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Marisa Cecchetti. La Tempesta di Roger Vercel
15 Settembre 2013
 

Roger Vercel

La Tempesta

Traduzione di Alice Volpi

Nota critica di Andrea Cortellessa

Nutrimenti, 2013, pp. 240, € 18

 

Quando i Russi avanzavano su Auschwitz, un medico greco lanciò a Primo Levi, che non poteva mettersi in marcia per febbre da scarlattina, un “romanzo francese”, dicendo: “Tieni, leggi, Italiano. Me lo renderai quando ci rivedremo”. Due brani del libro appaiono nel 1980 in un’antologia in cui Giulio Bollati raccoglie le letture preferite da Sciascia, Volponi, Levi. Sono brani del romanzo di Roger Vercel (1894-1957) appassionato di mare e di vita di marinai, ora tradotto per la prima volta nella sua completezza dalla casa editrice Nutrimenti, col titolo La tempesta.

C’è una singolare analogia tra l’esercito russo che arriva a salvare i sopravvissuti e Renaud, capitano di un potente rimorchiatore, che parte dal porto di Brest ad ogni SOS che arriva dal mare. Leggi rigidissime legano lui e i suoi uomini alla nave da cui non devono mai allontanarsi. La nave prima di tutto. Questa volta è una partenza in mezzo ad una tempesta che sembra schiodare gli infissi e sradicare le case.

Il viaggio richiede determinazione e abilità, perché il mare può sorprendere sempre, lì non servono commenti, si agisce. È una nave greca quella da trainare in porto, la ciurma manda messaggi sempre più terrorizzati, i marinai si fanno prendere dal panico al momento di agganciarsi al rimorchiatore, il cavo teso male si spezza tre volte nella tempesta. Ma si spezza anche quando la nave è in acque tranquille, forse reciso. E vige la legge no cure, no pay: la Compagnia di Renaud non sarà pagata se la nave dell’SOS non è stata accompagnata fin nel porto.

Il viaggio nella tempesta è così dettagliato che si immagina unico tema di tutto il romanzo, come in altri romanzi di mare. Ma Renaud ha lasciato a terra la moglie malata. Yvonne per vent’anni gli ha fatto desiderare il ritorno, creando la magia dell’attesa. Ora ha bisogno lei, e questo disturba Renaud, abituato a prendersi cura di una nave dove non sente il sacrificio, ma non ai gesti del quotidiano. Cerca di delegare, vorrebbe essere lontano. Arriva un altro SOS. A Renaud la scelta, tra la moglie da curare e la gente in mezzo al mare. Si carica di valori metaforici questa tempesta, che non è solo degli elementi, ma tempesta dell’anima.

 

Marisa Cecchetti


 
 
 
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