Tutta l'opera di Franco Patruno connota la qualità di un artista capace di condurre una sapiente sperimentazione dei segni e nel medesimo tempo di far diventare l'opera d'arte un momento emblematico di un dialogo culturale e teologico con il mondo attuale. È evidente che proprio il suo modo di operare all'interno del mondo dell'arte del Novecento, che spesso utilizza categorie teologiche senza nessuna teologia di fondo, gli ha permesso di portare in circolo idee e riflessioni in piena coscienza e, soprattutto, di mettersi in un atteggiamento di ascolto verso una umanità in cui prevalgono istanze perturbatrici. La ricchezza e la profusione di Crocefissi, di Angeli caduti, di Ritratti, che attraversa la sua opera lo indicano come una delle personalità più interessanti del periodo di transizione tra vecchio e nuovo millennio.
È il suo sguardo di artista, la sua consapevolezza di critico a produrre uno dei più straordinari viaggi nell'interiorità che, oggi, ci si possa concedere. Molte volte mi sono interessato alla sua opera grafica e letteraria, devo qui riprendere alcune delle considerazioni della presentazione della mostra Il segno del gesto all'Abbazia di Pomposa nel 2002, in una brossura a stampa di poche copie. Sono spunti che, sopratutto dopo la pubblicazione postuma di sue opere come Sugerio e San Bernardo: una polemica teologica ed estetica. Per una storia dell'estetica benedettina, Equivalenze o dello scrivere l'arte, Teologia dall'opera d'arte, trovano sensi e significati più precisi e compiuti.
Chi guarda le opere di grafica qui esposte, percepisce immediatamente il forte impatto visivo, la molteplicità dei temi, l'esplosione dei materiali iconici. Eppure in questo spazio in permanente movimento, in cui si fondono i registri della “significazione” e della “leggerezza”, è presente una organizzazione spazio-temporale delle norme che merita attenzione, perché ci permette di cogliere una lettura teologica delle opere di don Patruno. La temporalità si concretizza non solo con le variazioni grafiche che scandiscono il tempo di realizzazione dell'opera ma anche nella disposizione che procede dall'autore all'opera d'arte.
Certamente il tempo diventa il referente della produzione segnica visibile ma richiede di essere interiorizzato nelle variazioni di umore, nelle concezioni che l'autore manifesta circa la realtà temporale utile alla messa in moto dei segni. Non un tempo inteso in senso antropologico ma soprattutto un tempo teologico in cui la valenza cristologica diventa connotazione fondamentale. Cristo diventa il centro del tempo. La categoria della Salvezza modifica sostanzialmente ogni concezione di essere nel tempo dell'uomo.
Se l'evento decisivo, la Crocefissione, è già accaduto il tempo di attesa sta nella certezza del Cristo.
Questo modifica e dà un senso a tutta una serie di opere di don Franco che come artista ci conduce in un tempo che ci permette di essere qui, di fronte all'opera, e là al momento dell'angoscia del dramma sacrificale. Presenze, forme, segni si compongono in una meditata, aperta riflessione sul destino dell'uomo e del mondo come ultimo ancoraggio della Salvezza.
Gianni Cerioli