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Un nuovo segretario generale dell’Onu, ma non una nuova politica dell’Onu 
Iniziata la procedura per la successione a Kofi Annan
Kofi Annan. Il suo mandato di segretario Onu è in scadenza
Kofi Annan. Il suo mandato di segretario Onu è in scadenza 
03 Ottobre 2006
 

La corsa per il posto di Segretario Generale delle Nazioni Unite sta giungendo alla sua fase finale. Il mandato di Kofi Annan scade, infatti, alla fine del 2006 e il Consiglio di Sicurezza, che ha il compito di selezionare il Segretario Generale per poi sottoporlo alla ratifica dell'Assemblea Generale, già da luglio ha avviato delle votazioni informali, i cosiddetti straw polls, per verificare quali candidature abbiano il maggiore sostegno.

Le votazioni si svolgono in modo anonimo e ciascuno dei 15 membri del consiglio deve esprimere un voto di "incoraggiamento", di "scoraggiamento" o di "indifferenza", su ciascuno dei candidati presentati dai paesi membri delle Nazioni Unite.

La terza votazione del Consiglio di Sicurezza si è svolta giovedì scorso qui a New York e l'esito ha confermato che al momento, il candidato con le maggiori chances di successo è il Ministro degli Esteri della Repubblica di Corea Ban Ki Mon, che ha raccolto 13 voti a favore, uno contrario e un'astensione. La tendenza che ormai sembra essersi consolidata è che comunque il prossimo Segretario generale sarà proveniente da un paese asiatico, in base a un principio informale di rotazione tra gruppi regionali, anche se va detto che la candidatura della Presidente della Lettonia Vike-Freiberga, lanciata appena due settimane fa in rappresentanza del gruppo dei paesi dell'Est Europa, ha ottenuto un discreto successo, piazzandosi terza con 7 voti a favore. Al secondo posto si è invece piazzato un decano delle Nazioni Unite, l'Indiano Sashi Taroor, da tempo dentro lo staff di Kofi Annan.

Per altro verso invece la candidatura del Principe Giordano, nonché ambasciatore alle Nazioni Unite, Zeid Al Hussein, ha subito una brusca frenata, dimezzando i sostegni ricevuti nella votazione precedente, come scarso è stato anche il sostegno espresso a favore della candidatura dell'ex ministro delle finanze afgano Ashraf Ghani, con tre soli voti. Sono ormai fuorigioco, invece, le candidature dell'ex ambasciatore dello Sri Lanka e dell'ex ministro degli esteri Tailandese.

Lunedì ci sarà una nuova votazione, e questa volta il voto dei membri permanenti del consiglio di sicurezza sarà individuabile, perché avverrà su un cartoncino rosso. E se un candidato dovesse ricevere un voto negativo espresso sopra un cartellino rosso, sarebbe automaticamente escluso dalla gara, trattandosi dell'espressione del potere di veto da parte di uno dei paesi membri permanenti del consiglio. Vedremo allora, se altri candidati decideranno di entrare nella corsa in sostituzione di alcuni di quelli attuali che fossero eliminati.

Per quanto riguarda il candidato della Corea del Sud va detto che si tratta di un personaggio che è noto per il fatto di riuscire, a non farsi notare. Infatti, sia la sua carriera diplomatica all'interno della diplomazia della Corea del Sud, che gli incarichi politici ricevuti, indicano la predilezione per un profilo della politica estera coreana molto basso su tutti i dossier internazionali più caldi. Un fautore del dialogo e del negoziato quale strumento principale della politica estera, Ban Ki Moon è stato duramente criticato negli anni scorsi da molte organizzazioni dei diritti umani e dai dissidenti della Corea del Nord, e ciò è avvenuto anche in occasione della Conferenza sulla Corea del Nord che il Partito radicale transnazionale ha organizzato lo scorso luglio a Roma, per l'abbandono da parte della Corea del Sud di una politica di promozione dei Diritti Umani in Corea del Nord.

Questa candidatura sembra avere ricevuto finora l'appoggio sia degli Stati Uniti che della Cina. Per gli Stati Uniti infatti, la priorità sembra quella di avere un Segretario Generale politicamente poco visibile, per poter concentrare il lavoro dell'ONU sulla riforma della sua struttura amministrativa, e per evitare di avere scontri politici all'interno dell'ONU sulla politica estera americana; e Ban Ki Moon sembra un candidato ideale per questo. Per la Cina, invece, il silenzio di Ban Ki Moon sulle questioni relative ai diritti umani, e la politica del dialogo nei confronti della Corea del Nord, sono una garanzia di non avere un esponente asiatico a capo delle Nazioni Unite che ne possa criticare le politiche repressive in espansione in tutto il continente.

Per quanto riguarda l'Italia, che non sarà comunque eletta nel consiglio di sicurezza fino alla fine dell'anno, sembra che il nostro ministero degli esteri sia orientato a sostenere la candidatura di Ban Ki Moon, la cui politica estera, in effetti, non è molto diversa da quella dell'equivicinanza rispolverata con grande enfasi dal Governo Prodi e che sembra andare ben al di là del conflitto tra Israele e Palestina.

 

Matteo Mecacci

(da Notizie radicali, 2 ottobre 2006)


 
 
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