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Claudio M. Radaelli. Libertà, uguaglianza… e scuola laica 
La 'Charte de la laicité' in Francia
10 Settembre 2013
   

La laicità ritorna a scuola. Lunedì 9 settembre 2013, in Francia, dopo le vacanze estive. Il Ministro della Pubblica Istruzione francese Vincent Peillon (foto) ha lanciato una Carta della laicità che deve essere esposta in ogni scuola. Se ne sono accorti in Italia nei giorni scorsi solo due giornali, Il Foglio e La Voce Repubblicana, che ne hanno dato una lettura diversa. In Francia invece la questione ha fatto discutere giornali e famiglie, mentre nel fine settimana ci si preparava al rientro nelle scuole controllando zaini e merendine.

Diversi sono gli spunti di interesse in questa iniziativa del ministro-filosofo Peillon, che da tempo ha manifestato il proposito di rimarcare le fondamenta laiche della Repubblica, nella convinzione che la scuola non forma solo gli allievi, ma anche e soprattutto i cittadini. Vediamo alcuni esempi. L’articolo 1 della Carta stabilisce che la Francia è una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Ne consegue che la libertà di credere e quella di non credere hanno la stessa esatta posizione nella scuola e nella società francese (art. 3). E tuttavia essere secolari non si contrappone all’essere religiosi. I piani sono diversi: è la laicità che assicura agli allievi una cultura comune e condivisa (art. 7): dentro questa cultura ci stanno poi valori, etiche pubbliche e private, e, appunto, le scelte religiose. Per arrivare a questo, tutto il personale scolastico deve trasmettere agli allievi il valore della laicità (art. 10) dentro una cornice di comportamento di stretta neutralità (art. 11). Gli insegnamenti sono laici (art. 12) e nessun soggetto/questione viene escluso a priori dalla critica scientifica e a fini pedagogici. Anche i regolamenti interni, e gli spazi dove si fa scuola, devono attenersi al principio del secolarismo – senza ostentare simboli religiosi (art. 14). Nessuno ha il diritto di usare la propria appartenenza religiosa per non adempiere alle regole della scuola. Sono quest’ultime, quindi, ad avere una primazia indiscussa nella formazione laica. La ricetta è semplice: pluralismo, dentro un sistema di regole condivise che assicurano un’eguaglianza di trattamento.

Ovviamente, proprio come si addice in una società laica, sono piombate le critiche. Chi ha detto che si tratta solo di un sotterfugio anti-Islam, una specie di provocazione islamofobica. Che ha lamentato che sia genitori che lo Stato oramai non trasmettono più alcun valore, dato che ‘nella brutalità della loro vita alienata’ resta spazio solo per i ‘valori’ del ‘mercato liberale’ imposti dai media – tale e quale si è espresso il filosofo Michel Onfray. Ma, forse, ci sono due considerazioni critiche meno peregrine di queste. La prima è che le solenni Carte sono intrinsecamente retoriche: enunciano e proclamano. Ma le ‘cose’ accadono solo se dalla retorica si passa ai fatti. Ecco allora che mettere la Carta in ogni scuola diventa un segnale importante: sta ora alle comunità, ai genitori, ai presidi e agli alunni decidere se e come farla funzionare. La seconda riguarda un giudizio di opportunità. Tutto sommato, quanti sono gli episodi che negli ultimi anni sarebbero stati affrontati meglio se ci fosse stata la Carta?

Sfogliando i giornali francesi come Libération (che ci ha fatto la prima pagina nel numero del fine settimana) si trovano gli esempi delle mense – cucina uguale per tutti in nome della Repubblica? Oppure scelte di menu differenziate, dove però la scelta halal ha lo stesso peso di altre? Che fanno i vegetariani laici, portano il cestino da casa? Qui servono scelte pragmatiche dettate dal buon senso e dal peso delle diverse comunità religiose in una certa zona o paese. La Carta non impone certo un solo tipo di carne uguale per ogni allievo. Non impone, ovviamente, la carne ai vegetariani.

Il secondo esempio potrebbe essere quello delle mamme con il velo. Ci sono state polemiche per le mamme velate quando esse, in funzione di supporto volontario agli insegnanti, hanno accompagnato gli scolari nelle uscite fuori dalla scuola. Ma anche qui non ci pare che la Carta faccia differenza. Esiste già una circolare del 2012 del Ministero dell’Istruzione che obbliga a una ‘stretta neutralità’ per chiunque partecipi alle uscite scolastiche. La Carta ribadisce quanto detto nella circolare e semmai lo estende. Insomma, la Carta non ha una funzione micro-regolatrice, serve per dare una visione della scuola, non per dirimere beghe di questa o quella scuola.

Ma allora, è solo retorica? Retorica o no, il valore simbolico di enunciare principii dentro tutte le scuole ci paia vada sottolineato. Altrimenti dovremmo pensare che anche il crocefisso nelle scuole non fa alcuna differenza! E invece la fa. In questo senso una differenza di accento e di visione la fa anche la Carta. La fa rispetto a paesi come la Gran Bretagna, dove la scuola anglicana ha un peso soffocante in moltissime scuole pubbliche (attenzione: diciamo proprio pubbliche, poi ci sono quelle private, dove ovviamente le confessioni impazzano), in quasi tutte le scuole elementari di alcune Contee, come nel Devon per esempio. Rispetto alla Germania, dove si tutela la libertà religiosa molto meglio di quella degli atei, ma almeno con la variabile di moderazione del federalismo. E ovviamente rispetto all’Italia. Insomma, non è proprio automatico e scontato parlare di valori laici in Europa, e men che mai metterli al di sopra di quelli religiosi. Quando si inizia a fare una discussione intorno a questi problemi, in Italia, si viene tacciati di ‘laicismo’ e di voler dividere la gente. Eppure sono proprio questi valori laici della scuola secolare e della Repubblica che consentono (se bene amministrati e gestiti, fatti propri dalle comunità) pluralismo, integrazione ed eguaglianza.

 

Claudio M. Radaelli

(da Notizie Radicali, 10 settembre 2013)


 
 
 
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