Si racconta spesso ai bambini la favola della volpe e l’uva, di Esopo.
In Siria, nelle città bombardate, dove molte case sono state abbandonate dai loro abitanti, ci sono piante che continuano a crescere anche da sole. Come la filare d’uva rossa nel cortile di una villa abbandonata della periferia di Aleppo, che ha attirato, con i suoi grossi chicchi, due bambini. Li noto mentre sono affacciata alla finestra di un palazzo di due piani dove sto facendo delle interviste.
Avranno circa 12 anni; uno si arrampica, aiutato dall’altro e comincia a cogliere qualche grappolo. Prendo la fotocamera e faccio qualche scatto. Si accorgono di me e mi salutano entrambi. Il loro sorriso scioglie la tensione di quegli attimi difficili che stavo trascorrendo con una famiglia di sfollati, arrivata in quel palazzo da meno di una settimana. Interrompiamo il raccontavano del loro calvario, della fuga, dell’uccisione del figlio di 18 anni… per qualche istante una delle innumerevoli tragedie che si consumano nel silenzio delle città siriane lascia il posto ad una scena piena di innocente vivacità.
Vengo a sapere che i due bambini sono entrambi orfani di padre; sono amichetti e vivono in un alloggio di quello stesso quartiere, che accoglie sei famiglie sfollate. Raccolgono l’uva nel cortile di quella casa abbandonata perché non possono comprare della frutta.
Più tardi scendo e li trovo ancora lì; volevano raccogliere altri grappoli, per le altre famiglie dell’alloggio. Ho detto che avrei voluto raccontare la loro storia:
– Non pensare che abbiamo rubato, khale (zia); noi veniamo tutti i giorni a pulire questo giardino, così quando torneranno i proprietari lo troveranno vivo e ancora verde. Se la lasciamo lì, quest’uva va a male.
Li tranquillizzo e dico loro che racconterò una favola: quella del bimbo e l’uva, di un bimbo che aveva fame e di un grappolo d’uva che si sentiva solo.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 25 settembre 2013)