Ieri, 20 agosto, ha festeggiato, come s’usa dire, i suoi primi novant’anni. un grande artista, ma anche un grande amico dei radicali, di Marco Pannella in particolare, e anche di Radio Radicale che deve avere nei suoi archivi dei documenti sonori preziosi; e sto parlando di Giorgio Albertazzi, che incurante del tempo che trascorre, ha festeggiato recitando da par suo a Marina di Pietrasanta uno spettacolo dedicato a Gabriele D’Annunzio, Io ho quel ho donato. Albertazzi è un grandissimo attore, e per tutte le sue innumerevoli interpretazioni, valgano le amate Memorie di Adriano di Margherite Youcenar, che ha recitato in mezzo mondo, credo sia arrivato a oltre mille repliche, e l’altra sera Rai 5 ha trasmesso il primo allestimento delle Memorie, pensate, del 1990.
Attore geniale e per tanti versi anomalo, ma anche scrittore sensibile e finissimo, una vita che è un romanzo. Anni fa, stiamo parlando del 1988, per Rizzoli, Albertazzi ha pubblicato una autobiografia che ha voluto titolare, ed è anche questo significativo, Un perdente di successo. C’è tutto l’Albertazzi che conosciamo, ma anche l’Albertazzi intimo e sorprendente, istrione certamente, ma anche grande professionista, incorreggibile snob, seduttore irresistibile. In quel libro Alertazzi racconta tutto se stesso senza nascondere nulla, l’infanzia, l’adolescenza, i miti della gioventù che lo portano come molti della sua generazione a militare nella repubblica di Salò, assieme, per fare qualche nome, a Dario Fo, Walter Chiari, Raimondo Vianello, Carlo Mazzantini, un direttore dell’Espresso che ha segnato una pagina significativa del giornalismo, Livio Zanetti; e poi gli studi, gli amori, la guerra, il carcere, il cinema e il teatro…
Un po’ di tutto questo lo si ritrova negli articoli apparsi appunto in occasione dei 90 anni. Albertazzi racconta dei suoi progetti futuri, tanti e impegnativi per i prossimi novant’anni; di come, con una punta di amarezza vede il mondo peggiorare, con l’avidità di ricchezza che produce sofferenza, e la necessità – dice – di ritrovare il sorriso, la “leggerezza”, il senso del limite, se non si vuole precipitare in un rovinoso appiattimento. Gli chiedono tante cose, e tante cose dice Albertazzi; e probabilmente dice anche cose che non vengono riportate. Impossibile che in tanto discorrere non gli sia uscito nulla sulla sua amicizia con Pannella e i radicali. Perché Albertazzi in tutte le occasioni che contano, ogni volta che ce n’era bisogno, è sempre stato, generosamente e disinteressatamente, vicino ai radicali, a fianco di Pannella. E allora torniamo a quel Perdente di successo scritto nel 1988. Non sono tanti – anzi sono proprio pochi – i politici citati in quel libro. Però a pagina 224 e 225 ci sono sia Pannella che Emma Bonino: “Solo dei matti come i radicali”, scrive Albertazzi, “potevano rivolgersi a me: Emma Bonino, mirabile ragazza, Spadaccia e Pannella. Con Pannella ho avuto sempre quella specie di complicità che c’è tra attori (o gitani) da ‘dietro le quinte’. Capace di grandi impennate giacobine e coup de théatre (digiuni, bocche bendate in TV) di grande effetto, Pannella è, nel mare magnum dei politici italiani, il solo capace di intuizioni non legate all’apparato, non di parte, cioè, ma ‘politiche’ nel senso più alto, di filosofia. Passammo una notte intera alternandoci ai microfoni di ‘Radio Radicale’ e la sua pervicacia e la fiducia nella propria parola di convincimento e nella bontà della lotta, erano di grande qualità umana, quasi mistiche… Pannella è comunque uno che fa in un mondo di gente che ‘dice’ di fare guardandosi bene dal farlo, e in questo senso è un rivoluzionario…”.
E più di recente: “Per mia natura sono un anarchico, per essere più precisi mi sono sempre definito un anarchico di centro. Nel senso che non amo la violenza, che ha pure una sua bellezza, ma le vittime della violenza sono sempre i più deboli, quindi la rivoluzione armata non mi interessa. Mi interessano invece le battaglie per i diritti civili. Ho fatto tutte le battaglie con i radicali, dal divorzio all’aborto, le ho sostenute tutte e ho trascorso molte notti insonni con loro. Sono anche a favore della campagna che vorrebbe Pannella senatore a vita sarebbe bello dopo tutte le battaglie civili che ha combattuto”.
Sarebbe bello, sì. Sarebbe bello se il presidente Napolitano ne nominasse tre di senatori a vita, lo può fare: il rabbino Elio Toaff, Marco Pannella; e Giorgio Albertazzi. Buona giornata, e buona fortuna.
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 21 agosto 2013)