnistia o indulto sono una soluzione sbagliata, lo dico avendo ben presente la situazione drammatica dell'amministrazione della giustizia e la condizione inumana delle carceri». Ha ben presente.
Giustizia e organizzazione carceraria, assicura il senatore Sonego «manifestano problemi cui va data una risposta all'altezza di un paese moderno e civile». E però, anche se “manifestano”, la risposta “all’altezza” non può essere «l'atto di clemenza di cui si parla»; che sarebbe un alzare «bandiera bianca perché in questo modo i problemi si eludono e non si risolvono».
Fissato con questi solidi argomenti che «il presupposto l'indulto o l'amnistia non sono la soluzione e l'esperienza di analogo deliberato parlamentare varato con Prodi e Mastella lo conferma», cosa propone il senatore Sonego? Tenetevi forte, perché è davvero qualcosa che nessuno avrebbe mai detto: «È dalla riforma e dall'edilizia penitenziaria che si deve iniziare». Data la risposta, il senatore si pone la domanda: «Ma è pensabile si riesca a fare in tempi brevi una convincente riforma e a migliorare l'ospitalità delle carceri sì da consentire che il dibattito sulla clemenza offra sbocchi ravvicinati? Vorrei dire di sì proprio perché ho in mente le carceri italiane eppure so che se lo facessi sarei ingannevole. Se le cose stanno così, e così stanno, la clemenza non è un problema odierno».
E dunque? E dunque, il senatore Sonego assicura che parteciperà «alla discussione che sull'argomento si svolgerà nel gruppo senatoriale del Pd con queste considerazioni e sollecitando l'inizio di quel cammino di riforme che comunque vanno fatte».
Nel frattempo, una notizia “non notizia”, una decina di righe diffuse dall’ANSA: «La testa infilata in un sacchetto e, accanto, il fornellino a gas: è stato trovato morto così ieri dalla polizia penitenziaria, riverso sul pavimento della cella nel carcere di Perugia, il forlivese Davide Valpiani, 49 anni, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Vincenzo Di Rosa, fratello della sua compagna avvenuto nel 2005 a Cervia (Ravenna). Due giorni prima, riferisce il Resto del Carlino, aveva parlato al telefono con il difensore, Gianluca Alni: “Sono innocente. Faccia qualcosa”».
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 15 ottobre 2013)