Dimenticatevi Alberto da Giussano. Non va più di moda. Nemmeno tra i lombardi all’ultima crociata. Pare, infatti, che i mah-nà-mah-nà di (ritrovata) fede maroniana abbiano indetto il “primo campionato di mitologia leghista”, una sorta di mini concorso che invita i militanti del dio Po a scegliere quei personaggi che – direttamente o indirettamente – hanno influenzato la nascita del Carroccio, per non lasciare “Carlo Cattaneo solo soletto”.
E fioccan nomi come la neve a gennaio in Valtellina, riscaldamento globale permettendo. Braveheart (già, non William Wallace, proprio Braveheart), Homer Simpson (che da Springfield rappresenta il voto dei leghisti all’estero, immagino) e l’italianissimo Fabrizio De Andrè che uno si chiede cosa c’entri con Matteo Salvini (infatti il novello generale Custer della Madunina ha votato per Aaron Swartz).
Ma c’è anche l’immancabile quota rosa che salva capre e cavoli da accuse di misoginia e maschilismo. Solo che, nello specifico, il prescelto, pardon la prescelta non si riesce proprio a immaginarla sul Carroccio del vincitore: Oriana Fallaci.
Che la Lega fosse sensibile al fascino della giornalista fiorentina non è un mistero. Dopo La Rabbia e l’Orgoglio l’allora Bossi&C. aveva iniziato a sbandierarla neanche fosse Gianfranco Miglio. A Milano, in piazza Duomo, distribuivano addirittura copie omaggio del libro scandalo del dopo Undici Settembre. Leggete-Oriana-che-fa-bene.
Già, leggete Oriana. Ma la Lega si ricorda che cosa scriveva la Fallaci sul leader del Carroccio e annesso movimento nel 2001? “Quanto al becero con la camicia verde e la cravatta verde non sa nemmeno quali siano i colori della bandiera italiana. Quello vorrebbe riportarci alle guerre tra Firenze e Siena!”. Non proprio un complimento, ecco.
Se oggi ci fosse ancora, l’Oriana che divide perché fa riflettere, con quel suo caratterino da prima penna del giornalismo italiano (che adesso è più vedovo di un vedovo) saremmo alla bestemmia. Altro che mitologia leghista. Quella della Fallaci è stata una vita spesa per la Libertà, senza colori stemmi o bandiere. Anzi, la strumentalizzazione di quello che ha detto o scritto è il più completo travisamento della sua scuola libertaria. A cui invece dobbiamo molto.
Sì, è vero. Quello del mini concorso leghista è un gioco, quasi un divertimento estivo, niente di ufficiale. “Letta chi manca” è lo slogan che l’accompagna, va preso con la giusta ironia e non troppo sul serio. Ma Oriana, ecco, Oriana è un’altra cosa.
Claudia Osmetti
(da Radicaweb.it, 4 settembre 2013)
P.S. - Una chicca che è sempre bello ricordare: